venerdì 27 novembre 2009

L'ARTE di non chiudere bottega


Negozi e uffici sfitti? A New York gli artisti riempiono le vetrine. Gratis. Al motto: mai abbassare la serranda

Dalla vetrina di un negozio di cellulari abbandonato fa capolino una gigantesca aquila di cartapesta. Pochi metri più avanti, un collage colorato orna le finestre di un salone di bellezza fallito, e la scultura di un biscotto è esposta di fianco ad un cartello “affittasi” che pende dalle vetrine di una ex agenzia di assicurazioni.
Mentre la crisi economica continua a mietere vittime svuotando spazi commerciali in giro per New York, alcuni proprietari si sono rivolti ad artisti per riempire temporaneamente i loro negozi. Gli stessi inquilini che in tempi più floridi sono solitamente i primi ad essere cacciati, infatti, ora sono richiamati per contrastare il senso di degrado che accompagna l’immagine di serrande abbassate e vetrine ricoperte di carta da pacchi.
In cambio della capacità degli artisti di rivitalizzare gli ambienti con la loro creatività, i proprietari sono disposti a cedere gli spazi a costo zero.
“Da primavera continuiamo a ricevere offerte per spazi gratuiti”, dice Marc Dale, vicedirettore di Chashama, un’organizzazione di New York che da 15 anni promuove l’arte offrendo esercizi commerciali da utilizzare come laboratori e gallerie. “Attraverso l’arte, i proprietari mirano ad acquisire visibilità e attirare l’attenzione di potenziali clienti”.
Mettendo nella vetrina di un negozio vicino a Time Square tre donne sedute dietro una carriola rossa che leggono una montagna di riviste della conduttrice Oprah Winfrey, Chashama sembra aver raggiunto il risultato voluto dagli immobiliaristi.
La scena fa parte di una performance ideata da Jess Burkle, un artista che si è ispirato una poesia dello scrittore americano William Carlos Williams, per riflettere sugli aspetti che condizionano la nostra vita.
“E’ una buona opportunità per mostrare il mio lavoro”, dice Burkle mentre osserva le reazioni dei passanti che si fermano incuriositi da quello che succede dentro la ex boutique di vestiti.
Il fenomeno delle cosiddette pop up galleries – mostre d’arte che compaiono all’improvviso in luoghi inusuali – non è un fenomeno nuovo.
“Era già successo in altri momenti di crisi”, fa notare Asher Remy-Toledo, curatore di No Longer Empty, un’associazione artistica nata in primavera per sfruttare l’ondata di spazi vuoti resi disponibili. “Ma era tempo che non vedevo un simile fermento creativo a New York”.
Da giungo, No Longer Empty ha organizzato tre esposizioni: in un ex emporio di attrezzatura da pesca, in un spazio appena costruito rimasto sfitto e in una fabbrica di cinture abbandonata. E il mese prossimo ne inaugurerà un’altra in un vecchio negozio di dischi della Tower Records.
La città è disseminata d’iniziative simili, chiamate anche window projects. A Brooklyn, un intero isolato è stato temporaneamente trasformato in una galleria d’arte da decine di opere esposte all’interno di una fila di negozi abbandonati. A poche vie di distanza, sei grandi spazi rimasti sfitti a primavera sono stati utilizzati per mostrare sculture e installazioni.
Sotto la stazione degli autobus di Manhattan, un ex libreria sgombrata per costruire un progetto poi bloccato dalla crisi, ospita le opere prodotte da artisti che hanno partecipato ad un concorso.
“Oggi le aziende vedono nell’arte uno strumento importante”, spiega Glenn Weiss, responsabile dei progetti artistici per la Time Square Alliance, associazione di commercianti che sponsorizza lo spazio della stazione. “Solo gli artisti hanno la capacità e la flessibilità di trasformare l’immagine di uno spazio per occuparlo per un tempo così limitato”.
Solitamente, infatti, i proprietari concedono lo spazio per qualche mese o si riservano la possibilità di cacciare gli artisti con minimo preavviso.
“E’ un situazione vincente per entrambe le parti”, conferma Joanna Rose, portavoce di Related Real Estate, società immobiliare che ha affidato a No Longer Empty due vetrine al piano terra di un palazzo di Chelsea appena costruito. “Noi la sfruttiamo per mostrare le potenzialità dello spazio e l’artista per esporre i suoi lavori”.
Nonostante il duro impatto che la crisi ha avuto sul mercato dell’arte, New York sembra aver trovato una formula per tentare di sfruttare la difficoltà.
“Guadagnarsi la vita da artista è diventato più difficile, ma dal punto di vista della disponibilità di spazi la crisi è stata una benedizione”, sottolinea Burkle.
Il suo prossimo progetto è una performance teatrale, creata per essere messa in scena in un ufficio. Vista la situazione, l’artista spera infatti di trovare qualcuno disposto ad aiutarlo.

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