lunedì 27 aprile 2015

Project Lives, case popolari viste da chi le abita

La copertina del libro edito da PowerHouse Books
L'edilizia popolare a New York, nelle foto dei suoi abitanti. Racconti in prima persona di un progetto che va ripensato. 

Marcy Morales da oltre 30 anni in un Project, come sono chiamati i palazzi di edilizia popolare di New York, ed è stufa di combattere contro gli stereotipi associati a questi caseggiati.
“Se vivi in una casa comunale non devi per forza essere un soggetto antisociale”, dice Morales, che a 72 anni è nonna e pensionata.
L’immaginario comune di queste torri di mattoni rossi è stato plasmato da anni di bombardamento mediatico, invariabilmente concentrato su storie di criminalità, droga e miseria. Così, quando Morales ha ricevuto una macchina fotografica per documentare quel mondo dall’interno non si è lasciata sfuggire l’occasione. L’esperimento – chiamato Project Lives e divenuto un libro edito da PowerHouse Books – ha coinvolto centinaia di persone che vivono in queste case per dare l’opportunità a chi solitamente è passivo davanti all’obiettivo di raccontare la realtà da un’altra prospettiva.

domenica 19 aprile 2015

Per non sprecare cibo dobbiamo copiare l'Italia

Photo by Noah Fecks
Buttare il meno possibile e usare prodotti di stagione, anche quelli poveri o poco noti. Così nascono i piatti serviti alla First Family americana dallo chef americano Dan Barber


I tavoli del Blue Hill, uno dei ristoranti più esclusivi di New York, frequentato dal presidente Obama e la First Lady Michelle, sono decorati con mozziconi di verdura lasciata fiorire: c’è il sedere di sedano da cui sbocciano foglioline verde tenero e la pastinaca bianca con il gambo sottile e le foglie verde bandiera. Allineate insieme alle posate, ci sono matite per annotare le impressioni della cena sulle tovagliette di carta riciclata che ricoprono i tavoli. Nel mezzo, candele dal colore biancastro e l’odore pungente. Sono fatte di grasso di manzo solidificato e, una volta accese, si liquefanno diventando un intingolo appetitoso da gustare con il pane servito caldo, ottenuto da un impasto di grano già utilizzato per la fermentazione della birra. Questi ingredienti “riciclati” sono alla base della filosofia di Dan Barber, chef e co-proprietario del ristorante, già vincitore dell’equivalente dell’Oscar della cucina americana.
“Cercavo un design d’interni che sottolineasse l’importanza di non sprecare nulla”, dice Barber, autore di La cucina della buona terra, libro sulla gastronomia sostenibile uscito in Italia il 17 aprile.