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mercoledì 29 novembre 2017

Le Vie Blu, un webdoc da mare a mare

Un viaggio dall’Adriatico al Tirreno, attraverso Marche, Abruzzo, Umbria e Lazio, seguendo la stella polare dell’acqua, per esplorare le fonti della bellezza nel cuore e nell’anima di un’Italia Centrale oggi impegnata nella grande sfida della rinascita.

Levieblu.it
è un web-documentario prodotto per ENIT, l'Ente Nazionale Italiano per il Turismo, nell'ambito di una campagna per il rilancio del Centro Italia colpito dagli eventi sismici.

Le Vie Blu è un racconto multimediale che mescola video, audio, foto e testi. E’ stato prodotto dal River Journal Project, un collettivo formato dai giornalisti Marzio G. Mian e Nicola Scevola e dai fotografi/video-makers Nanni Fontana e Massimo Di Nonno, che negli ultimi quattro anni ha raccontato con lo strumento del web-documentario l’attualità attraverso i grandi fiumi del mondo.

Il viaggio da mare a mare è una travel-story che segue il fil-bleu dell’acqua (fiumi, cascate, laghi, sorgenti, terme) lungo il passaggio Est-Ovest per offrire al viaggiatore le storie, le suggestioni e gli ingredienti per scoprire e tracciare una rotta tutta sua. La narrazione si sviluppa attraverso quattro canali tematici – i borghi, le delizie, i mestieri e la natura – che formano gli “affluenti” di un ideale fiume che lega i due mari.

Pubblicato su National Geographic Italia

mercoledì 25 ottobre 2017

Adichie, icona femminista dell'era digitale

40 anni, nigeriana, scrittrice e sostenitrice della parità di genere. È sua la frase sulle magliette indossate da fashion influencer di tutto il mondo. Ecco la sua storia


Chimamanda Ngozi Adichie è uno dei talenti più promettenti della letteratura nigeriana e anglofona in generale. A 39 anni, la scrittrice ha all’attivo due saggi e tre romanzi che hanno vinto diversi premi, fra cui il Commonwealth Writers’ (Purple Hibiscus), e il National Book Critics Award (Americannah), e sono apparsi nella lista dei migliori libri selezionati dal New York Times. Forse più che per i suoi scritti, però, Adichie, è conosciuta per il suo attivismo militante. “Narrare è sempre un gesto di attivismo”, sottolinea l’autrice, nata in una cittadina universitaria della Nigeria meridionale. “A suo modo, Proust era un attivista dell’amore”. La questione che accende, invece, Adichie è la disparità di genere. Il suo saggio We Should all be feminists le ha dato notorietà planetaria, al punto da essere distribuito in tutte le scuole superiori svedesi, e da poco ha pubblicato un testo intitolato Manifesto femminista in 15 suggerimenti.

giovedì 14 settembre 2017

Shirin Neshat racconta la Stella d'Oriente


L'artista di origine iraniana, ha diretto Looking for Oum Kulthum, presentato al Festival di Venezia
Questa volta il suo amato Iran non centra. Per il nuovo progetto, la 60enne Shirin Neshat ha distolto lo sguardo dalla patria da cui è esiliata, allargandolo a un simbolo del mondo arabo. Sempre per parlare della condizione femminile in rapporto agli autoritarismi politici, sociali e religiosi, ma questa volta scegliendo di farlo attraverso un'icona femminile nata in Egitto e considerata un mito da Bagdad a Marrakech: Oum Kulthum, voce leggendaria che ha cantato rivoluzioni postcoloniali e rappresentato un’eccezione di libertà nella società patriarcale musulmana del dopoguerra.

giovedì 5 maggio 2016

Rieff: Non lasciamo alle multinazionali l'ultima parola sul problema della fame


Oggi teoricamente il mondo produce cibo sufficiente per sfamare tutti i suoi abitanti. Il problema è che la ricchezza non è equamente distribuita, quindi alcuni si abboffano mentre circa un miliardo soffre la fame. Ma le previsioni per il prossimo futuro sono ancor più fosche: la popolazione mondiale sta crescendo rapidamente e si prevede che nel 2050 sulla terra saremo 9,7 miliardi. A quel punto, le stime fatte delle Nazioni Unite dicono che per dar da mangiare a tutti la produzione di materie prime e cibo dovrà aumentare di circa 60%. Altrimenti, il numero di chi sente i morsi della fame potrebbe moltiplicarsi. Questo perché, a detta degli esperti, stiamo già producendo quasi il massimo possibile con i metodi oggi in uso. Ma sfamare tutti non è l’unico problema. Bisogna anche assicurare che il cibo abbia qualità nutritive adatte e che non sia portatore di virus e batteri, alcuni dei quali difficilmente controllabili perché in continua evoluzione, come la Escherichia Coli o la Listeria.

L'Indiana Jones della Siria

Le rovine di Palmira
Il suo boss è uno dei peggiori dittatori rimasti in circolazione. E quando si lavora per un referente del genere, il rischio di restare isolati è altissimo. Per questo il capo del dipartimento siriano per le antichità non smette di rimarcare il suo ruolo super partes. Il messaggio che tiene a sottolineare è chiaro: la difesa del patrimonio siriano dalla guerra civile non ha colore politico.
“E’ una questione di civiltà che riguarda l’umanità intera”, dice il Maamoun Abdulkarim, l’archeologo incaricato di proteggere gli oltre 10.000 siti mesopotamici, romani e bizantini da bombe, tombaroli e fanatici islamisti capaci di prendersela con statue e templi antichi in nome di un’interpretazione bislacca della religione.

lunedì 27 aprile 2015

Project Lives, case popolari viste da chi le abita

La copertina del libro edito da PowerHouse Books
L'edilizia popolare a New York, nelle foto dei suoi abitanti. Racconti in prima persona di un progetto che va ripensato. 

Marcy Morales da oltre 30 anni in un Project, come sono chiamati i palazzi di edilizia popolare di New York, ed è stufa di combattere contro gli stereotipi associati a questi caseggiati.
“Se vivi in una casa comunale non devi per forza essere un soggetto antisociale”, dice Morales, che a 72 anni è nonna e pensionata.
L’immaginario comune di queste torri di mattoni rossi è stato plasmato da anni di bombardamento mediatico, invariabilmente concentrato su storie di criminalità, droga e miseria. Così, quando Morales ha ricevuto una macchina fotografica per documentare quel mondo dall’interno non si è lasciata sfuggire l’occasione. L’esperimento – chiamato Project Lives e divenuto un libro edito da PowerHouse Books – ha coinvolto centinaia di persone che vivono in queste case per dare l’opportunità a chi solitamente è passivo davanti all’obiettivo di raccontare la realtà da un’altra prospettiva.

lunedì 13 ottobre 2014

Binyavanga Wainaina, scrittore anti-clichè


Photo by Omar Victor Diop
Binyavanga Wainaina non ama indossare i panni dell’attivista, ma i suoi interventi pubblici non mancano mai di creare dibattito. Qualche anno fa lo scrittore keniota è diventato famoso grazie ad un articolo satirico che raccoglieva tutti i cliché dal retrogusto colonialista ancora in uso fra gli autori occidentali che parlano di Africa. All’inizio di quest’anno si è fatto portavoce della causa omosessuale, facendo outing pubblico in risposta all’ondata omofoba che sta scuotendo molti paesi subsahariani. E ora sogna di costruire un’industria letteraria africana, sfruttando le nuove tecnologie digitali per stimolare la lettura all’interno del continente.
“Gli africani leggono poco perché i libri sono cari e difficili da trovare”, dice l’autore del bestseller Un giorno scriverò di questo posto. “Il nostro continente è in transizione e i suoi abitanti hanno bisogno di dialogare tra loro. Il mio ruolo è facilitare questa conversazione”.

martedì 1 gennaio 2013

Così rivive il capolavoro rotto


Che ne è di un'opera d'arte danneggiata e rifiutata dal mercato? Viene spogliata del suo valore e finisce in un magazzino. Una mostra a New York resuscita questi zombie d'autore

La mostra è ospitata in una villa in stile vittoriano nel mezzo del campus della Columbia University di New York, ma l’allestimento fa pensare a un obitorio: muri bianchi, ambiente asettico e opere sdraiate su carrelli come fossero cadaveri. D’altronde l’esposizione riunisce pezzi d’arte contemporanea paragonabili a zombie: sculture, quadri e fotografie d’artisti famosi intrappolati in un limbo fra la vita e la morte.

giovedì 19 aprile 2012

Lothar Osterburg, the print-maker version's


Un vecchio proverbio dei paesi anglofoni dice: “One man’s trash is another man’s tresure”, cioè quello che per qualcuno è spazzatura, per altri è un tesoro. Da quando si è trasferito a New York, l’artista tedesco Lothar Osterburg sembra aver fatto di questo detto il suo motto, raccogliendo materiale di scarto che accumula nel suo studio per creare le sculture e le scenografie alla base delle sue opere.
“Il laboratorio è pieno di roba in attesa di essere riciclata”, dice Osterburg rovistando fra scaffali traboccanti di oggetti trovati per strada.

domenica 25 marzo 2012

Amore, sesso e velo


C’è chi porta la minigonna, chi si copre fino ai piedi. Ma quando si parla d’amore le done sono uguali. Due musulmane d’America hanno raccolto 25 storie che parlano di omosessualità, rapporti prematrimoniali, ribellioni. Per sfatare i luoghi comuni. E dire che al cuore non si comanda. Mai.


Tutti sembrano avere un’opinione sulle donne musulmane, soprattutto chi non ne ha mai conosciuta una. Questa è la premessa da cui parte Love Inshallah, nuovo libro che racconta le vere storie di venticinque musulmane americane in cerca d’amore. C'è il racconto di una lesbica ortodossa che fatica a riconciliare la sua identità sessuale con quella religiosa; di una donna che si pente di aver rinunciato al sesso prematrimoniale in nome della religione; di una che ricorda con piacere le scappatelle adolescenziali; quella che si ribella al matrimonio arrangiato, quella che invece ne apprezza i vantaggi. Le curatrici del libro credono che, quando si tratta d’amore, portare il velo o la minigonna faccia poca differenza. Le differenze culturali e l’estrema riservatezza con cui il tema è solitamente trattato, però, hanno contribuito a diffondere falsi stereotipi sul gentil sesso che prega Allah. Sia fra i non musulmani, che fra i membri della comunità stessa.

lunedì 14 novembre 2011

"Vi spiego com'è cambiato l'erotismo nei miei quadri"

Cecily Brown, photo by Jurgen Frank
"La maternità ha reso la mia pittura più sensuale", dice la pittrice inglese Cecily Brown. Che arriva con una mostra a Roma. E ci dà una lezione sull'Italia. Partendo da Sant'Antonio. 

Pubblicato su Io Donna:
Quando Cecily Brown sbarcò a New York agli inizi degli anni Novanta, nessuno sembrava più credere nella pittura contemporanea. Tutti gli occhi in Inghilterra erano puntati sulle installazioni dei British Young Artists, il movimento di cui faceva parte gente come Damien Hirst e Tracey Amin. Con una pittura che ricordava l’espressionismo astratto di De Kooning, Brown non aveva nulla a che spartire con i lavori concettuali dei suoi colleghi e decise di cambiare aria.

lunedì 7 novembre 2011

Giù le mani dal museo della bomboletta

5Pointz Art Center, NYC. Foto Alessandro Cosmelli
Per i writers, il 5Pointz Center del Queens è il paradiso: graffiti liberi e tag ammirate come quadri. Ma ora 'ex deposito industriale rischia di essere abbattuto per far posto a un grattacielo. E ai creativi dell'aerosolo art non resta che sperare. Nella crisi immobiliare. 

Pubblicato su Io Donna:

Per fare graffiti a New York bisogna essere rapidi e circospetti. La polizia è severa e le multe per chi dipinge i muri sono salate. Dappertutto tranne che in una via del Queens.

sabato 27 novembre 2010

Appello dall'università di Yale per Pompei

La professoressa Diana Kleiner: "Il mondo adotti quelle preziose rovine".

“Se per risolvere il problema dei cani randagi nelle rovine di Pompei si è pensato a una campagna di adozione, perché non fare altrettanto con i monumenti dell’antica città?”