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Photo: Wolfgang Volz |
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sabato 11 giugno 2016
Christo - The Floating Piers
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martedì 9 febbraio 2016
Visions of Yoors - Arazzi d'artista
La ventennale storia degli atelier
dell’artista Jan Yoors è una perfetta metafora dello sviluppo di Manhattan nel secondo
dopoguerra. L’artista belga sbarca a New York nel 1950 dopo anni di peripezie
che, durante la guerra, lo vedono lavorare per la Resistenza e internato in
vari campi di concentramento.
“Jan rimane affascinato dalla prosperità
degli Stati Uniti e decide subito di restare”, ricorda il figlio Kore, terzo
genito dell’artista fiammingo scomparso nel 1977.
Al termine del conflitto, Yoors non ha più
radici nella Vecchia Europa ed è pronto a ricominciare da capo. Si trasferisce
a New York insieme alle due donne con cui già convive e che negli States gli
daranno tre figli e diventeranno strette collaboratrici sul lavoro.
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lunedì 8 giugno 2015
Venezia, Spazio Louis-Vuitton: Hayez-Schulz, il classico dialoga col contemporaneo
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Le opere di Schulz nel suo studio |
Non più solo
installazioni multimediali: da qualche anno l’artista tedesco Tilo Schulz
dipinge opere non figurative con segni dinamici, solchi e strappi che creano
contenuti dai significati diversi. L’artista 43enne, originario di Lipsia, la
chiama pittura metaforica perché i quadri astratti raccontano delle
irregolarità e degli splendori che formano il nostro mondo. Così, quando la
fondazione Louis Vuitton gli ha chiesto di realizzare un’opera che dialogasse
con una serie di dipinti di Francesco Hayez (1791-1882) – appena restaurati ed esposti presso l’Espace
Louis Vuitton di Venezia durante la 56esima Biennale – Schulz non si è fattosfuggire
l’opportunità.
giovedì 19 febbraio 2015
Lo strano mercato dell'arte contemporanea
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Miss ko2 dell'artista Takashi Murakami |
E' uno
dei più opaci al mondo. Tutti lo seguono ma nessuno ne comprende veramente i
meccanismi. E solo in pochi ci guadagnano. L’economista Don Thompson
analizza il mercato dell'arte contemporanea, spiegando perché oggi i prezzi siano arrivati a contare più
delle opere stesse.
Nel 1997 l’artista giapponese Takashi
Murakami crea un’opera intitolata Miss Ko2. E’ una scultura di una cameriera in
minigonna dai grandi occhi azzurri e i seni prorompenti, alta un metro e
ottanta, in fibra di vetro, ispirata alla cultura dei manga e degli anime. Il
lavoro è prodotto in quattro esemplari e viene inizialmente venduto per 19.500
dollari. Sei anni dopo, Miss Ko2 è battuta all’asta nella sede newyorkese di
Christie’s per 567.000 dollari. E nel 2010 è rivenduta durante un’asta di Phillips
de Pury per 6,8 milioni di dollari al collezionista di origini israeliane Jose
Mugrabi.
lunedì 26 maggio 2014
Aleph Sactuary, il tempio dell'arte psichedelica
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Klarwein and his daughter inside the Aleph Photo by Caterine Milinaire |
“Sono il più famoso fra gli artisti sconosciuti”,
ripeteva spesso ironico Mati Klarwein. I quadri del pittore tedesco scomparso
nel 2002 sono apparsi sulle copertine di alcuni degli album più venduti degli
anni Settanta: Abraxas di Carlos Santana, Bitches Brew di Miles Davis e Last
Days and Time degli Earth, Wind&Fire. Gente come Jimi Hendrix, Jackie
Kennedy e Brigitte Bardot erano suoi ammiratori. Ma fra il grande pubblico il
suo nome resta quasi sconosciuto. Così come il suo capolavoro più rappresentativo,
l’Aleph Sanctuary, una stanza con pareti e soffitto composti da 68 quadri fatti
dal pittore nel corso di 10 anni.
Klarwein nasce ad Amburgo nel 1932 da
padre ebreo polacco e madre cattolica tedesca. Con l’avvento delle leggi
razziali naziste si trasferisce a Gerusalemme, ma poco dopo lo scoppio del
conflitto arabo-israeliano, rientra in Europa per studiare all’Accademia delle
Belle Arti di Parigi e poi con Fernand Léger. Questa formazione classica gli
permette di cominciare a lavorare come ritrattista. Ma è l’incontro con il
pittore austriaco Ernst Fuchs, che lo introduce al surrealismo di Dalì e
Buñuel, a incendiare la creatività di Klarwein.
lunedì 5 maggio 2014
Rinus Van de Velde, artista impersonatore
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Foto Pablo Arroyo |
“L’esistenza fra le quattro mura bianche
del mio studio di Anversa è piuttosto noiosa e ripetitiva”, ammette Van De
Velde al telefono dalla città fiamminga. “Attraverso i miei quadri mi diverto a
immaginare cosa avrei potuto fare se non fossi un artista”.
Per creare i grandi disegni a carboncino
che l’hanno reso famoso, Van de Velde ha cominciato ispirandosi a immagini
recuperate in vecchie riviste, creando una sorta di autobiografia della vita
che non ha mai vissuto.
giovedì 13 marzo 2014
Nan Goldin: "La mia vita sotto scatto"
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Courtesy Nan Goldin |
Teschi di cartapesta, animali imbalsamati e una pericolosa attrazione per sesso e droghe. Siamo entrati a casa di Nan Goldin, una delle fotografe più controverse, che ha trasformato le sue esperienze in opere d'arte.
Prima d’incontrare Nan Goldin ho la strana
sensazione di conoscerla pur non avendola mai vista. D’altronde, osservare il
lavoro della fotografa americana significa diventare partecipi degli aspetti
più viscerali della sua vita: dal suicidio della sorella maggiore, passando per
gli anni di tossicodipendenza, gli abusi da parte degli amanti e la perdita di
tanti amici per overdose o Aids. Tutte esperienze che Goldin ha registrato con
l’obiettivo della sua macchina fotografica a partire dagli anni Settanta. Così,
quando ci ritroviamo faccia a faccia nel salotto della sua casa di Manhattan,
risulta subito facile stabilire una connessione, anche se Goldin sta
attraversando un momento stressante. Tra pochi giorni inaugurerà una mostra a
Roma e dovrà traslocare a Brooklyn.
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martedì 19 novembre 2013
Il nuovo Whitney Musuem di Renzo Piano

“E’ lo stesso tema affrontato più di
quarant’anni fa con il progetto del Pompidou di Parigi”, dice Piano durante una
visita al cantiere della nuova sede. “Aprire a tutti la cultura con la C
minuscola”.
Il Whitney Museum è specializzato in arte
americana moderna e contemporanea e possiede una delle più grandi collezioni
del paese. Ma gli spazi ridotti dell’edificio di Breuer nell’Upper East Side
costringono il museo a tenere la maggior parte delle opere in depositi.
mercoledì 16 ottobre 2013
Gordon Matta-Clark: the Italian Grand Tour
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Photo by Gordon Matta-Clark |
Da sempre l’Italia attira intellettuali in
cerca d’ispirazione, curiosi di studiare le radici della civiltà occidentale.
Ma per un breve periodo a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta, la
tradizione del Grand Tour italiano ha attirato anche avanguardie dell’arte
mondiale in cerca di un pubblico pronto ad apprezzarle. Inizialmente, gli
esponenti dell’arte concettuale e minimalista americana faticavano ad avere
riconoscimento in patria e, appena potevano, venivano in Europa per trovare
galleristi e collezionisti disposti a finanziarli. Fra questi artisti c’era
Gordon Matta-Clark, “anarchitetto” diventato famoso per i suoi lavori in edifici
in demolizione, su cui interveniva inventando forme nuove con flessibili, seghe
e scalpelli.
mercoledì 10 luglio 2013
Danh Vo, artista che gioca con fonti e paternità
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Photo by Heinz Peter Knes |
Danh Vo
ha una biografia particolare a cui fa spesso riferimento nei suoi lavori.
L’artista aveva quattro anni quando nel 1979 la sua famiglia tentò di scappare
dal Vietnam per gli Usa a bordo di un’imbarcazione di fortuna. La fuga si
concluse con l’intervento di una nave danese, che li ritrovò nell’oceano
Pacifico e li accolse come rifugiati politici, offrendogli la possibilità di
trasferirsi invece a Copenaghen. Quest’esperienza ha segnato il lavoro Vo, che
spesso coinvolge anche altri autori nella produzione delle sue opere.
“Mi piace
includere riferimenti autobiografici e reinterpretare il lavoro di altri,
giocando col concetto di fonte e di paternità”, dice l’artista trentottenne.
Due anni
fa, ad esempio, ha chiesto ad artigiani cinesi di riprodurre una copia in
bronzo della Statua della Libertà a grandezza naturale per poi spargerne
diversi pezzi in giro per il mondo: i capelli della statua sono finiti all’Art
Institute di Chicago, la pelle al New Museum di New York e le dita dei piedi al
Kunsthalle Fridericianum di Kassel.
mercoledì 26 giugno 2013
Chi porta l'arte fuori dai musei
Cecilia Alemani non ha cominciato la sua
carriera di curatrice con la missione di portare l’arte fuori da musei e
gallerie. Da quando, però, è diventata responsabile del programma artistico
della High Line, famoso parco sopraelevato di Manhattan, e dei progetti
speciali di Frieze New York, la curatrice milanese si è trovata di colpo ad
essere una delle committenti d’arte pubblica più potenti della Grande Mela.
“Portare la creatività fuori dai luoghi
tradizionali, aprendo l’arte a un pubblico eterogeneo è un esercizio
affascinante”, dice Alemani. “E sentire gente comune che discute un’opera è
gratificante quanto ricevere critiche positive dagli addetti ai lavori”.
venerdì 24 maggio 2013
Camille Henrot, artista tuttologa per Biennale enciclopedica
Camille Henrot non si spaventa certo
davanti ai progetti ambiziosi. Per il suo debutto alla Biennale di Venezia,
l’artista francese ha scelto di creare un video che racconta la storia delle
origini dell’universo attraverso miti e leggende di tutte le culture del mondo.
“Quello che un artista può apportare è una
distanza, anche un certo dilettantismo, capace di generare una prospettiva
ampia e legare fra loro le materie più disparate”, dice la film-maker e
scultrice parigina dal suo atelier di New York.
Henrot ha sempre espresso un certo
interesse per l’antropologia. In passato, ha creato video e installazioni fatte
di materiale recuperato per strada o su internet che indagavano temi tratti da
culture diverse.
venerdì 26 aprile 2013
Riapre il paradiso della Minimal Art a New York
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Foto Andrea Steele |
Il palazzo è uno dei più belli del
quartiere di Soho, ma per oltre un decennio è rimasto nascosto dalle
impalcature che coprivano la facciata con le grandi finestre incorniciate dalle
colonne in ghisa. Ora l’attesa è finita e, dopo un lungo processo di ristrutturazione,
lo studio-abitazione dello scultore Donald Judd sta per aprire le porte al
pubblico. I trabattelli sono già scomparsi e a Giugno sarà accessibile anche lo
spazio che l’esponente della minimal art aveva
riempito con opere sue e di suoi contemporanei come Dan Flavin, Carl Andre,
Claes Oldenburg e Frank Stella.
Alla sua morte nel 1994, l’artista
americano ha voluto che l’ex fabbrica, acquistata quando SoHo era un ghetto
semiabbandonato, aprisse al pubblico. Con la condizione, però, che gli interni
rimanessero invariati. Judd era famoso per creare volumi con materiali
industriali come l’alluminio e il plexiglass. Ma la sua ricerca si estendeva
anche al rapporto fra le opere e lo spazio circostante.
martedì 1 gennaio 2013
Così rivive il capolavoro rotto
Che ne è di un'opera d'arte danneggiata e rifiutata dal mercato? Viene spogliata del suo valore e finisce in un magazzino. Una mostra a New York resuscita questi zombie d'autore
La mostra è ospitata in una villa in stile
vittoriano nel mezzo del campus della Columbia University di New York, ma l’allestimento
fa pensare a un obitorio: muri bianchi, ambiente asettico e opere sdraiate su
carrelli come fossero cadaveri. D’altronde l’esposizione riunisce pezzi d’arte
contemporanea paragonabili a zombie: sculture, quadri e fotografie d’artisti
famosi intrappolati in un limbo fra la vita e la morte.
lunedì 19 novembre 2012
Rachel Feistein, l'artista con la saldatrice
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Photo by Steve Pyke |
Alla vigilia delle sue mostre, va spesso
storto qualcosa. A pochi giorni dall’inaugurazione della prima personale a
Roma, Rachel Feinstein si aggira nel suo atelier di New York avvolta in una
grande coperta bianca. L’uragano Sandy è appena passato, lasciando la scultrice
senza luce né riscaldamento e forzandola a lavorare al freddo sotto la pallida
luce del sole autunnale. Feinstein, che insieme al pittore John Currin forma
una delle coppie più potenti dell’arte contemporanea americana, ha un’aria
elegante anche imbacuccata in una trapunta. Non si fatica a capire perché,
oltre ad essere una scultrice affermata, sia considerata anche una musa da
firme della moda come Marc Jacobs e Tom Ford, con cui ha collaborato sia come
modella che come creativa.
lunedì 25 giugno 2012
Lara Favaretto al MoMA PS1
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Foto Moma PS1 |
Coriandoli, cemento, spazzole da
autolavaggio. Per realizzare le sue installazioni, l’artista trevisana Lara
Favaretto utilizza i materiali più disparati. E il P.S.1 di New York non le ha
certo posto limiti per allestire la sua mostra. Al punto da lasciarla libera di
riaprire una finestra murata. Riempire di terra una stanza. E guidare una moto
dentro al museo. D’altronde, l’artista qui si sente a casa. Dieci anni fa aveva
partecipato a un programma per giovani emergenti organizzato da questa
succursale del Moma. E oggi è tornata ad occuparne le sale con una panoramica
personale che mette in mostra i suoi lavori più significativi.
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mercoledì 6 giugno 2012
TheFairGoer: arte a portata di click
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Foto Valentina Angeloni |
Un gruppo d’architetti italiani ha creato il sito TheFairGoer per visitare virtualmente le fiere d’arte contemporanea
Il mercato dell’arte cresce a velocità impressionante
anche in tempi di crisi, con decine di fiere che ogni anno aprono i battenti in
giro per il mondo. Seguirle tutte di persona è diventato quasi impossibile, a
meno di non sfruttare la tecnologia virtuale. Per questo un gruppo d’architetti
italiani trapiantati a New York ha creato un sito per visitare le fiere d’arte contemporanea
attraverso lo schermo di un computer. La piattaforma, chiamata theFairgoer,
mostra le opere online e permette di contattare le gallerie. Consente di
raccogliere informazioni sugli artisti, i loro lavori e i prezzi a cui vengono
venduti, come se si stesse passeggiando fra i padiglioni dell’esposizione.
“Quest’anno in un solo mese qui a New York si sono tenute
contemporaneamente una dozzina di fiere d’arte”, dice Chiara Faliva, che ha
creato theFairgoer insieme ad altri due soci nell’ottobre 2011. “A meno di non
avere tempo illimitato e il dono dell’ubiquità, è difficile stare dietro a
tutte”.
giovedì 31 maggio 2012
Tom Sachs in gita su Marte
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Space Program: Mars, foto di Genevieve Hanson
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dell’artista americano Tom Sachs a New York ti mette dell’umore giusto. Lo scultore ha riempito la hall di modellini spaziali, trasformando questa ex accademia militare in un teatro di posa dove va in scena una missione alla conquista di Marte. C’è tutto quel che occorre per creare la grande illusione, dalla rampa di lancio del missile alla sala controllo, con decine di schermi che proiettano le immagini di ciò che avviene durante le fasi dell’operazione. Sachs ha ricreato con il suo tipico stile bricolage, fatto di viti, compensato e sbavature, gli elementi della missione spaziale in scala reale: la navicella per sbarcare su Marte, il veicolo per esplorarla, le tute degli astronauti, i moduli per abitare sul pianeta. E quando non è stato possibile rispettare le dimensioni originali, come nel caso del missile, ha costruito modellini fedeli.
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Tom Sachs
giovedì 19 aprile 2012
Lothar Osterburg, the print-maker version's
Un vecchio proverbio dei paesi anglofoni dice:
“One man’s trash is another man’s tresure”, cioè quello che per qualcuno è
spazzatura, per altri è un tesoro. Da quando si è trasferito a New York, l’artista
tedesco Lothar Osterburg sembra aver fatto di questo detto il suo motto,
raccogliendo materiale di scarto che accumula nel suo studio per creare le
sculture e le scenografie alla base delle sue opere.
“Il laboratorio è pieno di roba in attesa
di essere riciclata”, dice Osterburg rovistando fra scaffali traboccanti di
oggetti trovati per strada.
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Lothar Osterburg,
stampatore
venerdì 9 marzo 2012
Abramovic:"Non sono la nonna della PerformArt"
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Photo by Jean-Baptiste Mondino |
Intervista all'artista serba alla vigilia dell'apertura della sua prima performance dopo la retrospettiva del Moma di New York
A giudicare dalle performance che l’hanno
resa celebre in tutto il mondo, Marina Abramović può sembrare una persona ascetica e
seriosa. Nel 1997 ha vinto un Leone d’Oro alla Biennale di Venezia pulendo un
cumulo d’ossa di animali, simbolo delle atrocità delle guerre avvenute nella sua
nativa Iugoslavia; nel 2002 si è rinchiusa per 12 giorni nella teca di una galleria
senza mangiare. E nel 2010 è rimasta immobile per più di 700 ore a fissare
negli occhi il pubblico del Moma di New York. Quando la s’incontra di persona,
però, appare subito chiaro che dietro questi lavori estremi si nasconde una
donna solare che ha voglia di ridere e scherzare, adora la moda e l’arredamento
di design. Fino a qualche tempo fa, Abramović tendeva a nascondere questi lati del suo carattere per paura di compromettere
il suo ruolo di artista impegnata. Oggi, invece, sa di non aver più bisogno di
dimostrare nulla e si sente libera di esporre anche i suoi lati più umani.
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