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Foto Moma PS1 |
Coriandoli, cemento, spazzole da
autolavaggio. Per realizzare le sue installazioni, l’artista trevisana Lara
Favaretto utilizza i materiali più disparati. E il P.S.1 di New York non le ha
certo posto limiti per allestire la sua mostra. Al punto da lasciarla libera di
riaprire una finestra murata. Riempire di terra una stanza. E guidare una moto
dentro al museo. D’altronde, l’artista qui si sente a casa. Dieci anni fa aveva
partecipato a un programma per giovani emergenti organizzato da questa
succursale del Moma. E oggi è tornata ad occuparne le sale con una panoramica
personale che mette in mostra i suoi lavori più significativi.
Giocosità e umorismo hanno sempre fatto
parte della poetica di Favaretto. Ma dalla maggior parte delle opere che
compongono la mostra, intitolata Just
Knocked Out, traspaiono anche riflessioni più profonde: spunti sulla natura
effimera del mondo e sui concetti di decadenza e scomparsa. In una stanza si
trova un cubo di coriandoli che si sgretola lentamente. In un’altra ci sono
grandi spazzole da autolavaggio che ruotano consumandosi contro una placca di
metallo. Entrambe le installazioni hanno una certa qualità estetica: i
coriandoli verde mela fanno venire una gran voglia di toccarli. Peccato sia
vietatissimo. E le spazzole si gonfiano girando su sé stesse e creando forme
pulsanti che ricordano i vestiti di danzatori Sufi. Ma in entrambi i casi, la
progressiva decomposizione delle opere suggerisce anche altri livelli di lettura.
Stessa cosa vale per la stanza riempita di terra. Camminare sul terreno morbido
da un certo piacere sensoriale. Ma il lavoro fa parte di una serie ispirata
alla scomparsa di personaggi come lo scrittore J. D. Salinger o il fisico
Ettore Majorana, che hanno scelto di ritirarsi dalla scena pubblica. Questa
installazione è dedicata ad Albert Dadas, francese affetto da un disturbo
mentale che lo costringeva a vagabondare per l’Europa dimenticando ogni volta
la tappa appena lasciata.
L’artista 39enne è intervenuta in modo
evidente anche sulla struttura del museo. A fare da filo conduttore alla mostra
è un’installazione site-specific: una
rete di tubi metallici che si estende in tutte le stanze attraversando le
pareti. Il disegno geometrico riprende un quadro del pittore Piet Mondrian
ispirato alla griglia urbana di Manhattan. A tratti i tubi sono aperti e
lasciano vedere i fili colorati che ci scorrono all’interno. In una stanza
Favaretto ha abbattuto una parete di cartongesso che nascondeva una finestra
sull’esterno, inondando l’ambiente di luce solare. Un bel gesto che crea
contrasto con l’opera esposta: un quadro trovato da un rigattiere che l’artista
ha oscurato, ricoprendolo con uno strato di lana e trasformandolo in un
monumento all’invisibilità. Non tutti gli interventi sembrano riusciti: lascia
perplessi la stanza vuota, decorata solo da sgommate lasciate da una moto che
la scultrice ha guidato al suo interno per una settimana. Ma in generale
l’esposizione fornisce una buona rappresentazione dell’opera di Favaretto. Un
lavoro sospeso fra umorismo e tragicità, che appare evidente nell’installazione
che accoglie il visitatore all’ingresso: un plotone di pesanti bombole d’aria
compressa disposte come fossero soldati. Con attaccata ognuna una trombetta di
carnevale che a turno si gonfia srotolandosi come a fare una pernacchia.
Pubblicato su Vogue.it
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