lunedì 2 luglio 2012

Non sono più una casalinga

Foto Mark Liddell
Finita la serie tv che l'ha lanciata, EVA LONGORIA guarda al futuro. La laurea, l'impegno politico e una profezia: “Sarò la Michelle chicana”.

Spesso la vita degli attori è simile a quella che portano in scena. È il caso di Eva Longoria: dalla natura effimera dei suoi matrimoni (due anni con l’attore Christopher Tyler e quattro con il cestista dell’Nba Tony Parker), alla passione per uomini più giovani, i parallelismi fra l’attrice americana e la più esplosiva delle Desperate Housewives sono più d’uno. E quando la incontri è ancora più chiaro: proprio come Gabrielle Solis (il suo alter ego), Eva è solare e ironica, ma non perde di vista l’obiettivo e non abbassa mai la guardia. Anche a rischio di suonare poco sincera, come quando in Wisteria Lane giura amore eterno al marito appena tradito con il giardiniere minorenne.
Quando la incontro è andata da poco in onda l’ultima puntata di Desperate Housewives e ha appena svestito i panni dell’attrice per calarsi in quelli dell’attivista politica. Qualche mese fa è stata coinvolta nel comitato per la rielezione di Barack Obama. La sua mission è diffondere il messaggio del presidente uscente tra le comunità ispaniche. Il suo curriculum è perfetto. Eva Longoria è nata in Texas da una famiglia che vive qui da quando lo Stato faceva ancora parte del Messico. È una delle poche attrici latine di successo a Hollywood. E, inoltre, sta per ultimare un master in Mexican American Studies all’Università della California.  

Una testimonial bella è più efficace?
Non lo so, io non mi reputo attraente e comunque non credo che essere belli sia un vantaggio particolare. Conosco bene la differenza fra essere un cigno e un brutto anatroccolo. Sono l’ultima di quattro sorelle, l’unica che ha ereditato i colori scuri latini e che non ha mai raggiunto il metro e sessanta. Prima di arrivare al college mi sono resa conto che non ero brutta, ma bruttina. Che forse è anche peggio. Così ho dovuto sviluppare una personalità forte, imparando in primo luogo a non dare troppa importanza all’apparenza fisica.
La statura è mai stata un problema?
No, soprattutto da quando ho capito che era meglio scherzarci sopra. Come peraltro sulla mia risata.
Molti la definiscono “starnazzante”.
Non capisco che cosa ci sia di strano nel mio modo di ridere, ma temo di essere la sola a pensarlo (ride, ndr). È diventata una sorta di marchio di fabbrica: recentemente in un ristorante una signora seduta dall’altra parte della sala è venuta a presentarsi dopo avermi sentito da lontano. Mi ha confessato di avermi riconosciuta dalla risata.
Ride spesso in privato?
Certo quando sto bene, ma anche quando sono a disagio. Rido se non voglio parlare di qualcosa. È un meccanismo di difesa e un modo di prendere la vita in maniera più leggera. Desperate Housewives ha definito la sua carriera, dandole fama in tutto il mondo.
Com’è stato chiudere la serie?
L’ultimo ciak è stato molto emozionante. A fine giornata nessuno voleva lasciare il set e siamo andati avanti a brindare e chiacchierare per ore, ricordando tutti i momenti più significativi degli otto anni passati insieme.
Le mancherà Gabrielle Solis?
Moltissimo. Gabi è una donna intelligente e coraggiosa, sempre pronta a fare e dire cose e che tutti vorremmo essere capaci d’imitare nella vita reale.
Lei un po’ ci riesce. Come Gabi, è attratta da uomini più giovani. Il suo ex marito, Tony Parker, e la sua ultima fiamma, Eduardo Cruz, fratello minore di Penelope, hanno rispettivamente sette e dieci anni meno di lei. Che cosa la affascina?
Nulla di particolare. Mi è capitato di incontrare Tony ed Eduardo e me ne sono innamorata ma, in entrambi i casi, la loro età non c’entra.
Zac Efron di recente ha detto di voler uscire con lei. Che cosa gli risponde?
Che sono molto lusingata, anche se non so di preciso quanti anni abbia Zac (24, ndr) e temo che potrebbero mettermi in galera se accettassi la sua proposta.
Lei è nata e cresciuta nello Stato della stella solitaria. Una caratteristica che la fa sentire molto texana?
Sparo da quando avevo sette anni e so come si maneggia un’arma. Fare fuoco su lattine e bersagli è un passatempo andavo anche a caccia ma ora non più. Oggi sono favorevole a un controllo più stretto su vendita e detenzione di armi.
Com’è nata l’idea di partecipare alla campagna per la rielezione di Obama?
La politica mi è sempre piaciuta: ho cominciato a fare la volontaria per Bill Clin-
ton nel 1992, quando ancora non avevo l’età per votare. Questa volta mi hanno propo-
sto un incarico formale nel comitato per la rielezione e mi sono sentita lusingata.
Com’è andata, è suonato il telefono e c’era Barack che diceva ho bisogno di te?
Non proprio. È stato Jim Messina, il capo della campagna, a contattarmi. Poi ho incontrato vari funzionari che mi hanno spiegato nei dettagli il messaggio del Presidente per la comunità latina. E quando alla fine ho incontrato Obama mi ha ringraziato in modo molto semplice e affettuoso.
L’idea di tornare a studiare le è venuta dopo aver accettato l’incarico di fare la campagna elettorale presso la comunità latina?
No, frequento il master in studi messicani-americani da due anni e finisco tra
pochi mesi. Ho sempre avuto la curiosità di sapere di più sulle radici della mia comunità. Durante le riprese di Desperate Housewives ho trovato il tempo per farlo.
Come hanno reagito i suoi compagni di classe?
All’inizio erano tutti stupiti. Non smettevano di guardarmi. Passati i primi tempi, ci hanno fatto l’abitudine.
La comunità latina negli Stati Uniti non vanta molti modelli positivi. Vuole diventare una Michelle chicana?
Sì, mi piacerebbe. Sono pronta a dare il buon esempio e ad assumermi le responsabilità che questo ruolo comporta. Nel cinema, per esempio, quasi non esistiamo. Eppure rappresentiamo il 16 per cento della popolazione americana. C’è spazio per migliorare, e dobbiamo farlo noi, perché se aspettiamo Hollywood ci vorrà molto tempo.

Pubblicato su Amica

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