mercoledì 26 giugno 2013

Chi porta l'arte fuori dai musei

Cecilia Alemani non ha cominciato la sua carriera di curatrice con la missione di portare l’arte fuori da musei e gallerie. Da quando, però, è diventata responsabile del programma artistico della High Line, famoso parco sopraelevato di Manhattan, e dei progetti speciali di Frieze New York, la curatrice milanese si è trovata di colpo ad essere una delle committenti d’arte pubblica più potenti della Grande Mela.
“Portare la creatività fuori dai luoghi tradizionali, aprendo l’arte a un pubblico eterogeneo è un esercizio affascinante”, dice Alemani. “E sentire gente comune che discute un’opera è gratificante quanto ricevere critiche positive dagli addetti ai lavori”.

Questo vale soprattutto per il suo ruolo di curatrice della High Line, dove solo una percentuale minima degli oltre quattro milioni di visitatori del parco s’interessa d’arte. Il pubblico di una fiera come Frieze, è più specializzato. Qui, però, Alemani ha la possibilità d’invitare artisti a realizzare progetti particolari, che quest’anno hanno come tema comune i luoghi d’aggregazione. Il risultato sono sei installazioni fra cui un giardino, un cimitero dell’arte e un bar segreto. Tutti progetti che per loro natura non sarebbero stati adatti a essere esposti negli stand delle gallerie tradizionali.
Certo, avere a che fare con i capricci del tempo e dei curiosi che non sanno tenere le mani a posto rende più complicato curare arte negli spazi pubblici. A questo non l’avevano preparata né il master conseguito al Bard College, né le precedenti collaborazioni con istituzioni e gallerie private. Tanto da farle rimpiangere, a volte, le mostre organizzate in passato al museo P.S.1 e all’ex Dia Center di New York.
“Ogni tanto sarebbe bello avere una stanza chiusa con quattro mura bianche da riempire”, scherza la curatrice trentaseienne.
Questo le permetterebbe, fra l’altro, anche di sfoggiare più spesso i vestiti corti e le scarpe alte di cui ha gli armadi pieni, invece dei jeans e ballerine che porta tutti i giorni.
“Passo troppo tempo camminando all’aperto per portare i tacchi”, ammette Alemani. “Per quelli, però, ci sono i vernissage serali, che qui a New York non mancano mai”.

Pubblicato su Vogue

Nessun commento: