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lunedì 16 ottobre 2017

Nel Salotto di Milano


La Galleria Vittorio Emanuele festeggia 150 anni con rinnovato allure (anche per i marchi del lusso): non a caso qui sta per aprire il suo nuovo ristorante Carlo Cracco.

«Lavori così si fanno una volta sola nella vita, e si fanno bene perché questa sarà come casa mia». Carlo Cracco scavalca sacchi di cemento e pile di putrelle d’acciaio mentre perlustra il cantiere che diventerà il suo nuovo ristorante: 1.000 metri quadri affacciati sul Salotto di Milano, la Galleria Vittorio Emanuele, che proprio questo mese festeggia 150 anni. Entro dicembre lo chef apre il nuovo spazio e la corsa contro il tempo è frenetica. I quattro piani affacciati sull’Ottagono coperto, sventrati e ridisegnati per adattarsi alle esigenze di un ristorante, preservano ciò che di pregio esiste, ricreano quel che è andato perduto, sviluppano nuove soluzioni. Al piano nobile un grande ingresso conduce al salone di ricevimento un tempo sede del Cai, come ricorda lo stucco sul soffitto con lo scudo azzurro l’aquila e la stella del club alpino.

martedì 9 febbraio 2016

Visions of Yoors - Arazzi d'artista

Gli arazzi dell'artista belga Jan Yoors sono la sintesi tra la cultura classica europea e le pratiche artistiche del Novecento


La ventennale storia degli atelier dell’artista Jan Yoors è una perfetta metafora dello sviluppo di Manhattan nel secondo dopoguerra. L’artista belga sbarca a New York nel 1950 dopo anni di peripezie che, durante la guerra, lo vedono lavorare per la Resistenza e internato in vari campi di concentramento.
“Jan rimane affascinato dalla prosperità degli Stati Uniti e decide subito di restare”, ricorda il figlio Kore, terzo genito dell’artista fiammingo scomparso nel 1977.
Al termine del conflitto, Yoors non ha più radici nella Vecchia Europa ed è pronto a ricominciare da capo. Si trasferisce a New York insieme alle due donne con cui già convive e che negli States gli daranno tre figli e diventeranno strette collaboratrici sul lavoro.

lunedì 27 aprile 2015

Project Lives, case popolari viste da chi le abita

La copertina del libro edito da PowerHouse Books
L'edilizia popolare a New York, nelle foto dei suoi abitanti. Racconti in prima persona di un progetto che va ripensato. 

Marcy Morales da oltre 30 anni in un Project, come sono chiamati i palazzi di edilizia popolare di New York, ed è stufa di combattere contro gli stereotipi associati a questi caseggiati.
“Se vivi in una casa comunale non devi per forza essere un soggetto antisociale”, dice Morales, che a 72 anni è nonna e pensionata.
L’immaginario comune di queste torri di mattoni rossi è stato plasmato da anni di bombardamento mediatico, invariabilmente concentrato su storie di criminalità, droga e miseria. Così, quando Morales ha ricevuto una macchina fotografica per documentare quel mondo dall’interno non si è lasciata sfuggire l’occasione. L’esperimento – chiamato Project Lives e divenuto un libro edito da PowerHouse Books – ha coinvolto centinaia di persone che vivono in queste case per dare l’opportunità a chi solitamente è passivo davanti all’obiettivo di raccontare la realtà da un’altra prospettiva.

martedì 18 novembre 2014

Jack Larsen, pioniere del design etnico


Foto by Carlotta Manaigo
In quest’epoca postmoderna e globalizzata sembra quasi difficile ricordare quando i tessuti di design etnico rappresentavano una novità. Questa amnesia collettiva è frutto di una mentalità cosmopolita che deve tanto al genio di Jack Lenor Larsen.
Fu il tessitore di Seattle il primo a commercializzare nel mercato occidentale degli anni Cinquanta i batik africani e gli ikat asiatici, un tempo conosciuti solo da pochi esploratori e giramondo.
“Ho studiato architettura ed etnografia culturale, ma fu un misto di curiosità, imprenditorialità e tempismo a spingermi a viaggiare alla ricerca di nuovi tessuti”, ricorda Larsen dal suo buen retiro negli Hamptons.
Trent’anni fa il designer 87enne si fece costruire qui una villa ispirata a un tempio shintoista giapponese, cultura cui si sente molto vicino. Un tempo era un rifugio estivo dove scappare quando il caldo nel suo appartamento di New York diventava insopportabile. Oggi è diventata la sua dimora principale, che raccoglie le sue collezioni (di tessuti, di artigianato e di sculture) ed è parzialmente aperta al pubblico.

mercoledì 6 agosto 2014

La Casa sulla Roccia, Wisconsin, USA

Photo by Alexo Wandael
Una casa leggendaria, tra le rocce e il cielo, sospesa sulla Wyoming Valley. Gli esterni ricordano i progetti giapponesi di Wright. Dentro è un inno all’eccentricità



The House on the Rock nasce nella leggenda. Come si addice a un progetto così eccentrico, l’origine di questa villa in stile giapponese, costruita negli anni Cinquanta su una roccia affacciata sulle valli del Wisconsin, non è chiara. C’è chi dice sia il prodotto di un’aspra critica pronunciata da uno dei padri dell’architettura moderna, Frank Lloyd Wright. E chi invece sostiene sia un inno alla creatività del suo autore, un costruttore locale chiamato Alex Jordan Jr. Quel che è certo è che la Casa sulla Roccia rappresenta una stranezza architettonica unica nel suo genere. Al punto che, nata come residenza privata, da anni è diventata la principale attrazione turistica della zona. 
Dall’esterno la struttura ricorda le linee essenziali dei progetti disegnati in Giappone da Wright negli anni Venti. Ma al suo interno la personalità visionaria di Jordan prende il sopravvento e, pur incorporando nel design elementi naturali alla maniera di Wright, lo stile diventa più caotico.

giovedì 17 aprile 2014

Cape Cod Modernista


Photo by Raimund Koch
Uno dei suoi protagonisti la battezzò la Summer Bauhaus. Fu l’estate in cui un gruppo di esponenti della prestigiosa scuola tedesca si ritrovò in vacanza dall’altra parte dell’Atlantico, nei pressi di Cape Cod, gettando i semi per lo sviluppo di un nuovo capitolo nella storia dell’architettura moderna.
Era il 1937 e molti esponenti dell’ormai defunto Istituto d’Arte e Architettura di Weimar, fra cui il fondatore Walter Gropius, il suo discepolo Marcel Breuer, Lászlo Moholy-Nagy, Herbert Bayer e Alexander Dorner, erano da poco sbarcati negli Stati Uniti per sfuggire al clima minaccioso che si respirava in Europa. Gropius era appena diventato professore alla scuola di design di Harvard, risalendo per la prima volta in cattedra dopo la chiusura della Bauhaus imposta dal regime nazista. E quell’estate aveva affittato insieme alla moglie Ise una casa sul mare all’imboccatura della penisola di Cape Cod, in Massachusetts. La villa era spaziosa e Gropius aveva invitato alcuni amici dei tempi di Weimar a unirsi alla sua famiglia. Il gruppo trascorse alcune settimane rilassandosi, nuotando nelle acque dell’Atlantico ed esplorando le coste sabbiose di Cape Cod.

martedì 19 novembre 2013

Il nuovo Whitney Musuem di Renzo Piano

Granito ed elitismo contro vetro e integrazione. Le differenze fra gli stili architettonici della vecchia sede del Whitney Museum e quella nuova che sta sorgendo nel Meatpacking District non potrebbero essere più evidenti. Con poche finestre e pareti di pietra, l’edificio modernista disegnato da Marcel Breuer negli anni Sessanta sembra fatto apposta per mantenere una certa distanza fra il pubblico e l’arte custodita al suo interno. Al contrario, la nuova sede del museo firmata da Renzo Piano, che aprirà nel 2015, è pensata per essere trasparente e accessibile.
“E’ lo stesso tema affrontato più di quarant’anni fa con il progetto del Pompidou di Parigi”, dice Piano durante una visita al cantiere della nuova sede. “Aprire a tutti la cultura con la C minuscola”.
Il Whitney Museum è specializzato in arte americana moderna e contemporanea e possiede una delle più grandi collezioni del paese. Ma gli spazi ridotti dell’edificio di Breuer nell’Upper East Side costringono il museo a tenere la maggior parte delle opere in depositi.

venerdì 12 luglio 2013

Bjarke Ingels: Green, Functional, Beautiful


Bjarke Ingels è una sorta di Cristoforo Colombo dell’architettura. Prima dell’arrivo di questo enfant-prodige, che ha disegnato il suo primo museo a 31 anni e a 38 è già considerato un’archistar, la maggior parte dei progetti si dividevano in due categorie: quelli efficienti ma dal design scontato; e quelli più spettacolari ma costosi, con forme che spesso si rivelano inadatte all’uso quotidiano.
Mancava qualcuno in grado di costruire edifici funzionali ed economici, ma anche interessanti da un punto di vista architettonico. Il concetto sembra banale come l’uovo di Colombo, appunto. Il problema è che nessuno era ancora riuscito a realizzarlo appieno.
“La bellezza fine a se stessa non m’interessa, ma neanche la pura razionalità”, dice il fondatore dello studio BIG, già Leone d’oro alla Biennale di Architettura 2004. “Chi l’ha detto che non si può avere entrambe?”.

domenica 24 marzo 2013

New York ridefinisce il microappartamento


Il sindaco della Grande Mela ha indetto un concorso per far fronte alla mancanza di monolocali. Abbiamo intervistato il vincitore del bando per capire come si può vivere felici in meno di trenta metri quadri. 
 
Appena letto il bando, il vincitore del concorso indetto dalla città di New York per progettare mini-appartamenti ha pensato: “E’ disumano vivere in una casa così piccola”.
La gara lanciata dal sindaco Michael Bloomberg, chiamata adAPT NYC, imponeva agli architetti di disegnare monolocali prefabbricati fra i 23 e i 34 metri quadri.
Riflettendo più attentamente, però, Eric Bunge, fondatore insieme a Mimi Hoang dello studio nARCHITECTS, ha realizzato che il primo posto dove ha abitato appena arrivato nella Grande Mela non era molto più grande di quello voluto dal sindaco.
“Le case minuscole già esistono a New York, e spesso sono pure mal progettate”, dice Bunge al telefono dal suo studio di Brooklyn.

mercoledì 7 novembre 2012

Dopo la statua, ecco l'isola della Libertà

www.amiaga.com
A quasi 40 anni dalla morte del suo progettista, l'architetto Louis Kahn, apre Four Freedoms Park su Roosevelt Island, un tempo ghetto, oggi giardino. Per contemplare Manhattan. 
 
C’è un angolo di Manhattan ancora nascosto agli occhi dei turisti che sta per sbocciare. Un tempo Roosevelt Island era considerata l’Australia di New York, rifugio per reietti che ospitava un carcere, un manicomio e un ospedale per malattie infettive. Negli anni Settanta il piano regolatore dell’isola, che sorge sull’East River davanti alle Nazioni Unite, fu rivoluzionato. Carcere e manicomio vennero sostituiti da edilizia residenziale e l’isola ricominciò a vivere. Nonostante la posizione privilegiata che offre una vista mozzafiato sullo skyline di Midtown, fino ad oggi Roosevelt Island è rimasta fuori dai circuiti del turismo. Ma fra pochi giorni, questo potrebbe cambiare. Sulla punta meridionale dell’isola, a fine Ottobre aprirà al pubblico un nuovo parco con un monumento alla memoria del presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt, disegnato da uno dei più famosi architetti americani, Louis Kahn. Il progetto del Four Freedoms Park fu terminato dall’architetto di Philadelphia, nel 1974: un infarto lo stroncò nel bagni pubblici di una stazione di New York, a 73 anni, e per tre giorni il suo cadavere rimase all’obitorio, non identificato, insieme a quello di tanti homeless.

lunedì 9 aprile 2012

A bon viveur in Beverly Hills

Photo by Milton H. Greene
La villa di Summit Drive di Sammy Davis Jr. era un regno di mille metri quadrati dove il celebre cantante e attore si rifugiava dopo le tournée. Sempre animata da un costante viavai di ospiti. Che ruotavano intorno al bar del salotto, dove il padrone di casa amava preparare cocktails per tutti.

Quando comprò la sua prima casa in una delle vie più esclusive di Beverly Hills, Sammy Davis Jr. non chiese aiuto a un architetto per arredarla. La villa di Summit Drive era passata dalle mani di Tony Curtis a quelle di Joan Collins, e aveva bisogno di una rinfrescata. Ma l’intrattenitore, ancora oggi considerato l’artista di colore più famoso d’America, preferì fare di testa sua.