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Foto by Carlotta Manaigo |
In quest’epoca postmoderna e
globalizzata sembra quasi difficile ricordare quando i tessuti di design etnico
rappresentavano una novità. Questa amnesia collettiva è frutto di una mentalità
cosmopolita che deve tanto al genio di Jack Lenor Larsen.
Fu il tessitore di Seattle il primo a
commercializzare nel mercato occidentale degli anni Cinquanta i batik africani
e gli ikat asiatici, un tempo conosciuti solo da pochi esploratori e giramondo.
“Ho studiato architettura ed etnografia
culturale, ma fu un misto di curiosità, imprenditorialità e tempismo a
spingermi a viaggiare alla ricerca di nuovi tessuti”, ricorda Larsen dal suo buen retiro negli Hamptons.
Trent’anni fa il designer 87enne si
fece costruire qui una villa ispirata a un tempio shintoista giapponese,
cultura cui si sente molto vicino. Un tempo era un rifugio estivo dove scappare
quando il caldo nel suo appartamento di New York diventava insopportabile. Oggi
è diventata la sua dimora principale, che raccoglie le sue collezioni (di
tessuti, di artigianato e di sculture) ed è parzialmente aperta al pubblico.
“Mi considero un artigiano e la
passione del collezionismo nasce come reazione alla società consumistica e di
produzioni di massa. Apprezzo l’unicità dei manufatti di qualsiasi tipo”, dice il
designer con la voce roca di chi fatica a parlare al telefono.
Pur essendo famoso per i tessuti
colorati e le fantasie esotiche, il genio di Larsen abbraccia una gamma molto
vasta di stili. La sua carriera viene lanciata cavalcando il modernismo
architettonico che si diffonde negli Stati Uniti negli anni del dopoguerra. Ai
tempi ci sono pochi tessuti adatti a decorare le linee essenziali di questo
stile e Larsen li disegna. Il primo riconoscimento importante arriva quando
vince la gara per disegnare le tende di Lever House, grattacielo costruito su
Park Avenue nello “stile internazionale” di Mies van der Rohe. La stoffa
traslucente tessuta da Larsen è fatta di un lino intrecciato con metallo dorato
che ben si adatta allo spirito razionalista della torre. Subito dopo, il
tessitore apre un negozio poco distante da Lever House, su Park Avenue e
58esima strada, e comincia la sua ascesa: Marilyn Monroe bussa alla sua porta
per arredare la casa in Connecticut che divide col marito Henry Miller. E Frank
Lloyd Wright compra lì il tessuto verde-blu con cui decora la stanza della
musica nella sua famosa villa a Taliesin, Winsconsin.
L’elenco di architetti famosi con cui
Larsen collabora spazia da Marcel Breuer a Louis Kahn e Gordon Bunshaft.
“Avendo studiato architettura, parlavo la stessa lingua e condividevo lo stesso senso estetico. Riuscivo ad adattarmi e interpretare i loro obiettivi. Kahn volle addirittura che gli insegnassi a lavorare al telaio per comprendere meglio il mio progetto per la Chiesa di Rochester”.
Il tempio della First Unitarian Church vicino a New York è considerato una delle opere più riuscite dell’architetto americano, a cui Larsen ha contribuito disegnando pannelli di tessuto che abbracciano tutta l’iride, ma sono realizzati solo con fili di colori primari.
“Avendo studiato architettura, parlavo la stessa lingua e condividevo lo stesso senso estetico. Riuscivo ad adattarmi e interpretare i loro obiettivi. Kahn volle addirittura che gli insegnassi a lavorare al telaio per comprendere meglio il mio progetto per la Chiesa di Rochester”.
Il tempio della First Unitarian Church vicino a New York è considerato una delle opere più riuscite dell’architetto americano, a cui Larsen ha contribuito disegnando pannelli di tessuto che abbracciano tutta l’iride, ma sono realizzati solo con fili di colori primari.
Negli anni Settanta, Larsen produce e
importa stoffe da oltre 60 paesi del mondo e vanta diversi primati
dell’industria tessile: è il primo a disegnare tessuti elastici da
rivestimento, a stampare sul velluto e a creare stoffe per gli interni degli
aeroplani. Il suo vocabolario cromatico e le fantasie di molte dei suoi tessuti
sono spesso ispirati alla natura e ai lavori di alcuni artisti.
“Per Midsummer [tessuto a fiori colorato,
ndr], che ebbe un grandissimo successo, presi un’immagine di Matisse e una di
Tiffany [pittore e vetraio americano di fine Ottocento, ndr] e disegnai
qualcosa che è una via di mezzo fra i due”.
Ma dopo una vita passata a sperimentare
fra colori e disegni, oggi Larsen è tornato a uno stile più essenziale che
riecheggia quello razionale che ha lanciato la sua carriera. Agli accostamenti
forti di alcuni tessuti creati in passato preferisce “quelli fra colori
complementari dello stesso valore”. E quando gli domando cosa sia oggi l’eleganza
per lui, risponde facendo riferimento a un concetto giapponese che indica
un’estetica discreta e sottile: “La vera eleganza è shibui, understatement e
modestia”.
Pubblicato su L'Uomo Vogue
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