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martedì 4 novembre 2014
Usa, elezioni mid-term: il lungo giorno di Obama
Gli
 anglofoni lo chiamano mid-term blues. Oggi negli Stati Uniti si vota
 per rinnovare una parte del Congresso. E i democratici si preparano al 
peggio. Sotto la guida di questo governo l'economia americana cresce al 
ritmo del 3,5% annuo, e il tasso di disoccupazione si è abbassato al 
5,9%. Il partito Repubblicano si presenta alle urne privo di un leader 
carismatico e diviso al suo interno. Eppure, tutti i sondaggi lo danno 
per vincente sia alla Camera che al Senato. Colpa del midterm blues, 
appunto, la sfiducia che storicamente colpisce il partito dei presidenti
 al secondo mandato: è successo a Reagan, Clinton, Bush e, molto probabilmente 
succederà anche a Obama. I motivi della debolezza dei democratici sono 
vari: c'è il crescente divario nella distribuzione della ricchezza che 
alimenta l'astensionismo. Nuove regole che spesso favoriscono i 
repubblicani nel modo in cui disegnano le circoscrizioni elettorali. Le 
crisi internazionali davanti a cui gli Stati Uniti appaiono impotenti. 
Ma la colpa principale ricade nelle mani dell'attuale presidente, 
divenuto talmente impopolare da essere tenuto alla larga dai candidati 
del suo stesso partito. All'inizio del mandato Obama aveva fissato 
un'agenda molto ambiziosa, che non è riuscito a rispettare, lasciando i 
suoi elettori con un'impressione di tradimento. Una condizione destinata
 a peggiorare se i repubblicani vinceranno le elezioni di oggi. E che
 potrebbe avere conseguenze negative anche sulle elezioni presidenziali 
del 2016.
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