mercoledì 12 novembre 2014

L'italiano che fece cadere il Muro di Berlino

Fu un reporter italiano a strappare l'annuncio dell'apertura delle frontiere a un rappresentante della RDT e a dare per primo la storica notizia, scatenando l'assalto ai check point della Germania Orientale 

Se ci si riferisce a lui come ‘l’uomo che fece crollare il muro di Berlino’, Riccardo Ehrman si schernisce ridendo e dice di avere fatto semplicemente il suo lavoro. Certo è, che anche Helmut Kohl, l’ex cancelliere tedesco considerato l’architetto della riunificazione delle due Germanie, quando nel 2005 incontrò Ehrman a Berlino, lo salutò ricordandogli: “Entrambi abbiamo fatto qualcosa di importante per il muro.”
Ed effettivamente, questo navigato giornalista italiano che ha lavorato come corrispondente da mezzo mondo, un contributo allo storico evento della caduta del muro di Berlino lo ha dato davvero.
Non solo, come lui modestamente tiene a sottolineare, “trovandosi al posto giusto, nel momento giusto”, ma anche avendo la sagacia di porre domande scomode e l’intuito di leggere tra le righe cogliendo la portata reale di una notizia.
Nell’autunno del 1989, gli effetti della perestrojka di Mikhail Gorbachev avevano cominciato a scuotere dalle fondamenta la Repubblica Democratica Tedesca e la sua rigida politica di chiusura verso l’occidente.
Mentre un’ondata di rifugiati migra verso la Germania Occidentale approfittando dell’apertura dei confini cecoslovacchi, grandi dimostrazioni di protesta si sviluppano in tutto il paese. A metà ottobre, Henrich Honecker si dimette dalla carica di segretario del partito comunista e il Politburo, l’organo plenipotenziario del partito, cade in una profonda crisi politica.
Nel tardo pomeriggio del 9 novembre, Riccardo Ehrman viene mandato ad assistere a una conferenza stampa del Politburo per conto dell’Ansa. Ha in mente di chiedere spiegazioni su una disposizione emanata pochi giorni prima dal governo, nella quale si ribadisce la necessità per i cittadini di richiedere un permesso speciale per viaggiare all’estero.
“Arrivai un poco in ritardo perché non trovavo parcheggio e dovetti sedermi in un angolo del palco,” ricorda Ehrman.
Il giornalista deve aspettare quasi la fine della conferenza per riuscire a prendere la parola. Nessuno dei presenti ha ancora accennato al controverso regolamento sui viaggi e Ehrman decide di aprire provocatoriamente con una domanda che suona quasi come una contestazione. “Non crede che sia un errore aver emanato nuove disposizioni che limitano i viaggi all’estero?”, chiede al portavoce ufficiale del Politburo, Günter Shabowski. E poi lo incalza: “Insomma, facciamola finita con queste richieste burocratiche…” .
Shabowski è un potente membro della nomenklatura della RDT,  e non è abituato ad essere contestato in modo così aperto. Rimane innervosito e confuso dalla schiettezza del corrispondente italiano. E per dimostrare che, in realtà, le cose stanno diversamente da quanto il reporter crede, tira fuori un foglietto e legge una disposizione straordinaria e segretissima che, in teoria, sarebbe dovuta essere rivelata solo 24 ore più tardi.
Esprimendosi con il linguaggio farraginoso tipico delle burocrazie vetero-comuniste, Shabowski annuncia in pratica che il Politburo ha stabilito che le richieste per viaggi all’estero saranno accolte senza riserve.
Ehrman non può credere alle sue orecchie.
Incalza Shabowski e gli chiede quando questa nuova legge entrerà in vigore.
Il politico, ormai compromesso, risponde: “Per quel che so, da subito”.
“Il mondo cambiò in quel momento,” ricorda Ehrman con una voce che tradisce ancora emozione nonostante gli anni passati. “Quanto era stato detto quella sera significava la caduta del muro di Berlino.”
Stravolto dalla notizia, il giornalista si precipita fuori per dettare il flash all’ufficio centrale di Roma. Stranamente, insieme al rappresentante politico della Germania dell’Ovest, Ehrman è l’unico fra i presenti ad essere uscito di corsa dalla sala conferenze.
Prima di correre verso i propri uffici, i due si scambiano un’occhiata tanto stralunata da confermare ad entrambe la portata dell’evento.
Poco dopo, i lanci delle agenzie di tutto il mondo parlano semplicemente di ‘alleggerimenti’ nelle limitazioni  all’emigrazione dalla Germania Orientale.
Superate le perplessità iniziali – del tipo ‘il nostro corrispondente è impazzito’ – Ansa, invece, da credito all’interpretazione del suo inviato e, per prima, pubblica la notizia dello storico crollo.
Dopo aver scritto il pezzo, Ehrman si dirige a piedi verso il confine di Leipziger Stra∫∫e, per vedere cosa succede in uno dei posti di frontiera disseminati lungo il muro.
Li’ trova centinaia di persone che chiedono di passare nel settore occidentale. La conferenza stampa è stata trasmessa in televisione dal vivo e molti abitanti di Berlino hanno colto la portata della notizia.
I soldati, presi alla sprovvista, non sanno cosa fare.
Mentre Ehrman si avvicina alla folla radunata intorno al posto di blocco, qualcuno riconosce nel giornalista italiano l’inquisitore che ha strappato l’annuncio dalla bocca del portavoce del Politburo e il reporter viene portato in trionfo.
Quando finalmente Ehrman riesce a farsi largo tra la gente e ad arrivare davanti alla caserma dei militari, riconosce il colonnello a capo delle truppe. L’italiano ha cominciato a lavorare come corrispondente dagli opposti settori di Berlino nel 1976, ed è conosciuto fra i custodi della barriera che separa i due mondi.
Il colonnello è indeciso sul da farsi. La folla chiede insistentemente di passare e il militare teme che la situazione possa degenerare. Ha seguito personalmente la conferenza per televisione, ma non ha ricevuto ordini ufficiali.
Alla fine il colonnello domanda ad Ehrman se quello che ha sentito è vero. E, quando il giornalista gli conferma la notizia, si rivolge ai suoi uomini ordinando di aprire i cancelli.
Il mattino seguente, Ehrman decide di andare a vedere cosa fanno gli abitanti dell’Est che si riversano a fiumi nel settore Occidentale.
Quello che vide ancor’oggi non smette di farlo sorridere.
“C’erano migliaia di persone che giravano ammirando le vetrine dei negozi e la città da cui erano stati separati per 29 anni,” ricorda il corrispondente ormai in pensione. “Ma, indubbiamente, le code più lunghe che vidi erano concentrate davanti ai sex shop dell’opulenta Berlino Ovest”.

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