Fu un reporter italiano a strappare l'annuncio dell'apertura delle frontiere a un rappresentante della RDT e a dare per primo la storica notizia, scatenando l'assalto ai check point della Germania Orientale
Se ci si
riferisce a lui come ‘l’uomo che fece crollare il muro di Berlino’, Riccardo
Ehrman si schernisce ridendo e dice di avere fatto semplicemente il suo lavoro.
Certo è, che anche Helmut Kohl, l’ex cancelliere tedesco considerato
l’architetto della riunificazione delle due Germanie, quando nel 2005 incontrò
Ehrman a Berlino, lo salutò ricordandogli: “Entrambi abbiamo fatto qualcosa di
importante per il muro.”
Ed effettivamente, questo navigato giornalista italiano che ha lavorato come corrispondente da mezzo mondo, un contributo allo storico evento della caduta del muro di Berlino lo ha dato davvero.
Non solo, come lui modestamente tiene a sottolineare, “trovandosi al posto giusto, nel momento giusto”, ma anche avendo la sagacia di porre domande scomode e l’intuito di leggere tra le righe cogliendo la portata reale di una notizia.
Ed effettivamente, questo navigato giornalista italiano che ha lavorato come corrispondente da mezzo mondo, un contributo allo storico evento della caduta del muro di Berlino lo ha dato davvero.
Non solo, come lui modestamente tiene a sottolineare, “trovandosi al posto giusto, nel momento giusto”, ma anche avendo la sagacia di porre domande scomode e l’intuito di leggere tra le righe cogliendo la portata reale di una notizia.
Nell’autunno del 1989, gli effetti della perestrojka di Mikhail
Gorbachev avevano
cominciato a scuotere dalle fondamenta la Repubblica Democratica Tedesca e la
sua rigida politica di chiusura verso l’occidente.
Mentre un’ondata di rifugiati migra verso la Germania Occidentale
approfittando dell’apertura dei confini cecoslovacchi, grandi dimostrazioni di
protesta si sviluppano in tutto il paese. A metà ottobre, Henrich Honecker si
dimette dalla carica di segretario del partito comunista e il Politburo,
l’organo plenipotenziario del partito, cade in una profonda crisi politica.
Nel tardo
pomeriggio del 9 novembre, Riccardo Ehrman viene mandato ad assistere a una
conferenza stampa del Politburo per conto dell’Ansa. Ha in mente di chiedere
spiegazioni su una disposizione emanata pochi giorni prima dal governo, nella
quale si ribadisce la necessità per i cittadini di richiedere un permesso
speciale per viaggiare all’estero.
“Arrivai un
poco in ritardo perché non trovavo parcheggio e dovetti sedermi in un angolo
del palco,” ricorda Ehrman.
Il
giornalista deve aspettare quasi la fine della conferenza per riuscire a prendere
la parola. Nessuno dei presenti ha ancora accennato al controverso regolamento
sui viaggi e Ehrman decide di aprire provocatoriamente con una domanda che
suona quasi come una contestazione. “Non crede che sia un errore aver emanato
nuove disposizioni che limitano i viaggi all’estero?”, chiede al portavoce
ufficiale del Politburo, Günter Shabowski. E poi lo incalza: “Insomma,
facciamola finita con queste richieste burocratiche…” .
Shabowski è
un potente membro della nomenklatura della RDT,
e non è abituato ad essere contestato in modo così aperto. Rimane
innervosito e confuso dalla schiettezza del corrispondente italiano. E per
dimostrare che, in realtà, le cose stanno diversamente da quanto il reporter
crede, tira fuori un foglietto e legge una disposizione straordinaria e
segretissima che, in teoria, sarebbe dovuta essere rivelata solo 24 ore più
tardi.
Esprimendosi
con il linguaggio farraginoso tipico delle burocrazie vetero-comuniste,
Shabowski annuncia in pratica che il Politburo ha stabilito che le richieste
per viaggi all’estero saranno accolte senza riserve.
Ehrman non
può credere alle sue orecchie.
Incalza
Shabowski e gli chiede quando questa nuova legge entrerà in vigore.
Il politico,
ormai compromesso, risponde: “Per quel che so, da subito”.
“Il mondo
cambiò in quel momento,” ricorda Ehrman con una voce che tradisce ancora
emozione nonostante gli anni passati. “Quanto era stato detto quella sera
significava la caduta del muro di Berlino.”
Stravolto
dalla notizia, il giornalista si precipita fuori per dettare il flash
all’ufficio centrale di Roma. Stranamente, insieme al rappresentante politico
della Germania dell’Ovest, Ehrman è l’unico fra i presenti ad essere uscito di
corsa dalla sala conferenze.
Prima di
correre verso i propri uffici, i due si scambiano un’occhiata tanto stralunata
da confermare ad entrambe la portata dell’evento.
Poco dopo, i
lanci delle agenzie di tutto il mondo parlano semplicemente di ‘alleggerimenti’
nelle limitazioni all’emigrazione dalla
Germania Orientale.
Superate le
perplessità iniziali – del tipo ‘il nostro corrispondente è impazzito’ – Ansa,
invece, da credito all’interpretazione del suo inviato e, per prima, pubblica
la notizia dello storico crollo.
Dopo aver
scritto il pezzo, Ehrman si dirige a piedi verso il confine di Leipziger
Stra∫∫e, per vedere cosa succede in uno dei posti di frontiera disseminati
lungo il muro.
Li’ trova
centinaia di persone che chiedono di passare nel settore occidentale. La
conferenza stampa è stata trasmessa in televisione dal vivo e molti abitanti di
Berlino hanno colto la portata della notizia.
I soldati,
presi alla sprovvista, non sanno cosa fare.
Mentre
Ehrman si avvicina alla folla radunata intorno al posto di blocco, qualcuno
riconosce nel giornalista italiano l’inquisitore che ha strappato l’annuncio
dalla bocca del portavoce del Politburo e il reporter viene portato in trionfo.
Quando
finalmente Ehrman riesce a farsi largo tra la gente e ad arrivare davanti alla
caserma dei militari, riconosce il colonnello a capo delle truppe. L’italiano
ha cominciato a lavorare come corrispondente dagli opposti settori di Berlino
nel 1976, ed è conosciuto fra i custodi della barriera che separa i due mondi.
Il
colonnello è indeciso sul da farsi. La folla chiede insistentemente di passare
e il militare teme che la situazione possa degenerare. Ha seguito personalmente
la conferenza per televisione, ma non ha ricevuto ordini ufficiali.
Alla fine il
colonnello domanda ad Ehrman se quello che ha sentito è vero. E, quando il
giornalista gli conferma la notizia, si rivolge ai suoi uomini ordinando di
aprire i cancelli.
Il mattino
seguente, Ehrman decide di andare a vedere cosa fanno gli abitanti dell’Est che
si riversano a fiumi nel settore Occidentale.
Quello che
vide ancor’oggi non smette di farlo sorridere.
“C’erano
migliaia di persone che giravano ammirando le vetrine dei negozi e la città da
cui erano stati separati per 29 anni,” ricorda il corrispondente ormai in
pensione. “Ma, indubbiamente, le code più lunghe che vidi erano concentrate
davanti ai sex shop dell’opulenta Berlino Ovest”.
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