giovedì 17 aprile 2014

Cape Cod Modernista


Photo by Raimund Koch
Uno dei suoi protagonisti la battezzò la Summer Bauhaus. Fu l’estate in cui un gruppo di esponenti della prestigiosa scuola tedesca si ritrovò in vacanza dall’altra parte dell’Atlantico, nei pressi di Cape Cod, gettando i semi per lo sviluppo di un nuovo capitolo nella storia dell’architettura moderna.
Era il 1937 e molti esponenti dell’ormai defunto Istituto d’Arte e Architettura di Weimar, fra cui il fondatore Walter Gropius, il suo discepolo Marcel Breuer, Lászlo Moholy-Nagy, Herbert Bayer e Alexander Dorner, erano da poco sbarcati negli Stati Uniti per sfuggire al clima minaccioso che si respirava in Europa. Gropius era appena diventato professore alla scuola di design di Harvard, risalendo per la prima volta in cattedra dopo la chiusura della Bauhaus imposta dal regime nazista. E quell’estate aveva affittato insieme alla moglie Ise una casa sul mare all’imboccatura della penisola di Cape Cod, in Massachusetts. La villa era spaziosa e Gropius aveva invitato alcuni amici dei tempi di Weimar a unirsi alla sua famiglia. Il gruppo trascorse alcune settimane rilassandosi, nuotando nelle acque dell’Atlantico ed esplorando le coste sabbiose di Cape Cod.
Il soggiorno aiutò i neo-immigrati a superare la nostalgia per la lontana Europa, cementando la loro decisione di stabilirsi negli Stati Uniti. Dorner definì quel periodo la “Summer Bauhaus” e Breuer descrisse l’esperienza con toni entusiasti.
“Sto molto bene qui al mare dai Gropius; l’America mi ha sorpreso in modo davvero piacevole”, scrisse a un amico durante il soggiorno.
Photo by Raimund Koch
Al termine della vacanza, i partecipanti tornarono alle proprie vite. Breuer vinse una cattedra a Harvard e aprì uno studio insieme a Gropius. Moholy-Nagy divenne direttore della New Bauhaus School di Chicago; Bayer trovò lavoro presso il Moma di New York. Ma pur vivendo sparpagliati per gli Stati Uniti, tutti mantennero un forte legame con Cape Cod e la terra che li aveva ospitati quell’estate. Molti di loro, infatti, continuarono a frequentare la zona, affittando case, comprando terreni e progettando edifici. Il primo architetto modernista ad acquistare un appezzamento fu il britannico Serge Chermayeff nel 1944. Fu lui a convincere Breuer e il collega finlandese Olav Hammarström a fare altrettanto. Gropius non ebbe mai una casa propria, ma continuò a frequentare il Cape come ospite dei colleghi. Nel giro di pochi anni sulla penisola si sviluppò una colonia di designer nordeuropei.
Dopo la guerra, Cape Cod divenne una meta favorita dell’intellighenzia. Gente come lo storico Arthur Schlesinger Jr., i pittori Arshile Gorky e Max Ernst, con la moglie Peggy Guggenheim, il disegnatore Saul Steinberg, l’architetto Eero Saarinen e l’industriale Hans Knoll, fecero della penisola un rifugio estivo. Questo diede impulso al turismo locale, creando occasioni per realizzare i progetti ideati dagli architetti modernisti e da designer locali che s’ispirarono agli stessi principi come Jack Phillips, Jack Hall e Hayden Walling. Nasceva così un nuovo stile ibrido che mescola i tratti essenziali della scuola nordeuropea con quelli più tradizionali dei villaggi del New England, trovando un terreno comune in una funzionalità scevra dalle pretese dell’estetica borghese. Fu qui che Breuer perfezionò il concetto di long house a palafitta e quello di bi-nuclear house. Progettando per sé oltre che per clienti, il Cape divenne anche terreno di esperimenti: Hammarström, ad esempio, disegnò per casa sua un enorme camino, bello esteticamente ma inutilizzabile: ogni volta che lo accendeva il salotto si riempiva di fumo.
“Non l’avrei mai fatto per un cliente, ma potevo permettermi di costruirlo per me stesso e vedere come funzionava”, scrisse l’architetto finlandese.
Contrariamente a quel che succedeva in altre famose località di villeggiatura della costa americana, come gli Hamptons, le case di Cape Cod erano studiate per non dare nell’occhio, con design sofisticati ma finiture spartane e comfort limitati. La purezza formale e il tratto austero rappresentano il marchio di fabbrica della Bauhaus, così come l’uso di materiali edili semplici, pensati per soddisfare i bisogni di una popolazione in crescita. Di conseguenza, le case costruite intorno ai villaggi di Wellfleet, Provincetown e Truro furono realizzate con molto legno, vetro e Homasote (un materiale ricavato dalla fibra di cellulosa), dando alle costruzioni un aspetto quasi precario che le distingue da altre rivisitazioni del movimento modernista.
“La nostra casa era un guscio spoglio ... era molto primitiva”, ricorda la figlia di Breuer, Tamara, descrivendo la casa che il padre costruì vicino a Wellfleet, una struttura rettangolare, senza acqua corrente né elettricità, ma dotata di grande terrazza con vista sull’acqua.
Cape Cod ha un clima ideale nei mesi estivi ma è spazzato da freddo e vento per buona parte dell’anno. La semplicità dei materiali utilizzati e la posizione panoramica ma esposta in cui sorgono molte di queste case ne hanno accelerato il decadimento. Questo, unito al fatto che le case erano spesso nascoste fra le dune e i boschi di Cape Cod per garantire la privacy dei proprietari, ha fatto sì che, fino a non molto tempo fa, pochi sapessero dell’esistenza di questo patrimonio architettonico. Ma nel 2007 un architetto locale ha creato un’organizzazione per promuovere la conservazione degli edifici, arrivando a catalogare un centinaio di case moderniste sulla penisola.
“La maggior parte di questi edifici è in mano a privati”, dice Peter McMahon, fondatore del Cape Cod Modern House Trust e autore di un libro intitolato Cape Cod Modern che sarà pubblicato il mese prossimo. “Noi lavoriamo per promuovere la consapevolezza del loro valore”.
L’organizzazione ha ristrutturato alcune case importanti, come la Hatch House di Jack Hall e la Kugel/Gips House di Charles Zehnder, nella speranza che possano servire da esempi ai proprietari locali.
“Spesso si tratta di edifici costruiti con materiali delicati”, conclude McMahon. “Ci vuol poco a rovinarli pur avendo le migliori intenzioni”.

Pubblicato su Casa Vogue

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