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Photo by Raimund Koch |
Uno dei suoi protagonisti la battezzò la Summer
Bauhaus. Fu l’estate in cui un gruppo di esponenti della prestigiosa scuola
tedesca si ritrovò in vacanza dall’altra parte dell’Atlantico, nei pressi di
Cape Cod, gettando i semi per lo sviluppo di un nuovo capitolo nella storia
dell’architettura moderna.
Era il 1937 e molti esponenti dell’ormai
defunto Istituto d’Arte e Architettura di Weimar, fra cui il fondatore Walter
Gropius, il suo discepolo Marcel Breuer, Lászlo Moholy-Nagy, Herbert Bayer e
Alexander Dorner, erano da poco sbarcati negli Stati Uniti per sfuggire al
clima minaccioso che si respirava in Europa. Gropius era appena diventato
professore alla scuola di design di Harvard, risalendo per la prima volta in
cattedra dopo la chiusura della Bauhaus imposta dal regime nazista. E
quell’estate aveva affittato insieme alla moglie Ise una casa sul mare
all’imboccatura della penisola di Cape Cod, in Massachusetts. La villa era
spaziosa e Gropius aveva invitato alcuni amici dei tempi di Weimar a unirsi alla
sua famiglia. Il gruppo trascorse alcune settimane rilassandosi, nuotando nelle
acque dell’Atlantico ed esplorando le coste sabbiose di Cape Cod.
Il soggiorno
aiutò i neo-immigrati a superare la nostalgia per la lontana Europa, cementando
la loro decisione di stabilirsi negli Stati Uniti. Dorner definì quel periodo
la “Summer Bauhaus” e Breuer descrisse l’esperienza con toni entusiasti.
“Sto molto bene qui al mare dai Gropius;
l’America mi ha sorpreso in modo davvero piacevole”, scrisse a un amico durante
il soggiorno.
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Photo by Raimund Koch |
Al termine della vacanza, i partecipanti
tornarono alle proprie vite. Breuer vinse una cattedra a Harvard e aprì uno
studio insieme a Gropius. Moholy-Nagy divenne direttore della New Bauhaus
School di Chicago; Bayer trovò lavoro presso il Moma di New York. Ma pur
vivendo sparpagliati per gli Stati Uniti, tutti mantennero un forte legame con
Cape Cod e la terra che li aveva ospitati quell’estate. Molti di loro, infatti,
continuarono a frequentare la zona, affittando case, comprando terreni e progettando
edifici. Il primo architetto modernista ad acquistare un appezzamento fu il
britannico Serge Chermayeff nel 1944. Fu lui a convincere Breuer e il collega
finlandese Olav Hammarström a fare altrettanto. Gropius non ebbe mai una casa
propria, ma continuò a frequentare il Cape come ospite dei colleghi. Nel giro
di pochi anni sulla penisola si sviluppò una colonia di designer nordeuropei.
Dopo la guerra, Cape Cod divenne una meta
favorita dell’intellighenzia. Gente come lo storico Arthur Schlesinger Jr., i
pittori Arshile Gorky e Max Ernst, con la moglie Peggy Guggenheim, il
disegnatore Saul Steinberg, l’architetto Eero Saarinen e l’industriale Hans
Knoll, fecero della penisola un rifugio estivo. Questo diede impulso al turismo
locale, creando occasioni per realizzare i progetti ideati dagli architetti
modernisti e da designer locali che s’ispirarono agli stessi principi come Jack
Phillips, Jack Hall e Hayden Walling. Nasceva così un nuovo stile ibrido che
mescola i tratti essenziali della scuola nordeuropea con quelli più
tradizionali dei villaggi del New England, trovando un terreno comune in una
funzionalità scevra dalle pretese dell’estetica borghese. Fu qui che Breuer
perfezionò il concetto di long house a palafitta e quello di bi-nuclear house.
Progettando per sé oltre che per clienti, il Cape divenne anche terreno di
esperimenti: Hammarström, ad esempio, disegnò per casa sua un enorme camino,
bello esteticamente ma inutilizzabile: ogni volta che lo accendeva il salotto
si riempiva di fumo.
“Non l’avrei mai fatto per un cliente, ma
potevo permettermi di costruirlo per me stesso e vedere come funzionava”,
scrisse l’architetto finlandese.
Contrariamente a quel che succedeva in
altre famose località di villeggiatura della costa americana, come gli Hamptons,
le case di Cape Cod erano studiate per non dare nell’occhio, con design
sofisticati ma finiture spartane e comfort limitati. La purezza formale e il
tratto austero rappresentano il marchio di fabbrica della Bauhaus, così come
l’uso di materiali edili semplici, pensati per soddisfare i bisogni di una
popolazione in crescita. Di conseguenza, le case costruite intorno ai villaggi
di Wellfleet, Provincetown e Truro furono realizzate con molto legno, vetro e
Homasote (un materiale ricavato dalla fibra di cellulosa), dando alle
costruzioni un aspetto quasi precario che le distingue da altre rivisitazioni
del movimento modernista.
“La nostra casa era un guscio spoglio ...
era molto primitiva”, ricorda la figlia di Breuer, Tamara, descrivendo la casa
che il padre costruì vicino a Wellfleet, una struttura rettangolare, senza
acqua corrente né elettricità, ma dotata di grande terrazza con vista
sull’acqua.
Cape Cod ha un clima ideale nei mesi
estivi ma è spazzato da freddo e vento per buona parte dell’anno. La semplicità
dei materiali utilizzati e la posizione panoramica ma esposta in cui sorgono
molte di queste case ne hanno accelerato il decadimento. Questo, unito al fatto
che le case erano spesso nascoste fra le dune e i boschi di Cape Cod per
garantire la privacy dei proprietari, ha fatto sì che, fino a non molto tempo
fa, pochi sapessero dell’esistenza di questo patrimonio architettonico. Ma nel
2007 un architetto locale ha creato un’organizzazione per promuovere la
conservazione degli edifici, arrivando a catalogare un centinaio di case
moderniste sulla penisola.
“La maggior parte di questi edifici è in
mano a privati”, dice Peter McMahon, fondatore del Cape Cod Modern House Trust
e autore di un libro intitolato Cape Cod Modern che sarà pubblicato il mese prossimo.
“Noi lavoriamo per promuovere la consapevolezza del loro valore”.
L’organizzazione ha ristrutturato alcune
case importanti, come la Hatch House di Jack Hall e la Kugel/Gips House di
Charles Zehnder, nella speranza che possano servire da esempi ai proprietari
locali.
“Spesso si tratta di edifici costruiti con
materiali delicati”, conclude McMahon. “Ci vuol poco a rovinarli pur avendo le
migliori intenzioni”.
Pubblicato su Casa Vogue
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