venerdì 26 aprile 2013

Riapre il paradiso della Minimal Art a New York

Foto Andrea Steele
A SoHo, la casa-studio di Donald Judd riapre al pubblico. Dove tutto è rimasto come se fosse ancora abitata dallo scultore


Il palazzo è uno dei più belli del quartiere di Soho, ma per oltre un decennio è rimasto nascosto dalle impalcature che coprivano la facciata con le grandi finestre incorniciate dalle colonne in ghisa. Ora l’attesa è finita e, dopo un lungo processo di ristrutturazione, lo studio-abitazione dello scultore Donald Judd sta per aprire le porte al pubblico. I trabattelli sono già scomparsi e a Giugno sarà accessibile anche lo spazio che l’esponente della minimal art aveva riempito con opere sue e di suoi contemporanei come Dan Flavin, Carl Andre, Claes Oldenburg e Frank Stella.
Alla sua morte nel 1994, l’artista americano ha voluto che l’ex fabbrica, acquistata quando SoHo era un ghetto semiabbandonato, aprisse al pubblico. Con la condizione, però, che gli interni rimanessero invariati. Judd era famoso per creare volumi con materiali industriali come l’alluminio e il plexiglass. Ma la sua ricerca si estendeva anche al rapporto fra le opere e lo spazio circostante.
“Preservare la sua impronta, rendendo lo spazio agibile al pubblico era l’obiettivo principale”, dice Adam Yarinsky, architetto responsabile della ristrutturazione.
Lo spazio avrebbe dovuto essere rinnovato già da tempo, ma i costi proibitivi hanno frenato Judd. Solo dopo la sua scomparsa, la Fondazione creata in suo nome è riuscita a raccogliere la cifra necessaria. E con un investimento di oltre 20 milioni di dollari i lavori sono cominciati nel 2006.
Foto courtesy Rainer Judd
Le alterazioni della struttura originale sono state tenute al minimo, preservando pareti scrostate e pavimenti segnati dall’usura. E il risultato è davvero impressionante. Le finestre che occupano più di tre quarti della facciata sono tornate al vecchio splendore, riempiendo di luce ogni piano. Il primo è il centro nevralgico della casa, con la cucina e i mobili disegnati dallo scultore. Il secondo è lo studio dell’artista, il terzo la sala da pranzo con un lungo tavolo e un quadro dell’amico Stella; l’ultimo la camera da letto, col soppalco per i figli e un’istallazione di Flavin. Tutto è stato lasciato come se fosse abitato. Ci sono i bagni con i lavandini in metallo progettati da Judd; le scaffalature cariche di bicchieri di baccarat e persino la botola nel sottoscala usata come teatrino delle marionette.
“Spero che i visitatori non lo considerino solo come un luogo storico”, dice Rainer Judd, figlia dello scultore. “Ma riescano a cogliere l’equilibrio di proporzioni pensato da mio padre per apprezzare le opere”.

Pubblicato su Casa Vogue

Nessun commento: