martedì 22 luglio 2014

Se gli lasci più spazio, l'uomo aiuta di più in casa


La politologa Anne-Marie Slaughter propone un nuovo patto con gli uomini: "Se vogliamo che si assumano più responsabilità in famiglia, diamo loro più spazio, senza imporre i nostri metodi. Vedrete che se la cavano benissimo".

E dire che pensa che il femminismo sia sorpassato. Anne-Marie Slaughter ha dedicato la vita a studiare politica internazionale, guadagnando una cattedra a Princeton e la fiducia di gente come Hillary Clinton, che quando era a capo della diplomazia di Obama non muoveva un passo senza il suo consiglio. Ma finché si è occupata di geopolitica era una professoressa semisconosciuta. Poi ha scritto un articolo sulle difficoltà di dividersi fra il lavoro al Dipartimento di Stato e i figli adolescenti, ed è diventata una sorta di eroe nazionale in America. Quel pezzo, intitolato “Why women still can’t have it all”, è uno dei più letti di tutti i tempi e l’ha portata ad essere spesso contrapposta a un’altra icona del femminismo contemporaneo: Sheryl Sandberg, big boss di Facebook e autrice di Lean In, libro che invita le donne a imporsi per contare di più sul lavoro.
“La mia carriera di esperta di politica internazionale è stata cancellata in un secondo”, scherza la professoressa 55enne, che ora dirige l’influente think-tank New America Foundation. “Tutti mi chiedono sempre e solo di quell’articolo”.
Photo by Phillip Toledano
Nel pezzo Slaughter denuncia la mancanza di flessibilità dei posti di lavoro che impedisce alle donne di gestire carriera e famiglia, e ammette le proprie difficoltà nel trovare un equilibrio. Quando una maestra elementare ha domandato a suo figlio di disegnare i genitori, questo ha abbozzato un computer al posto della mamma. Quando ha vinto la cattedra a Princeton, quasi ha divorziato dal marito, tutt'altro che contento di lasciare il suo posto a Harvard per seguirla in New Jersey. E nel periodo in cui ha fatto la pendolare fra Washington e Princeton per lavorare al Dipartimento di Stato, il figlio 12enne le ha parlato per monosillabi perché si sentiva trascurato.
Il suo articolo è servito certamente a rinvigorire il dibattito femminista. Ma a due anni dalla pubblicazione, proprio quando la gender agenda sembra essersi imposta un po’ dappertutto, almeno a parole, Slaughter torna sui suoi passi suggerendo che la strada verso la vera uguaglianza passa attraverso il superamento della questione di genere.
Perché proprio adesso si dovrebbe smettere di parlare di parità donna-uomo?
“Perché il movimento femminista è in stallo. Dagli anni '90 non ci sono più stati miglioramenti significativi. Per creare una società più equa occorre quindi cambiare il punto di vista”.
Cioè?
“Il problema principale del mio articolo e del libro di Sheryl [Sandberg] è che entrambi si concentrano sulle donne, mentre è venuta l'ora di reimpostare il dibattito in termini di chi lavora per portare a casa il pane rispetto a chi lavora per prendersi cura degli altri, indipendentemente dal genere. La società è strutturata in modo da forzare gli uomini ad assumere il ruolo di breadwinners. E le donne sono corresponsabili di questo stereotipo”.
Sta dicendo che gli uomini hanno meno possibilità di scelta delle donne?
“In un certo senso sì. Se al posto di due maschi avessi avuto figlie femmine le avrei educate a pensare di poter fare qualsiasi lavoro, ma avrei anche messo in chiaro che investire la propria vita nella cura degli altri è una scelta altrettanto rispettabile. Non posso dire di aver fatto lo stesso con i miei figli. Non li ho educati a pensare che non c’è nulla di male a fare il padre a tempo pieno. Il modo in cui misuriamo l’uomo è ancora basato su quanto è in grado di guadagnare e di quanto potere dispone. Occorre cambiare il modo in cui s’intende la mascolinità”.
E per farlo di cosa c’è bisogno?
“Innanzitutto un maggiore rispetto per il lavoro di chi si occupa degli altri e poi un cambio di mentalità. Oggi gli uomini si trovano in una posizione simile a quella delle donne negli anni ’60, quando nessuno credeva potessero lavorare come, se non meglio dei loro mariti”.
Davvero crede che gli uomini possano essere altrettanto bravi nel prendersi cura dei figli?
“Certo. Ci sono molte differenze nel modo in cui mio marito ed io gestiamo la casa e educhiamo i figli. Ma non c’è differenza in quello che abbiamo provato quando li abbiamo presi in braccio per la prima volta”.
Come si fa a incoraggiare gli uomini ad assumersi più responsabilità in famiglia?
“Innanzitutto dandogli più spazio per farlo a modo loro, senza imporre i nostri metodi perché pensiamo che funzionino meglio. Quando sono andata a lavorare a Washington mio marito ha accettato di occuparsi della famiglia a condizione che io non cercassi di gestire la situazione a distanza e lo lasciassi libero di fare come credeva”.
Lei si considera una femminista?
“No, prima di tutto mi considero un’imprenditrice, perché nella mia carriera ho scelto di prendere dei rischi. Come quando ho lasciato il Dipartimento di Stato alla vigilia di una promozione per tornare dalla mia famiglia. O quando ho rinunciato alla cattedra a Princeton per diventare presidente della New America Foundation, una decisione di cui i miei genitori ancora non si capacitano”.

Pubblicato su Myself

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