giovedì 2 ottobre 2014

Mary Higgins Clark, regina dei romanzi gialli

Dopo una lunga chiacchierata al telefono con la regina americana dei gialli mi accorgo che indovinare la sua età è difficile almeno quanto capire chi è l’assassino dei suoi libri.
Eppure gli indizi non mi mancano: so che Mary Higgins Clark ha scritto oltre 30 bestseller (l’ultimo esce in Italia a fine mese con il titolo La notte ritorna), venduto più di 300 milioni di copie in tutto il mondo ed è stata sposata tre volte, con cinque figli e vari nipoti. So anche che la sua biografia è densa e avvincente quanto il migliore dei suoi romanzi: ha avuto un’infanzia segnata dalla perdita del padre e da gravi ristrettezze economiche; la prima parte dell’età adulta complicata dalla morte prematura del marito, che l’ha lasciata con cinque figli a carico; e la seconda parte della vita illuminata da uno straordinario successo letterario, che l’ha trasformata in una delle scrittrici più pagate d’America. Tutto questo rende evidente che non si tratti di una ragazzina. Ma giudicare la sua età dopo la nostra conversazione, mi risulta davvero impossibile. Solitamente le interviste telefoniche sono uno svantaggio rispetto a incontrare una persona dal vivo. Questa volta, però, decido di approfittare del fatto che la fitta agenda d’impegni della giallista newyorkese rende impossibile incontrarla nella sua villa in New Jersey per non farmi influenzare dal suo aspetto esteriore e scoprirla unicamente per i modi e i contenuti della nostra conversazione.
Prima di alzare la cornetta, resisto a stento alla tentazione di sbirciare la sua data di nascita su internet e, quando metto già il telefono dopo un’ora, sono convinto di aver parlato con un’arzilla sessantaqualcosenne: Higgins Clark ha una lucidità, una tempra e un umorismo straordinario. Che mi sorprendono ancora di più quando finalmente scopro che quest’anno la scrittrice festeggerà il suo 87esimo compleanno.

Negli ultimi 20 anni ha pubblicato una media di due libri l’anno. Dove trova l’inspirazione?
Solitamente nei fatti di cronaca realmente accaduti. Sfrutto il dna di un caso reale e poi lavoro di fantasia. Nel caso di La notte ritorna, l’idea mi è venuta vedendo decine di detective show trasmessi in televisione. Ho inventato il format di un programma che ripercorre vecchi casi irrisolti, intervistando le persone coinvolte ma ancora a piede libero. E di lì sono partita per scrivere il libro, facendo dell’autrice dello show la mia protagonista. Ha funzionato talmente bene che l’editore mi ha già commissionato un sequel.

Con tutti questi libri alle spalle, immagino sia più facile sfornarne uno nuovo ogni 6 mesi.
Le prime 50 pagine sono sempre un inferno. L’anno scorso ho avuto un leggero infarto. Ora sto bene, ma le dita sono ancora deboli e devo scrivere a mano. Quando la mia povera segretaria ha dovuto trascrivere il primo capitolo del libro, si è trovata in mano una specie di geroglifico con mille segni e cancellature. Poi i personaggi si animano dentro la mia testa e diventa più facile. Al punto che sono loro stessi a impormi cosa scrivere, anche contro le mie aspettative.

Da dove nasce la passione per il suspense?
L’ho sempre amato: da bambina cercavo di riunire le amiche al buio per raccontare storie di mistero e paura al lume di candela.

Negli Stati Uniti è conosciuta come “la regina dei gialli”, cosa ha pensato la prima volta che ha sentito questa definizione?
Mi fece ovviamente piacere. Poi ho sentito di un’altra scrittrice soprannominata “la regina dei gialli intelligenti” e ho pensato: non vorrà mica dire che io sono la regina di quelli stupidi?

Pur avendo trame mozzafiato, nei suoi gialli non c’è traccia di violenza esplicita o riferimenti sessuali, due elementi spesso associati a questo genere. Perché?
Credo che la violenza, così come il sesso, siano più intriganti se si lascia libero il lettore di usare l’immaginazione. A Hitchcock bastava mostrare un cappio al collo e una caviglia che spunta dall’immondizia per suggerire che un personaggio è stato strangolato. Così come la frase più sexy della letteratura americana per me resta quella rivolta da Rhett a Scarlett in Via col vento: “Non crederai di chiudermi fuori dalla tua stanza da letto stanotte?”.

A 37 anni rimase vedova con 5 figli fra 5 e 13 anni. Per mandare avanti la casa lavorava in radio fino a sera tardi. Ma non esitò a perseguire il sogno di diventare scrittrice. Dove trovò la determinazione?
Quando sei in quelle condizioni non puoi lasciarti andare. Sono proprio i figli a darti la forza di rimetterti in piedi e rilanciare. Mi alzavo tutti i giorni alle 5 di mattina e scrivevo fino alle 7. Era l’unico momento in cui c’era silenzio in casa e riuscivo a concentrarmi.

Il primo libro che scrisse, un romanzo su George Washington, fu un fallimento. Anziché perdersi d’animo cambiò genere e cominciò a sfornare un bestseller dietro l’altro.
Il segreto?
Capii una semplice regola: per fare le cose al meglio, bisogna seguire la propria passione. Osservai la mia libreria e realizzai che il suspense era il genere che più apprezzavo e conoscevo. Cominciai a scrivere gialli e non guardai più indietro.

Ha firmato anche libri a quattro mai con sua figlia minore, Carol.
Ci siamo divertite moltissimo a scriverli. Sedevamo una di fianco all’altra e ci davamo i turni a battere al computer.

Altre passioni oltre alla scrittura?
Da giovane ho lavorato come hostess della Pan Am e mi è rimasto il gusto di viaggiare. Mi piace farlo in prima classe, soprattutto se sono gli altri a pagare. Per questo viaggio spesso su navi da crociera, e in cambio tengo discorsi sulla scrittura creativa per intrattenere gli ospiti.

Pubblicato su Io Donna

Nessun commento: