Il laboratorio della Birdos è la versione
svizzera di un garage da startup: una stanza al pianterreno di un vecchio
chalet di pietra e legno nel centro di Andermatt, a un passo dal San Gottardo.
Fuori non c’è insegna, e l’unico indizio di quel che succede all’interno è un
vecchio paio di sci dal profilo tozzo, appeso sopra la porta d’ingresso. Sono sci
da freeride, larghi al piede e fatti per
galleggiare in neve fresca. Quella di preferire il fuoripista ai percorsi
tracciati è una tendenza che viene dagli Stati Uniti, ma ultimamente ha preso
piede anche nella vecchia Europa, dove le piste sono sempre più affollate e gli
impianti sempre più cari.
Birdos non è certo l’unico produttore di
questo genere di sci. Ma è uno dei pochi ad aver mantenuto lo spirito contagioso
di chi ama condividere una passione ed è disposto ad aprire la sua officina, mostrandoci
come si crea uno sci dall’inizio alla fine.
Pur essendo un’impresa ad alto contenuto
innovativo, la start up elvetica ha poco a che vedere con computer e new
economy. Dentro, i soffitti bassi e gli attrezzi sparsi danno l’impressione di
una bottega artigianale, più che di un laboratorio tecnologico.
“Nessuno di noi è qui solo per fabbricare
sci” dice Daniel Loutrel, il fondatore americano del marchio. “Quando c’è il
sole siamo sempre in cerca di neve fresca. L’amore per la montagna viene prima
di tutto”, aggiunge riassumendo lo spirito dell’impresa.![]() |
Photo by Martin Wabel |
E’ proprio questa passione che nel 2004 porta
Loutrel a trasferirsi da Boston al cuore delle Alpi svizzere. Ai tempi ha 25
anni e in testa un solo obiettivo: sciare il più possibile, nei più bei posti
del mondo. E’ stufo dei pendii dolci di Colorado e Vermont e sogna di tuffarsi
nelle verticalità delle montagne europee. Ha sentito parlare di Andermatt come
di un paradiso del freeride: pochi
impianti, tanto fuoripista e neve sempre abbondante, come dimostra la coltre bianca
che ricopre il villaggio già ai primi di Novembre, quando visito il
laboratorio. Ma i pochi soldi che Loutrel ha in tasca bastano a malapena per il
biglietto aereo. Per l’attrezzatura nuova ha intenzione di arrangiarsi. Ha
lavorato come falegname in piccoli cantieri navali sulla costa atlantica ed è
un bravo bricoleur. Conosce il design
innovativo creato da Shane McConkey – che ha rivoluzionato il freeride rendendo lo sci da alpinismo
più simile a quello d’acqua – e ha in testa d’imitarlo e migliorarlo. Loutrel
ha un amico con cui va spesso a sciare che usa ancora vecchi sci di metallo. A
furia di usarli in fuoripista si sono piegati e l’amico ha rinunciato a
raddrizzarli. Osservando la reazione degli sci, Loutrel ha avuto un’intuizione:
oltre ad aumentare la larghezza dello sci, perché non creare inarcature apposte
(rocker e camber, in gergo) per migliorarne le performance in fuoripista? Il
primo paio prodotto nel garage di suo padre è tutt’altro che perfetto. Ma in backcountry funziona e sui fuoripista
svizzeri riscuote un certo successo: la gente lo ferma per chiedergli dove si
possono comprare. E’ lì che Loutrel – soprannominano Birdos dagli amici – comincia
a immaginare di trasferirsi sulle Alpi del San Gottardo per vendere sci
artigianali.
Da allora sono passati dieci anni e i suoi
sci hanno attraversato varie fasi evolutive. Ha sperimentato con dimensioni,
sciancrature, materiali e pesi differenti. Fino ad arrivare a elaborare tre modelli
dai nomi esotici – Ghetto Chicken, Funky Monkey e Puder Luder – e grafiche
accattivanti, che possono essere personalizzati e adattati alle esigenze dei
singoli. Sono sci per chiunque ami il fuoripista, non solo per esperti.
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Photo by Martin Wabel |
“Molti clienti vengono da noi senza sapere
esattamente cosa vogliono da un punto di vista tecnico. Per questo propongo di
sciare insieme per capire il loro stile. E se non possono venire ad Andermatt,
si lavora al telefono e via email per comprendere al meglio le esigenze”.
Ogni sci è realizzato con un’anima di
legno ricoperta da 10 strati di fibra di vetro, carbonio e plastica. Per
fabbricarlo ci vogliono 14 ore di lavoro. Il prodotto è costruito al 95% in
questo piccolo laboratorio, stipato di dime, materiali e attrezzi. Giusto
l’anima di legno e la sciolinatura del fondo sono creati esternamente. Il resto
è fatto a mano da Loutrel e Eskill, il tecnico svedese che lo aiuta in
laboratorio. Anche molte delle macchine utilizzate per fabbricare gli sci sono
autoprodotte: quella per curvare le lamine, che ricorda una macchina per fare
la pasta a mano; quella per sciancrare il profilo dello sci; e soprattutto la
pressa idraulica, cuore dell’officina, rimessa a nuovo da Loutrel dopo più di
20 anni di abbandono. Il laboratorio porta ancora i segni di questa impresa,
sotto forma di un buco nella parete davanti alla pressa, fatto da un bullone schizzato
come un proiettile. Dopo averla completamente ristrutturata, Loutrel ne testa i
limiti provando ad aumentare la pressione al massimo. Ma qualcosa va storto e
le condutture esplodono scagliando molle e giunti in tutta la stanza.
“Ero in piedi davanti alla pressa e un
attimo dopo mi sono ritrovato per terra con un bernoccolo gigantesco”, ricorda
Eskill.
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Photo by Martin Wabel |
Da allora è stato aggiunto un manometro e
non sono più successi incidenti. La pressa funziona con un impianto idraulico a
60 gradi, che salda gli strati attraverso la pressione e il calore.
Contrariamente a quanto avviene nelle fabbriche industriali, dove le produzioni
sono più serrate, Birdos permette allo sci di raffreddare gradualmente nella
pressa, per ridurre gli stress sui materiali causati dalla variazione di temperatura.
“Così gli sci sono più stabili e durano di
più”, sottolinea Loutrel. “E’ uno dei vantaggi di sfornare solo 80 paia l’anno”.
Un altro è la capacità di poter cambiare
rapidamente il processo produttivo. Questo consente di avere maggiore
flessibilità nella sperimentazione e nella personalizzazione dei prodotti.
Fino a qualche anno fa, Birdos era aiutata
dal fatto che erano in pochi a fabbricare sci da freeride. Oggi c’è così tanta gente sulle piste che la voglia di
allontanarsi dalla calca si è diffusa anche fra chi non appartiene all’elite di
estremisti dello sport. Hanno cominciato gli snowboarder in cerca di neve
vergine, e poi sono arrivati i freerider
che, grazie ai nuovi design, in fresca riescono a galleggiare e divertirsi come
chi va in tavola, senza essere limitati nei movimenti. Appena la pendenza viene
a mancare, infatti, per gli snowboarder diventa dura. Mentre i freerider mantengono tutti i vantaggi di
mobilità degli sci, comprese le pelli di foca.
La tendenza è stata colta anche dai grandi
marchi, che ormai producono tutti serie da freeride,
rubando fette importanti di mercato agli artigiani come Loutrel. Ai quali
resta, però, la capacità di sperimentare più facilmente, anche se pure questo vantaggio
si sta lentamente assottigliando.
“Continuo a testare piccole variazioni in
materiali e spessori”, ammette Loutrel. “Ma credo che le prossime grandi
rivoluzioni nel freeride, verranno da
attacchi e scarponi, più che dagli sci”.
Questo complica gli affari per i piccoli
produttori come Birdos, costringendoli a puntare tutto su qualità artigianale,
servizio al cliente e capacità di personalizzare i prodotti.
Per fortuna la
filosofia del do it yourself è parte
integrante dello spirito freerider,
un po’ come nel surf, nello skate e nello snowboard. E l’idea di arrangiarsi,
distinguersi ed evitare la grande distribuzione di massa contribuisce al senso
di libertà alla base di questa disciplina. Per questo da Birdos non esistono
due paia di sci totalmente identici e non c’è danno reputato impossibile da
riparare.
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by Martin Wabel |
“Su certi aspetti tecnologici non possiamo
competere con le grandi industrie”, conclude Loutrel. “Ma il freeride non è solo velocità e
precisione: è anche anticonformismo, sostenibilità e cura per il dettaglio”.
Pubblicato su Undici
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