giovedì 5 febbraio 2015

Gli artigiani del fuoripista


Photo by Martin Wabel
Viaggio nel laboratorio della Birdos, versione svizzera di un garage da startup che ha poco a che vedere con computer e new economy e molto a che fare con la neve fresca


Il laboratorio della Birdos è la versione svizzera di un garage da startup: una stanza al pianterreno di un vecchio chalet di pietra e legno nel centro di Andermatt, a un passo dal San Gottardo. Fuori non c’è insegna, e l’unico indizio di quel che succede all’interno è un vecchio paio di sci dal profilo tozzo, appeso sopra la porta d’ingresso. Sono sci da freeride, larghi al piede e fatti per galleggiare in neve fresca. Quella di preferire il fuoripista ai percorsi tracciati è una tendenza che viene dagli Stati Uniti, ma ultimamente ha preso piede anche nella vecchia Europa, dove le piste sono sempre più affollate e gli impianti sempre più cari.
Birdos non è certo l’unico produttore di questo genere di sci. Ma è uno dei pochi ad aver mantenuto lo spirito contagioso di chi ama condividere una passione ed è disposto ad aprire la sua officina, mostrandoci come si crea uno sci dall’inizio alla fine.
Pur essendo un’impresa ad alto contenuto innovativo, la start up elvetica ha poco a che vedere con computer e new economy. Dentro, i soffitti bassi e gli attrezzi sparsi danno l’impressione di una bottega artigianale, più che di un laboratorio tecnologico.
“Nessuno di noi è qui solo per fabbricare sci” dice Daniel Loutrel, il fondatore americano del marchio. “Quando c’è il sole siamo sempre in cerca di neve fresca. L’amore per la montagna viene prima di tutto”, aggiunge riassumendo lo spirito dell’impresa.
Photo by Martin Wabel
E’ proprio questa passione che nel 2004 porta Loutrel a trasferirsi da Boston al cuore delle Alpi svizzere. Ai tempi ha 25 anni e in testa un solo obiettivo: sciare il più possibile, nei più bei posti del mondo. E’ stufo dei pendii dolci di Colorado e Vermont e sogna di tuffarsi nelle verticalità delle montagne europee. Ha sentito parlare di Andermatt come di un paradiso del freeride: pochi impianti, tanto fuoripista e neve sempre abbondante, come dimostra la coltre bianca che ricopre il villaggio già ai primi di Novembre, quando visito il laboratorio. Ma i pochi soldi che Loutrel ha in tasca bastano a malapena per il biglietto aereo. Per l’attrezzatura nuova ha intenzione di arrangiarsi. Ha lavorato come falegname in piccoli cantieri navali sulla costa atlantica ed è un bravo bricoleur. Conosce il design innovativo creato da Shane McConkey – che ha rivoluzionato il freeride rendendo lo sci da alpinismo più simile a quello d’acqua – e ha in testa d’imitarlo e migliorarlo. Loutrel ha un amico con cui va spesso a sciare che usa ancora vecchi sci di metallo. A furia di usarli in fuoripista si sono piegati e l’amico ha rinunciato a raddrizzarli. Osservando la reazione degli sci, Loutrel ha avuto un’intuizione: oltre ad aumentare la larghezza dello sci, perché non creare inarcature apposte (rocker e camber, in gergo) per migliorarne le performance in fuoripista? Il primo paio prodotto nel garage di suo padre è tutt’altro che perfetto. Ma in backcountry funziona e sui fuoripista svizzeri riscuote un certo successo: la gente lo ferma per chiedergli dove si possono comprare. E’ lì che Loutrel – soprannominano Birdos dagli amici – comincia a immaginare di trasferirsi sulle Alpi del San Gottardo per vendere sci artigianali.
Da allora sono passati dieci anni e i suoi sci hanno attraversato varie fasi evolutive. Ha sperimentato con dimensioni, sciancrature, materiali e pesi differenti. Fino ad arrivare a elaborare tre modelli dai nomi esotici – Ghetto Chicken, Funky Monkey e Puder Luder – e grafiche accattivanti, che possono essere personalizzati e adattati alle esigenze dei singoli. Sono sci per chiunque ami il fuoripista, non solo per esperti.
Photo by Martin Wabel
“Molti clienti vengono da noi senza sapere esattamente cosa vogliono da un punto di vista tecnico. Per questo propongo di sciare insieme per capire il loro stile. E se non possono venire ad Andermatt, si lavora al telefono e via email per comprendere al meglio le esigenze”.
Ogni sci è realizzato con un’anima di legno ricoperta da 10 strati di fibra di vetro, carbonio e plastica. Per fabbricarlo ci vogliono 14 ore di lavoro. Il prodotto è costruito al 95% in questo piccolo laboratorio, stipato di dime, materiali e attrezzi. Giusto l’anima di legno e la sciolinatura del fondo sono creati esternamente. Il resto è fatto a mano da Loutrel e Eskill, il tecnico svedese che lo aiuta in laboratorio. Anche molte delle macchine utilizzate per fabbricare gli sci sono autoprodotte: quella per curvare le lamine, che ricorda una macchina per fare la pasta a mano; quella per sciancrare il profilo dello sci; e soprattutto la pressa idraulica, cuore dell’officina, rimessa a nuovo da Loutrel dopo più di 20 anni di abbandono. Il laboratorio porta ancora i segni di questa impresa, sotto forma di un buco nella parete davanti alla pressa, fatto da un bullone schizzato come un proiettile. Dopo averla completamente ristrutturata, Loutrel ne testa i limiti provando ad aumentare la pressione al massimo. Ma qualcosa va storto e le condutture esplodono scagliando molle e giunti in tutta la stanza.
“Ero in piedi davanti alla pressa e un attimo dopo mi sono ritrovato per terra con un bernoccolo gigantesco”, ricorda Eskill.
Photo by Martin Wabel
Da allora è stato aggiunto un manometro e non sono più successi incidenti. La pressa funziona con un impianto idraulico a 60 gradi, che salda gli strati attraverso la pressione e il calore. Contrariamente a quanto avviene nelle fabbriche industriali, dove le produzioni sono più serrate, Birdos permette allo sci di raffreddare gradualmente nella pressa, per ridurre gli stress sui materiali causati dalla variazione di temperatura.
“Così gli sci sono più stabili e durano di più”, sottolinea Loutrel. “E’ uno dei vantaggi di sfornare solo 80 paia l’anno”.
Un altro è la capacità di poter cambiare rapidamente il processo produttivo. Questo consente di avere maggiore flessibilità nella sperimentazione e nella personalizzazione dei prodotti.
Fino a qualche anno fa, Birdos era aiutata dal fatto che erano in pochi a fabbricare sci da freeride. Oggi c’è così tanta gente sulle piste che la voglia di allontanarsi dalla calca si è diffusa anche fra chi non appartiene all’elite di estremisti dello sport. Hanno cominciato gli snowboarder in cerca di neve vergine, e poi sono arrivati i freerider che, grazie ai nuovi design, in fresca riescono a galleggiare e divertirsi come chi va in tavola, senza essere limitati nei movimenti. Appena la pendenza viene a mancare, infatti, per gli snowboarder diventa dura. Mentre i freerider mantengono tutti i vantaggi di mobilità degli sci, comprese le pelli di foca.
La tendenza è stata colta anche dai grandi marchi, che ormai producono tutti serie da freeride, rubando fette importanti di mercato agli artigiani come Loutrel. Ai quali resta, però, la capacità di sperimentare più facilmente, anche se pure questo vantaggio si sta lentamente assottigliando.
“Continuo a testare piccole variazioni in materiali e spessori”, ammette Loutrel. “Ma credo che le prossime grandi rivoluzioni nel freeride, verranno da attacchi e scarponi, più che dagli sci”.
Questo complica gli affari per i piccoli produttori come Birdos, costringendoli a puntare tutto su qualità artigianale, servizio al cliente e capacità di personalizzare i prodotti.
by Martin Wabel
Per fortuna la filosofia del do it yourself è parte integrante dello spirito freerider, un po’ come nel surf, nello skate e nello snowboard. E l’idea di arrangiarsi, distinguersi ed evitare la grande distribuzione di massa contribuisce al senso di libertà alla base di questa disciplina. Per questo da Birdos non esistono due paia di sci totalmente identici e non c’è danno reputato impossibile da riparare.
“Su certi aspetti tecnologici non possiamo competere con le grandi industrie”, conclude Loutrel. “Ma il freeride non è solo velocità e precisione: è anche anticonformismo, sostenibilità e cura per il dettaglio”.

Pubblicato su Undici


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