giovedì 3 giugno 2010

INCHIESTA: Calcio Usa, sogno o realtà?


Pubblicato su Uomo Vogue:

Negli Stati Uniti il calcio c’è ma non si vede. Se fino a pochi anni fa questo sport era praticamente sconosciuto agli yankee, oggi la verità è che si pratica più del baseball e del football americano. Ma mentre è sempre più facile vedere ragazzi che giocano a pallone nei parchi o nelle scuole, non altrettanto si può dire dei tifosi che seguono le partite in televisione o allo stadio.
“La particolarità del calcio negli Stati Uniti è che si gioca molto ma si segue poco”, sottolinea Grant Wahl, giornalista sportivo che segue il soccer per Sport Illustrated.
Le ultime statistiche indicano che, a livello amatoriale, il calcio è lo sport più diffuso nel paese dopo il basket. Per essere un paese tradizionalmente ateo rispetto al pallone, da quando ospitarono i mondiali nel ’94 gli States hanno fatto passi da gigante: la nazionale si è sempre qualificata per la coppa del mondo, qualche americano è sbarcato nelle leghe europee e nel paese sono spuntati i primi stadi dedicati al calcio. Dopo vari tentativi falliti (come quello promosso da Pelè negli anni Settanta), anche il campionato locale della Major Soccer League è diventato una realtà stabile.
Il problema resta quello di sviluppare una base di tifosi in grado di dare linfa al soccer a stelle e strisce.
“Negli ultimi 15 anni siamo cresciuti in maniera eccezionale”, dice Alexi Lalas, ex giocatore della nazionale e primo americano a debuttare in Serie A con il Padova nel 1994. “Quello che impedisce al gioco di diventare veramente popolare è la mancanza di uno star system e la prominenza di altri sport, che diluisce inevitabilmente l’audience”.
A parte qualche rara eccezione, i professionisti del pallone in America sono ancora figure sconosciute al grande pubblico e guadagnano salari talmente modesti da essere spesso costretti a condividere casa fra compagni di squadra per ridurre le spese. Il miraggio di fama e ricchezza che spinge tanti giovani a tentare la carriera professionistica manca al soccer made in USA. Inoltre c’è una differenza culturale nel modo di seguire questo sport che ancora lascia gli americani un po’ perplessi.
“I tifosi non sono abituati a tenere il livello costante di attenzione per 90 minuti di fila. I match di baseball e al football sono scanditi da tempi morti, che la gente utilizza per rilassarsi e socializzare”, dice John Harkes, ex centrocampista della nazionale che giocò nella Premier League inglese.
Fino al 2000 le differenze culturali erano chiare anche nelle regole: il cronometro scorreva alla rovescia e si arrestava a palla ferma. E non era previsto che una partita potesse finire alla pari. I rigori erano imposti per timore che i tifosi non potessero concepire un pareggio finale.
“E’ una questione generazionale: il paese non è cresciuto con questo sport e ci vuole tempo per vedere aumentare il numero dei tifosi”, conclude Harkes.
Gli investimenti fatti dalle televisioni locali nel calcio, però, dimostrano che sono in molti a scommettere sulla crescita di questo mercato. Fox e Univision hanno creato programmi dedicati al pallone e Espn, principale emittente di sport, ha lanciato una massiccia campagna pubblicitaria per promuovere i mondiali, commissionando agli U2 una serie di canzoni scritte ad hoc insieme ad un gruppo sudafricano.
Anche la nazionale è sotto pressione per riuscire almeno ad approdare agli ottavi di finale.
“La crescita dello sport dipende molto dalla performance della nazionale ai mondiali”, fa notare Neil Buethe, portavoce della federazione US Soccer.
Nella scorsa edizione Team USA non ha passato il girone di eliminazione, lasciando il pubblico a bocca asciutta.
“Ma la delusione fu un segnale positivo perché mostra un’evoluzione nel modo di percepire questo sport”, sottolinea Buethe. “Oggi gli americani hanno delle aspettative nei confronti della propria squadra”.

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