venerdì 20 gennaio 2012

Button, il Golden Boy della Formula 1


Foto di Kerry Hallihan
Nessuno se n’è accorto, altrimenti ci sarebbe stata un’invasione di tifosi. Ma bastava salire al settimo piano di un parcheggio di lusso di Miami, disegnato dalle archistar svizzere Herzog & de Meuron, per vedere l’ex campione del mondo di Formula 1 Jenson Button giocare a nascondino fra le colonne di cemento, correre fra le macchine e farsi annaffiare con la canna dell’acqua. Button, così serio e posato in pista, si è prestato volentieri alle idee più bizzarre suggerite dal fotografo. Il pilota inglese della McLaren, solitamente circondato da un cordone che lo protegge e isola dalla gente comune, era lì alla portata di chiunque. L’unico che se n’è accorto è stato un turista tedesco, venuto a visitare questa stravaganza architettonica che celebra la cultura americana dell’automobile, inaugurata circa un anno fa dagli autori della Tate Modern di Londra e già divenuta una delle principali attrazioni di South Beach. Certo, negli Stati Uniti la Formula 1 non è famosa come nel resto del mondo e da queste parti Button è più libero di girare inosservato. Grazie alla sua numerosa comunità latinoamericana, però, Miami è un universo a sé. In molti hanno un debole per i piloti, da queste parti. E se per caso la fama del campione 2009 non bastasse, rimane la somiglianza con il cantante dei Cold Play Chris Martin a rischiare di metterlo, com’è già successo, in difficoltà. «Qualche tempo fa, mi ha fermato un’americana che giurava di avere tutti i miei dischi», racconta Button quando lo incontriamo al termine dello shooting. Contrariamente alla maggior parte dei suoi colleghi di F1, solitamente poco disponibili a scherzare con la stampa, il pilota trentunenne è ironico e sorridente. «Era talmente contenta, che mi sono fatto fotografare, lasciandole credere di essere Chris Martin».
Button passa per essere un playboy dei paddock. La bella presenza, sommata al fare spigliato, ha contribuito a creare questa nomea. Oggi, però, il pilota cerca di rinnegare l’immagine di sex symbol creata dai media. «Non piace a me e, ovviamente, neanche alla mia compagna», precisa riferendosi a Jessica Michibita, modella giapponese al suo fianco da tre anni. «L’idea è nata durante i miei primi anni in F1, quando effettivamente festeggiavo spesso e senza particolare motivo, visto che non avevo ancora vinto nulla».
Al debutto in F1 per la Williams nel 2000, il pilota fu accolto come la nuova promessa britannica: finì il suo primo campionato in ottava posizione e fu definito un enfant prodige. L’anno successivo, però, cominciò una lunga serie di stagioni deludenti. Da allora ha cambiato numerose squadre fino ad approdare alla Honda, che nel 2009 annuncia il ritiro dalla F1, lasciandolo effettivamente senza macchina. La carriera di Button sembra aver toccato il fondo, quando la scuderia è rilevata da Ross Brawn, che gli dà fiducia e lo conferma al suo posto. La nuova auto, rivoluzionata nel motore e nel design, si rivela una bomba e Button riesce a sfruttarla per vincere il suo primo titolo. Invece che restare con la Brawn, però, nel 2010 il pilota accetta l’offerta della McLaren per correre ad armi pari con l’arcirivale Lewis Hamilton, già con la squadra inglese.
Foto di Kerry Hallihan
«Lavoriamo insieme per migliorare la macchina, ma appena abbiamo addosso il casco è il mio nemico numero uno», dice Button. «Il 2009 rimane il mio anno migliore, ma ora sono più sicuro di me e mi diverto molto di più».
Per concentrarsi sulla sua carriera, dopo dieci anni vissuti nel Principato di Monaco, Button si è trasferito a Guernsey, piccola isola nel canale della Manica dove vive anche il suo manager. Lì conduce una vita sana, allenandosi almeno due volte al giorno e preparandosi per il triathlon, sua passione al di fuori delle corse. Spesso vola con un aereo privato alla fabbrica della McLaren, dove segue lo sviluppo della sua monoposto. Lontano dai circuiti, Button ormai guida raramente. Possiede varie auto, fra cui una Ferrari Enzo e un minivan della Volkswagen del 1956 con un motore truccato da 195 cavalli. Ma per le strade tortuose di Guernsey usa una Mini, che è più pratica. «Da quando ho comprato la Ferrari, l’ho guidata solo due volte», confessa il pilota. Oltre a essere un paradiso fiscale, l’isola è un rifugio perfetto per chi come lui può permettersi di prendere un aereo ogni volta che vuole scappare dalla pioggia, «l’unico vero limite del posto». Ed è sufficientemente lontana dalle tentazioni notturne di Londra da tenere a bada la voglia del pilota di fare baldoria. «Se vivessi in una metropoli, finirei con l’uscire tutte le sere», ammette. Invece, il pilota è troppo concentrato sulla sfida per riconquistare il titolo e primeggiare su Hamilton. Questa stagione ha si è dovuto accontentare del secondo obiettivo, essendo arrivato subito dietro al campione della Red Bull, Sebastian Vettel. Ma il calendario dell’anno prossimo è già pianificato giorno per giorno, con allenamenti studiati per migliorare le sue prestazioni. Anche qui a Miami, dove teoricamente è venuto per riposarsi, è accompagnato dal preparatore atletico personale, Mike Collier, e si è iscritto a una gara di bicicletta di 90 chilometri. Di tutti questi allenamenti e sfide, Button tiene costantemente aggiornati i suoi fans via Twitter. «Preferisco informarli direttamente invece che farlo attraverso i giornali, che a volte fraintendono le mie parole», dice Button prima di concludere con tono scherzosamente minaccioso: «Quindi attenzione a ciò che scrivete nell’intervista, altrimenti vi smentisco». 

Pubblicato su L'Uomo Vogue

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