giovedì 9 gennaio 2014

Luca Parmitano, the Italian Space Walker

Photo by Alexo Wandael
Da bambini molti sognano di fare l’astronauta, ma sono pochi quelli che ci riescono una volta cresciuti. Luca Parmitano è fra quei pochi, ed è anche il primo italiano ad aver camminato nello spazio.
“E’ un sogno che mi porto appresso da sempre. E’ solo cambiata la consapevolezza di quanto lavoro serve per poterlo realizzare”, dice il trentasettenne di Paternò al telefono dalla base della Nasa a Houston, Texas.
La sua prima missione a bordo della Stazione Spaziale Internazionale è terminata con successo meno di due mesi fa. Ma Parmitano è ancora impegnato nella fase post-volo, che consiste in esercizi di ricondizionamento fisico e test per verificare le reazioni del suo corpo alla permanenza nello spazio, durata quasi sei mesi. Vivere così a lungo in assenza di gravità disabitua l’uomo a usare i piccoli muscoli che aiutano l’equilibrio.
“Rientrare a Terra è stato uno shock. Sembrava di camminare portando me stesso sulle spalle”, dice Parmitano che, nonostante il suo fisico atletico, la prima settimana dall’atterraggio è stato costretto a camminare molto lentamente per non perdere l’equilibrio.
Non che nello spazio il pilota dell’Aeronautica italiana non fosse impegnato. La sua giornata tipo comprendeva 8 ore di lavoro e 2 di esercizio fisico. Oltre alle sue mansioni specialistiche, ogni membro dell’equipaggio è anche cuoco, medico e scienziato. Durante il suo soggiorno sulla ISS, il maggiore ha dovuto compiere decine di esperimenti medici in cui lui stesso era la cavia.
Photo by Alexo Wandael
Come ingegnere abilitato a manovrare il braccio robotico della stazione, Parmitano ha assistito l’attracco di un paio di navicelle in arrivo dalla Terra. E ha compiuto due passeggiate fuori dalla ISS, guadagnando il primato di Italian Spacewalker. Proprio durante una di queste missioni, ha anche affrontato una delle pochissime emergenze capitate in una Extravehicular Activity, come in gergo sono chiamate le camminate nello spazio. Mentre stava lavorando agganciato al guscio esterno della ISS, sospeso nel nulla siderale, Parmitano ha cominciato a sentire dell’acqua che gli saliva per la nuca. All’inizio ha pensato fosse sudore dovuto alla fatica. Le tute spaziali sono pressurizzate e qualsiasi movimento richiede uno sforzo notevole. Appena comunicata questa sensazione alla base, però, i tecnici terrestri hanno deciso di interrompere la missione, chiedendo a Parmitano di rientrare sulla ISS. A causa di una perdita nel circuito di trasporto della condensa della tuta, dopo pochi istanti l’astronauta si è trovato con circa un litro d’acqua nel casco, che lo rendeva semicieco e gli impediva di comunicare e respirare correttamente. E’ solo grazie al suo sangue freddo e a un cavo d’emergenza che ha seguito come Pollicino, se Parmitano è tornato salvo a bordo. Ma se in quella situazione ha provato paura, l’astronauta non lo dice.
“La capacità di pensare in modo lineare durante momenti di rischio è dovuta all’addestramento che ho ricevuto. Solo dopo prendi consapevolezza e senti un brivido lungo la schiena”.
Photo by Alexo Wandael
Gli incidenti di percorso e l’intensa routine di lavoro non vogliono dire, però, che non ci siano stati anche momenti di relax durante la missione. Ogni cosmonauta può portare a bordo della stazione un chilo e mezzo di effetti personali, che Parmitano ha investito quasi interamente in libri e musica: rock, jazz, fusion e classica. Ogni volta che ne aveva l’occasione si ritirava nella Cupola, sorta di finestra panoramica per osservare la Terra illuminata da una delle 16 albe che si susseguono dallo spazio e scattare foto.
“Vista da lassù la Terra è meravigliosa. Se fossi un viaggiatore alieno non vorrei fare altro che scendere a vedere com’è”.
Viaggiatore alieno? Sì, avete letto bene: ha detto alieno. Possibile che un astronauta vero, un militare tutto d’un pezzo come lui possa davvero credere che esistano forme di vita oltre la nostra?
“Con tutto lo spazio che c’è, sarebbe un peccato sprecarlo”, risponde Parmitano con un sorriso nella voce. “Mi piace pensare che da qualche parte, in qualche altro mondo, esista qualcosa di paragonabile a quello che noi chiamiamo vita. Che poi sia simile o completamente differente, questa è una risposta che lascio a chi avrà l’opportunità di esplorare lo spazio in un futuro”.
Detto da uno spacewalker come lui, c’è da crederci.


Pubblicato su L'Uomo Vogue

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