martedì 9 settembre 2014

Per un pugno di....pepite

Photo by Sarina Finkelstein
Quest'anno in California la crisi e la siccità degli ultimi mesi hanno spinto molti a tentare l'avventura: comprano carriole, pale, setacci e iniziano a cercare lungo il fiume. C'è chi trova pepite. Ma il vero tesoro è....vivere nella natura.

Quest’anno il sole della California è tornato a scaldare la febbre dell’oro. Negli ultimi mesi lo stato americano è stato colpito da una siccità record che ha messo a repentaglio l’agricoltura e imposto ai suoi abitanti limitazioni nel consumo dell’acqua. Oltre a portare danni e preoccupazione, però, l’abbassamento del livello di laghi e fiumi ha reso accessibili luoghi prima nascosti dall’acqua, innescando una nuova corsa all’oro.

Con il mercato del lavoro ancora in affanno e il prezzo del metallo prezioso ai massimi storici, molti nuovi cercatori si sono presentati nei vecchi empori dei villaggi della Sierra Nevada per dotarsi di pala, setaccio e batea, il piatto che si usa per raccogliere l’oro, da sempre simbolo dei cercatori.

“Negli ultimi mesi abbiamo registrato un aumento delle vendite del 20-25%”, dice Heather Willis, proprietaria del principale negozio di attrezzatura per minatori di Auburn, storica cittadina di minatori a due ore da San Francisco. “La maggior parte dei nuovi cercatori sono neofiti, attratti dall’idea di scoprire nuovi siti resi accessibili dalla siccità”.

Photo by Sarina Finkelstein
In realtà, la possibilità di diventare ricchi scoprendo una miniera intonsa sono scarsissime. Dall’avvento dei 49ers, come furono chiamati i pionieri che per primi si misero in cerca del prezioso metallo nel 1849, il territorio è già stato battuto in lungo e in largo. E anche fra i cercatori della prima ora, quelli che fecero i soldi furono davvero pochi. Chi si arricchì veramente furono più che altro i produttori di forniture: John Studebaker fece fortuna vendendo carriole ai minatori prima di diventare famoso con le sue automobili; Henry Wells e William Fargo crearono quella che resta una delle principali banche americane prestando soldi ai cercatori; e Levi Strauss inventò i jeans per soddisfare il bisogno dei cavatori di pantaloni resistenti.

Molti nuovi cercatori sono consapevoli di queste difficoltà e cercano più che altro una scusa per immergersi nella natura e passare qualche ora all’aperto.

“Il più grande errore è credere di trovare una fortuna”, avverte Willis. “L’oro c’è, ma difficilmente è abbastanza per diventare ricchi. Di solito vediamo gente tornare con un massimo di 250 dollari d’oro”.

Questo vale per la media dei casi. Ma, come i giocatori che entrano al casinò sperando di uscirne con le tasche piene, nulla vieta ai cercatori di sognare di scovare una nuova miniera, diventando l’eccezione che conferma la regola.

Photo by Sarina Finkelstein
D’altronde il mito della California come terra dove tutto è possibile nasce proprio con la prima corsa all’oro che si scatena a metà Ottocento, trasformando il futuro Golden State in una terra di facili arricchimenti e infinite possibilità. Nel giro di pochi anni, sono recuperate decine di tonnellate d’oro e San Francisco passa dall’essere un villaggio sonnecchiante di 200 anime a uno snodo commerciale di oltre 100.000 abitanti. Il miraggio del successo facile attira immigrati da tutto il mondo e forgia una mentalità lontana da quella puritana dei padri pellegrini del New England, che vede nel fallimento un peccato. I cercatori d’oro sanno che, oltre a sudore e fatica, ci vuole fortuna per scovare le pepite e questo gli insegna a prendere gli insuccessi come occasioni per reinventarsi e ricominciare: nasce così il mito dell’American Dream.

Da allora il Golden State ha fatto da incubatore per molti altri boom economici – da Hollywood alla Silicon Valley – ma la febbre dell’oro, ufficialmente conclusa nel 1855, non si è mai del tutto estinta: ogni volta che una crisi economica toglie lavoro e fa crescere il prezzo del metallo prezioso, c’è chi rispolvera pala e padella per rimettersi in caccia della fenice dorata. E’ successo dopo la Grande Depressione degli anni ’30, dopo la crisi energetica degli anni ’70 e dopo quella finanziaria degli anni ’80. Ed è risuccesso anche dopo il crack del 2008.

“Trovare un nuovo sito, spostare rocce, scoprire l’oro – questo è quello che mi dà il brivido”, dice Olan, cercatore 57enne incontrato dall’autrice delle foto del servizio mentre setacciava le rive dello Stanislaus River. “Sono stato sposato tre volte, ho quattro figli e un nipote. Ma torno sempre nella foresta. Solo qui riesco a riposare la mente e ritrovare me stesso”.

Photo by Sarina Finkelstein
Questa generazione di cercatori contemporanei ricorda molto quelli che nell’Ottocento setacciarono le viscere della California in preda alla febbre del metallo prezioso. Contrariamente a chi oggi vive quest’attività solo come un passatempo, gente come Olan investe nella ricerca tutte le sue energie, perdendosi per mesi nelle montagne californiane e vivendo in maniera simile ai 49ers originali. Per questi cercatori, la caccia all’oro resta una faccenda romantica e solitaria. Le storie di minatori che affrontano ostacoli di ogni genere alla ricerca del tesoro abbondano. Gente come Steve, gallese arrivato in California alla fine del 2012, a cui rubano tutto mentre setaccia il letto di un fiume: vestiti, cibo e soldi. Dopo aver affrontato un viaggio glaciale con indosso solo una maglietta, Steve riesce a raggiungere il campo di un altro minatore. E’ affamato e mezzo assiderato, ma anziché rinunciare a tutto si rimette al lavoro e nel giro di pochi mesi recupera il maltolto grazie all’oro scavato.

Come i loro predecessori, i cercatori moderni sono gente che vive d’espedienti, con tanta voglia di misurarsi con la natura e ritrovare se stessi attraverso questa sfida. Indipendentemente dalla molla che fa scattare la febbre dell’oro – fame di avventura, mancanza di alternative, spirito d’intraprendenza – questi pionieri contemporanei sono accomunati dalla brama di trovare qualcosa che li renda felici. Un senso di realizzazione che, in mancanza di pepite giganti, spesso finiscono col trovare nei lunghi periodi vissuti lontani dal mondo, a stretto contatto con la maestosa natura delle foreste californiane.

Pubblicato su Io Donna

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