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Occupy Wall Street by Lalo Alcaraz |
Si scrive Occupy, ma si pronuncia
occupai. E in italiano, il suono del
nome finisce per descrivere bene lo stato attuale del movimento anticapitalista
nato l’anno scorso dall’occupazione del centro finanziario di New York. Dopo
aver catturato l’attenzione del pubblico americano per vari mesi con proteste e
occupazioni contro lo strapotere delle corporazioni, il movimento di Occupy Wall Street sembra infatti già
appartenere al passato remoto. Tutti i presidi sorti in giro per gli Stati
Uniti sono stati sgomberati. Una spedizione che quest’estate ha attraversato
l’intero paese per dare supporto ed energia al movimento è fallita. E per il
primo anniversario della protesta, caduto a metà settembre, a New York sono
scese in piazza sì e no duemila persone: meno dei poliziotti chiamati a
vigilarle.
Con le elezioni presidenziali alle porte, questo avrebbe dovuto essere
l’anno della riscossa del movimento. Come lo è stato per il Tea Party, ala
radicale dei conservatori riuscita addirittura a imporre ai repubblicani la
candidatura di Paul Ryan accanto a Mitt Romney. Invece la rivolta dei 99%
sembra ormai essere evaporata, ridotta ai margini della battaglia dalla
mancanza di un’organizzazione centrale e un progetto condiviso. Ma come ha
fatto un movimento che solo l’anno scorso galvanizzava l’America a squagliarsi
come una medusa al sole?