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Occupy Wall Street by Lalo Alcaraz |
Si scrive Occupy, ma si pronuncia
occupai. E in italiano, il suono del
nome finisce per descrivere bene lo stato attuale del movimento anticapitalista
nato l’anno scorso dall’occupazione del centro finanziario di New York. Dopo
aver catturato l’attenzione del pubblico americano per vari mesi con proteste e
occupazioni contro lo strapotere delle corporazioni, il movimento di Occupy Wall Street sembra infatti già
appartenere al passato remoto. Tutti i presidi sorti in giro per gli Stati
Uniti sono stati sgomberati. Una spedizione che quest’estate ha attraversato
l’intero paese per dare supporto ed energia al movimento è fallita. E per il
primo anniversario della protesta, caduto a metà settembre, a New York sono
scese in piazza sì e no duemila persone: meno dei poliziotti chiamati a
vigilarle.
Con le elezioni presidenziali alle porte, questo avrebbe dovuto essere
l’anno della riscossa del movimento. Come lo è stato per il Tea Party, ala
radicale dei conservatori riuscita addirittura a imporre ai repubblicani la
candidatura di Paul Ryan accanto a Mitt Romney. Invece la rivolta dei 99%
sembra ormai essere evaporata, ridotta ai margini della battaglia dalla
mancanza di un’organizzazione centrale e un progetto condiviso. Ma come ha
fatto un movimento che solo l’anno scorso galvanizzava l’America a squagliarsi
come una medusa al sole?
“Non abbiamo saputo dialogare con il pubblico e coinvolgerlo”, ammette
Michael Levitin giornalista che lavora per il sito Occupy.com e sta scrivendo
un libro sulla storia del movimento. “Purtroppo oggi l’americano medio associa
il termine Occupy con un gruppo di estremisti che sanno poco dei problemi dei
cittadini”.
E dire che il movimento era nato proprio sullo slogan “We are the 99%”. Anche per questo, il morale fra i circa duecento
attivisti che continuano a formare la spina dorsale della protesta è piuttosto
a terra. A un anno dall’inizio delle manifestazioni, i problemi del paese non
sono cambiati, ma la forza propulsiva per affrontarli sembra venuta meno.
L’influenza delle grandi corporazioni sul processo politico è in aumento,
grazie a una recente decisione della Corte Costituzionale che permette ai
partiti di ricevere finanziamenti illimitati e anonimi. Le ultime statistiche
mostrano che la ricchezza dell’1% di americani continua a crescere a scapito
della classe media, che sta assistendo al progressivo arretramento della sua
posizione. Ma chi cavalca questo malcontento sono partiti minori come il Green
Party e il Justice Party, che si sono appropriati del lessico inventato a
Zuccotti Park. E hanno rilanciato con successo la lotta contro le disparità
economiche e sociali, che per un momento era stata monopolizzata dalla crociata
di Occupy.
L’incredulità davanti a questa situazione è palpabile fra gli attivisti, e
sul sito del movimento c’è chi si pone delle domande: “Dove siete finiti?”, si
legge in una lettera anonima pubblicata su Occupy.com. “Sei mesi di
accampamenti, proteste e tamburi non hanno cambiato la democrazia americana e
quindi avete rinunciato?”.
Certo, c’è ancora chi crede che un risveglio del movimento sia possibile,
ricordando come OWS abbia inciso in
modo indelebile sul dibattito politico domestico.
“Prima di noi, pochi avevano il coraggio di parlare apertamente delle colpe
della Borsa e dello strapotere delle corporazioni”, sottolinea Peter Rugh,
attivista e veterano dell’occupazione di Zuccotti Park da cui nacque la
protesta. “Ora questi temi sono sulla bocca di tutti i politici”.
Ma quell’energia rivoluzionaria che l’anno scorso ha spinto migliaia di
persone a scendere in piazza e piantare tende colorate fra i grattacieli di
Downtown sembra difficile da ricreare. Fino ad ora il movimento ha misurato la
sua forza sull’organizzazione spontanea e la presenza in strada. A giudicare
dalle ultime manifestazioni, però, è chiaro che qualcosa debba cambiare.
“Per cambiare il sistema ci vuole tempo, mentre il pubblico pretende
risultati immediati”, dice Rebecca Manski, una delle organizzatrici di OWS.
“Dobbiamo trovare nuove forme per coinvolgere i giovani”.
Il rischio, altrimenti, è che il nome del movimento si trasformi
definitivamente in Occupied, passando
al passato remoto anche in inglese.
Pubblicato su Tu Style
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