Pubblicato su Io Donna:
Con Mark Zuckerberg ha fondato il più famoso social network mai esistito. Poi ha organizzato la campagna presidenziale online per Obama. Ora rilancia con Jumo.com, sorta di Facebook per chi ha a cuore le cause umanitarie.
Ha cominciato a lavorare usando la tecnologia per aiutare la gente a restare in contatto con gli amici. Poi per coinvolgerla nel cambiare la politica americana. E ora vorrebbe servirsene per aiutare il mondo. Dopo aver rivoluzionato il concetto di social network fondando Facebook insieme a Mark Zuckerberg, Chris Hughes ha coordinato la campagna online delle presidenziali per Barack Obama, mobilitando milioni di persone e dimostrando le potenzialità politiche della rete.
A dicembre, questo idealista di ventisette anni ha lanciato un nuovo social network dedicato alle associazioni no profit che ha già migliaia di utenti. Jumo (www.jumo.com) è una sorta di Facebook per chi vuole fare del bene: mira a connettere persone interessate ad impegnarsi in cause umanitarie fra loro e con associazioni che operano sul campo. Il sito aiuta gli utenti a restare in contatto con le organizzazioni no profit, aggiornandoli sui loro progetti e rendendo più semplice l'offerta di supporto.
Come funziona Jumo?
“Un po’ come Facebook, ma per gente interessata ad argomenti di carattere umanitario. Quando ci s’iscrive si scelgono le proprie aree d’interesse come sanità, educazione, ambiente. Poi il sito suggerisce una serie di organizzazioni da connette che operano in questi campi. Si crea così una rete per seguire queste organizzazioni e scambiare informazioni, intavolare dibattiti, conoscere gente e coinvolgere amici”.
Com’è nata l’idea?
“Volevo contribuire alla lotta contro le ingiustizie del mondo. Il modo più efficace mi è sembrato quello di sfruttare la mia esperienza per costruire una piattaforma che potesse facilitare il coinvolgimento del pubblico attraverso la rete”.
Che relazione ha Jumo con FB?
“Formalmente nessuna, ma abbiamo costruito il nostro sito utilizzando la tecnologia di Facebook Connect, per sfruttare al massimo la valenza sociale del sito. Questo permette a chi si iscrive a Jumo di trasferire automaticamente tutti i contatti in modo da avere un’esperienza sociale simile a quella che si ha su Facebook. Al momento, per iscriversi a Jumo occorre avere un profilo su Facebook, ma in futuro questo cambierà”.
Quante persone lavorano per Jumo?
“Al momento siamo una piccola start-up formata da otto persone con sede a New York”.
Molte organizzazioni umanitarie hanno già un sito internet. Jumo non rischia di essere una duplicazione?
“Jumo serve a migliore la presenza online di queste organizzazioni e a facilitare il coinvolgimento del pubblico, non a sostituirsi ai loro siti. Le sue pagine sono strutturate in modo tale da fornire un profilo immediato delle organizzazioni umanitarie: il campo in cui operano, dove sono presenti, con quali progetti. E a seguire i dibattiti in corso su vari social network come Facebook o Twitter. E’ un’ottima risorsa soprattutto per associazioni che non possono permettersi di investire risorse per migliorare i loro siti. Jumo le aiuta a divulgare il loro messaggio in maniera più efficace”.
Come farà Jumo a mantenersi?
“Pur essendo un’organizzazione no profit, vogliamo cercare di essere autosufficienti, in modo da non dover dipendere da donazioni esterne. Quando i nostri utenti fanno una donazione ad un’associazione attraverso Jumo, possono scegliere di devolvere una piccola somma anche a noi, come una mancia per il servizio offerto. E in futuro speriamo anche di guadagnare veicolando pubblicità dai contenuti etici”.
Non teme che organizzazioni estremiste possano approfittare del sito per raccogliere finanziamenti spacciandosi per associazioni umanitarie?
“Proprio per evitare frodi, al momento possono ricevere donazioni solo le associazioni che hanno ottenuto lo status di no profit da parte del governo americano. Presto però contiamo di includere anche organizzazioni che hanno una certificazione simile rilasciata dal loro paese d’origine”.
Perché ha lasciato Facebook?
“Mark [Zuckerberg] ed io eravamo compagni di stanza ad Harvard. Nel 2004 l’ho aiutato a lanciare Facebook, occupandomi della promozione. Dopo due anni volevo cimentarmi in una nuova sfida. Quando mi hanno proposto di coordinare la campagna online di Obama ho colto l’occasione al volo. Era l’opportunità giusta per contribuire a cambiare la situazione politica”.
Cosa ne pensa del film Social Network, dove è stato ritratto insieme a Mark Zuckerberg?
“E’ divertente, ma resta uno spettacolo d’intrattenimento. Ha ragione Mark [Zuckerberg] a dire che la cosa più vera del film sono i sandali portati dal suo alter ego. Il resto viene dalla fantasia di Aaron Sorkin [lo sceneggiatore, ndr]. Ma non mi sorprende: Hollywood è più interessata a creare un film di successo, che un documento storico”.
E del fatto che Zuckerberg sia stato nominato da Time uomo dell’anno 2010?
“E’ una cosa eccezionale, soprattutto per una persona così giovane. Ma è del tutto meritata: Mark è riuscito a trasformare una semplice idea in uno strumento che ha cambiato il modo di comunicare di oltre 500 milioni di persone”.
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