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Photo by Mark Seliger |
Pubblicato su L'Uomo Vogue:
Due album in uscita (con gli Stooges e da solista) e una sana antipatia per quelli che lo credono "ammansito". A loro ribatte mettendosi a nudo. Letteralmente
Teoricamente James
Osterberg avrebbe dovuto già essere morto più volte: per le ferite che si è
procurato sul palco percuotendosi con qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. Per
i tuffi di testa fatti sul pubblico che a volte si è spostato abbandonandolo al
suo destino. E per le enormi quantità di droga che ha consumato negli anni più
turbolenti della sua lunga carriera da rockstar.
Quest’anno, invece,
l’iguana della musica punk, in arte Iggy Pop, compie 64 anni. E un paio di
settimane fa ci ha chiamato dalla sua casa di Miami.
L’appuntamento è a
mezzogiorno. E alle dodici in punto il telefono già squilla.
“Sono Iggy, c’è Nicola?”
“Ciao Iggy, sono io”.
Segue un silenzio che
dura qualche istante, spezzato da una fragorosa risata.
“Scusa, mi aspettavo
fossi una donna”, dice con tono un po’ deluso il leader degli Stooges, band
capostipite del movimento punk-rock. “Negli Stati Uniti, Nicola è un nome
femminile….”
Pop è un leggendario
seduttore. La fama risale a quando, appena maggiorenne, riuscì a conquistare Nico,
modella e musa di Andy Warhol. Ed è poi cresciuta grazie agli appetiti
promiscui del musicista, alla sua abitudine di girare sempre mezzo nudo e a
quell’aria da stella maledetta coltivata insieme all’amico David Bowie, con cui
negli anni Settanta ha condiviso scorribande ed eccessi. L’amicizia fra i due è
durata a lungo ed ha aiutato Pop a superare i momenti più bui della sua
carriera. Quando, mentre languiva dimenticato dal pubblico e perso nelle
droghe, sopravviveva grazie ai diritti delle canzoni scritte da lui e trasformate
in successi mondiali da Bowie.
Ora però i tempi sono
cambiati: sono trascorsi sette anni dall’ultima volta che ha parlato al
telefono con il duca bianco. Dai ritmi frenetici di New York, dove per anni ha
vissuto sul filo del rasoio, è passato a quelli più sonnolenti di Miami. E la
rabbia che alimentava canzoni come Lust
For Life e Raw Power sembra
attenuata.
“La voglia di dare un
po’ calci in faccia non mi è passata, ma non sento di dover più dimostrare
niente a nessuno”.
Sarà per questo che,
oltre ad un nuovo album con gli Stooges, Pop sta registrando da solista cover lontane
anni luce dal suo genere: dalla La Vie en
Rose di Edith Piaf a Only the Lonely di
Sinatra, passando per le ballate di Cole Porter e Serge Gainsbourg.
Anche il suo linguaggio,
pur sempre colorito da mitragliate di parolacce, è diventato più attento a non
offendere, per paura di diventare “bersaglio facile per critici e tribunali”.
Questo, però, non lo
ferma dal parlare in modo franco di ciò che lo riguarda.
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Photo by Mark Seliger |
“Ho bisogno di
visibilità per sopravvivere. E non avendo il talento di un Pavarotti, devo
compensare con la mia personalità. Ma essere famosi è come cucinare con tanto
grasso e fiamma alta: se non stai attento, rischi di bruciarti”.
Pur avendo avuto grande
influenza sulla storia del rock, come conferma la recente inclusione nella Hall of Fame americana, la sua musica ha
sempre alternato picchi di popolarità a periodi di semioblio. Grande
sperimentatore, Pop è partito dai ritmi scatenati degli Stooges, che hanno ispirato
band come Sex Pistols e Ramones, per arrivare a comporre da solista pezzi metal
e jazz, prestare la sua voce in film come Persepolis
e partecipare a reality come American
Idol.
Senza rinnegare nulla, oggi
Pop non si fa condizionare troppo dal personaggio dell’eterno ribelle costruito
in passato, evitando forse il rischio di diventare la caricatura di se stesso.
Vive una vita sana,
svegliandosi presto e praticando Tai Chi. Abita in una casa poco distante
dall’oceano con un bel giardino e alberi da frutto. Ogni mese passa almeno una
settimana alle Cayman Islands, dove “a nessuno importa chi sono e cosa ho fatto
nella vita”. E quando vuole lavorare va nel suo studio in un quartiere
d’immigrati haitiani, che considera “una delle zone più vere e interessanti di
Miami”.
“Ho ancora voglia di
reinventarmi, pur mantenendo alcune vecchie abitudini”.
Come quella di passare
più tempo possibile senza vestiti addosso.
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Photo by Mark Seliger |
“Se proprio devo, al
massimo m’infilo un costume da bagno”, dice sottolineando di essere
completamente nudo al telefono.
Durante i concerti, poi,
è ancora pronto a lanciarsi sulla folla in delirio. Oggi è solo più attento a
valutare l’ambiente in cui si trova a suonare. Ha imparato a sue spese,
infatti, che non sempre il pubblico è disposto ad assecondare la sua passione
per lo stage diving. Qualche anno fa,
è stato invitato a partecipare a un concerto di beneficienza per il Tibet organizzato
da Philip Glass a Carnegie Hall, tempio della musica colta newyorkese.
L’orchestra suonava i suoi pezzi senza energia e, dopo un paio di canzoni, Pop
ha pensato di scaldare l’ambiente buttatosi testa in avanti sulle prime file. Senza prevedere che i partecipanti si sarebbero scansati con una certa
indifferenza.
“Per fortuna non sono
tutti così ed esiste ancora un pubblico disposto ad accogliermi a braccia
aperte”, dice ridendo.
Guai però a chiedergli
se si sente ormai ammansito dagli anni, pena la minaccia di sentirsi riagganciare
il telefono in faccia.
“C’è chi mi avrebbe
rispettato di più se avessi rifiutato di parlarti”, risponde quando gli
ricordiamo che un tempo era famoso per maltrattare i giornalisti mentre ora
sembra così disponibile. “Ma a questo punto non m’importa”, aggiunge prima di
concludere la telefonata con un saluto degno di Iggy
Pop: “You have a good day and all that shit, ok?”.
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