martedì 6 dicembre 2011

Iggy Pop: Il rocker che sfida il tempo

Photo by Mark Seliger
Pubblicato su L'Uomo Vogue:
Due album in uscita (con gli Stooges e da solista) e una sana antipatia per quelli che lo credono "ammansito". A loro ribatte mettendosi a nudo. Letteralmente

Teoricamente James Osterberg avrebbe dovuto già essere morto più volte: per le ferite che si è procurato sul palco percuotendosi con qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. Per i tuffi di testa fatti sul pubblico che a volte si è spostato abbandonandolo al suo destino. E per le enormi quantità di droga che ha consumato negli anni più turbolenti della sua lunga carriera da rockstar.
Quest’anno, invece, l’iguana della musica punk, in arte Iggy Pop, compie 64 anni. E un paio di settimane fa ci ha chiamato dalla sua casa di Miami.
L’appuntamento è a mezzogiorno. E alle dodici in punto il telefono già squilla.
“Sono Iggy, c’è Nicola?”
“Ciao Iggy, sono io”.
Segue un silenzio che dura qualche istante, spezzato da una fragorosa risata. 
“Scusa, mi aspettavo fossi una donna”, dice con tono un po’ deluso il leader degli Stooges, band capostipite del movimento punk-rock. “Negli Stati Uniti, Nicola è un nome femminile….”
Pop è un leggendario seduttore. La fama risale a quando, appena maggiorenne, riuscì a conquistare Nico, modella e musa di Andy Warhol. Ed è poi cresciuta grazie agli appetiti promiscui del musicista, alla sua abitudine di girare sempre mezzo nudo e a quell’aria da stella maledetta coltivata insieme all’amico David Bowie, con cui negli anni Settanta ha condiviso scorribande ed eccessi. L’amicizia fra i due è durata a lungo ed ha aiutato Pop a superare i momenti più bui della sua carriera. Quando, mentre languiva dimenticato dal pubblico e perso nelle droghe, sopravviveva grazie ai diritti delle canzoni scritte da lui e trasformate in successi mondiali da Bowie.
Ora però i tempi sono cambiati: sono trascorsi sette anni dall’ultima volta che ha parlato al telefono con il duca bianco. Dai ritmi frenetici di New York, dove per anni ha vissuto sul filo del rasoio, è passato a quelli più sonnolenti di Miami. E la rabbia che alimentava canzoni come Lust For Life e Raw Power sembra attenuata.
“La voglia di dare un po’ calci in faccia non mi è passata, ma non sento di dover più dimostrare niente a nessuno”.
Sarà per questo che, oltre ad un nuovo album con gli Stooges, Pop sta registrando da solista cover lontane anni luce dal suo genere: dalla La Vie en Rose di Edith Piaf a Only the Lonely di Sinatra, passando per le ballate di Cole Porter e Serge Gainsbourg.
Anche il suo linguaggio, pur sempre colorito da mitragliate di parolacce, è diventato più attento a non offendere, per paura di diventare “bersaglio facile per critici e tribunali”.
Questo, però, non lo ferma dal parlare in modo franco di ciò che lo riguarda.
Photo by Mark Seliger
“Ho bisogno di visibilità per sopravvivere. E non avendo il talento di un Pavarotti, devo compensare con la mia personalità. Ma essere famosi è come cucinare con tanto grasso e fiamma alta: se non stai attento, rischi di bruciarti”.
Pur avendo avuto grande influenza sulla storia del rock, come conferma la recente inclusione nella Hall of Fame americana, la sua musica ha sempre alternato picchi di popolarità a periodi di semioblio. Grande sperimentatore, Pop è partito dai ritmi scatenati degli Stooges, che hanno ispirato band come Sex Pistols e Ramones, per arrivare a comporre da solista pezzi metal e jazz, prestare la sua voce in film come Persepolis e partecipare a reality come American Idol.
Senza rinnegare nulla, oggi Pop non si fa condizionare troppo dal personaggio dell’eterno ribelle costruito in passato, evitando forse il rischio di diventare la caricatura di se stesso.
Vive una vita sana, svegliandosi presto e praticando Tai Chi. Abita in una casa poco distante dall’oceano con un bel giardino e alberi da frutto. Ogni mese passa almeno una settimana alle Cayman Islands, dove “a nessuno importa chi sono e cosa ho fatto nella vita”. E quando vuole lavorare va nel suo studio in un quartiere d’immigrati haitiani, che considera “una delle zone più vere e interessanti di Miami”.
“Ho ancora voglia di reinventarmi, pur mantenendo alcune vecchie abitudini”.
Come quella di passare più tempo possibile senza vestiti addosso.
Photo by Mark Seliger
“Se proprio devo, al massimo m’infilo un costume da bagno”, dice sottolineando di essere completamente nudo al telefono.
Durante i concerti, poi, è ancora pronto a lanciarsi sulla folla in delirio. Oggi è solo più attento a valutare l’ambiente in cui si trova a suonare. Ha imparato a sue spese, infatti, che non sempre il pubblico è disposto ad assecondare la sua passione per lo stage diving. Qualche anno fa, è stato invitato a partecipare a un concerto di beneficienza per il Tibet organizzato da Philip Glass a Carnegie Hall, tempio della musica colta newyorkese. L’orchestra suonava i suoi pezzi senza energia e, dopo un paio di canzoni, Pop ha pensato di scaldare l’ambiente buttatosi testa in avanti sulle prime file. Senza prevedere che i partecipanti si sarebbero scansati con una certa indifferenza.
“Per fortuna non sono tutti così ed esiste ancora un pubblico disposto ad accogliermi a braccia aperte”, dice ridendo.
Guai però a chiedergli se si sente ormai ammansito dagli anni, pena la minaccia di sentirsi riagganciare il telefono in faccia.
“C’è chi mi avrebbe rispettato di più se avessi rifiutato di parlarti”, risponde quando gli ricordiamo che un tempo era famoso per maltrattare i giornalisti mentre ora sembra così disponibile. “Ma a questo punto non m’importa”, aggiunge prima di concludere la telefonata con un saluto degno di Iggy
Pop: “You have a good day and all that shit, ok?”.

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