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Gioni alla Biennale di Gwangju |
“Da anni l’Italia ha perso importanza come centro di produzione d’arte, ma continua a dare il suo contributo attraverso il connubio fra arte e moda”.
Oltre a essere responsabile del calendario espositivo di uno dei musei contemporanei più importanti del mondo, Massimiliano Gioni è anche direttore artistico della Fondazione Trussardi. Non sorprende quindi il forte sostegno espresso dal Director of Exhibition del New Museum di New York per il modello che assegna alle maison di haute couture un ruolo centrale nella promozione della produzione artistica.
“Spesso i progetti più innovativi e sperimentali su cui ho lavorato sono stati finanziati da grandi firme della moda”, dice Gioni.
Il connubio può rivelarsi una soluzione vincente per entrambe le parti: le griffe puntano sull’associazione con l’arte per prolungare nel tempo l’eco del loro nome, solitamente legato al ciclo effimero di sfilate e collezioni. Mentre gli artisti approfittano del potente veicolo comunicativo e della visibilità garantita dalla moda per divulgare il loro messaggio.
“L’idea che un privato possa reinventare il modo di presentare arte è nata in Italia negli anni Novanta grazie a Trussardi e Prada, ed è poi stata copiata all’estero da fondazioni come quella di François Pinault e Louis Vuitton”, sottolinea Gioni.
Il curatore 38enne deve parte della sua brillante carriera alla fiducia accordatagli fin dal 2003 dalla Fondazione Trussardi. Questo però non lo rende insensibile ai rischi derivati da un rapporto simbiotico fra arte e moda.
“Le opere tendono a diventare più accessibili e comunicative, ma il messaggio rischia di essere più superficiale”.
Gioni è sempre stato affascinato dal lato meno divulgativo dell’arte, che permette ai suoi operatori di sperimentare senza doversi prestare a facili letture. In questo attribuisce agli sponsor privati una forza speciale perché “sono più liberi di reinventare l’arte a loro piacimento”. Allo stesso tempo, però, il curatore riconosce un ruolo fondamentale alle istituzioni pubbliche, che hanno la responsabilità di “analizzare la storia per assegnarle un certo ordine”.
Dopo anni d’immobilismo, fortunatamente sembra che anche in Italia si stia cominciando a realizzare l’importanza del ruolo pubblico nella promozione dell’arte contemporanea.
“Dovremmo ispirarci di più ai modelli delle istituzioni culturali americane, spesso costituite da entità pubbliche che rimangono però slegate dallo Stato”, conclude Gioni. “Ma la creazione di musei come il Maxxi di Roma è già un passo avanti”.
Per vedere la video intervista a Gioni clicca qui
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