![]()  | 
| Foto di Nicola Scevola | 
Come le migliaia di fedeli indù che si
recano in pellegrinaggio a Varanasi, ogni giorno Veer Bhadra Mishra prega
rivolto al Gange e beve le sue acque marroni e puzzolenti. Mishra è la guida spirituale di
uno dei templi più importanti della città e non può sottrarsi al dovere di
venerare il fiume più sacro dell’India. 
Allo stesso tempo, però, questo 72enne dalla folta chioma argentata, è anche un ingegnere idraulico. Ed è ben consapevole delle malattie che le acque inquinate del fiume possono causare.
Allo stesso tempo, però, questo 72enne dalla folta chioma argentata, è anche un ingegnere idraulico. Ed è ben consapevole delle malattie che le acque inquinate del fiume possono causare.
Ogni giorno centinaia di cadaveri sono
cremati sulle rive del Gange. Il fiume è costellato da rifiuti e, a volte,
perfino dai cadaveri di fedeli troppo poveri per permettersi la cremazione.
Lungo le rive di Varanasi, l’acqua è praticamente settica, cioè contiene
pochissimo ossigeno. Ma è zeppa di batteri fecali: circa un milione di volte
oltre lo standard di una zona balneabile. 
“La mia parte razionale riconosce che
quest’acqua è pericolosa”, ammette Mishra. “Ma il cuore mi spinge a continuare
a venerarla”. 
Per risolvere il problema, trent’anni fa
Mishra ha fondato la Swatcha Ganga Abhiyan (SGA, http://swatchaganga.com), associazione che lavora per monitorare
l’inquinamento del fiume. La causa principale sono le fognature di Varanasi che
scaricano direttamente nel fiume. Ma i frequenti black out escludono la
possibilità di costruire un impianto elettrico. Con l’aiuto dell’università
americana di Berkley, Mishra ha disegnato quindi un sistema di canali a
precipitazione per deviare le acque. E un impianto per depurarle che sfrutta i
batteri contenuti in alghe naturali. L’impianto prevede la creazione di grandi
vasche di alghe dove l’acqua viene lasciata a decantare al sole. Gli scarti del
processo possono poi essere riutilizzati come concimi. Nel 2008 il progetto è
stato approvato dal governo indiano e il primo impianto pilota dovrebbe essere
costruito entro quest’anno. Ma i tempi della burocrazia indiana sono lunghi e
SGA sta ancora aspettando i soldi. 
Nel frattempo, Mishra si dedica alla
sensibilizzazione dell’opinione pubblica. La credenza dei fedeli, infatti,
rende difficile anche il riconoscimento dell’esistenza del problema. 
“Il Gange è la dea madre”, sottolinea
Mishra. “Non possiamo dire alla gente che è inquinato, dobbiamo dire che è
malato”.
Pubblicato su L'Uomo Vogue

Nessun commento:
Posta un commento