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Photo by Francesco Carrozzini |
“Vorrei che quest’intervista la scrivessi
stando nudo e accendendo dell’incenso”, esordisce la cantautrice 42enne prima
di cominciare la conversazione. Inutile spiegarle che i miei colleghi non
gradirebbero affatto e probabilmente finirei ricoverato prima ancora di aver
concluso il pezzo. E’ sufficiente prometterle che cercherò di divertirmi
scrivendo l’articolo, perché Badu si trasformi in un fiume in piena, parlando per
più di un’ora di musica, moda, famiglia e vibrazioni cosmiche.
Sono passati ormai quasi tre lustri da quando
la cantante, al secolo Erica Wright, ha infiammato il mondo musicale con il suo
album di debutto, Baduizm, ma la sua
vena creativa non sembra accennare a diminuire. Da allora ha prodotto altri sei
album, ha fondato un’etichetta musicale, messo in piedi una fondazione per
promuovere attività culturali nei quartieri poveri di Dallas, e sta per
ottenere il brevetto da ostetrica.
“Fare musica rappresenta solo un lato del mio percorso di crescita”, ammette l’artista. “E’ quel che mi permette di esprimere le mie emozioni e finanziare gli altri aspetti creativi della mia vita. Nulla di quel che faccio è una trovata per attirare l’attenzione. Sono una persona autentica”.
“Fare musica rappresenta solo un lato del mio percorso di crescita”, ammette l’artista. “E’ quel che mi permette di esprimere le mie emozioni e finanziare gli altri aspetti creativi della mia vita. Nulla di quel che faccio è una trovata per attirare l’attenzione. Sono una persona autentica”.
Recentemente Badu è stata anche scelta per
diventare il volto di Givenchy per la stagione 2014. La maison francese è
sempre stata all’avanguardia nella promozione di modelli alternativi, e ha
spesso utilizzato artisti o indossatrici di etnie diverse, ma anche transgender
e donne dalle curve abbondanti.
“Con Riccardo ci siamo trovati. Prima di
questa collaborazione non ci conoscevamo bene, ma si è subito stabilito un
rapporto creativo. Ci sentiamo spesso e se vedo un’immagine che m’ispira sono
capace di mandargli una foto anche alle tre del mattino”.
Badu è conosciuta per il suo stile eclettico
e originale, che in passato l’ha già portata a collaborare con firme della moda
come Tom Ford. Per anni i suoi accessori inseparabili sono state le fasce e i
turbanti colorati con cui raccoglieva la chioma ribelle. Ora invece porta
spesso i capelli sciolti e il suo stile si è evoluto in una sorta di
afro-streetwear che ben si adatta alle nuove interpretazioni di Tisci, come la
linea di sneakers creata in collaborazione con Nike.
In questo momento Badu sta lavorando a un
nuovo album che dovrebbe uscire prima della fine dell’anno. Quando non è in
tournè, la cantautrice ama lavorare direttamente da casa, utilizzando un
semplice laptop come studio di registrazione. E’ stato suo figlio più grande a
insegnarle a utilizzare il programma che le permette di sviluppare idee e
collaborare con altri musicisti via internet. Badu non sa leggere la musica da
uno spartito e preferisce improvvisare. Quando deve dare istruzioni ai suoi
collaboratori lo fa usando i colori al posto delle note.
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Photo by Francesco Carrozzini |
“Dico: questo è troppo scuro, ho bisogno di
qualcosa di più rosso o più blu. E di solito capiscono. Non ho un’educazione
classica, il ritmo lo porto dentro di me”.
La sua musica fonde sonorità blues, R&B,
hip-hop e jazz e ha creato un genere nuovo battezzato neo-soul. Il richiamo al
soul classico ha dato spesso ai critici l’occasione di paragonare la duttilità
della sua voce con quella della prima regina di questo genere, Aretha Franklin.
Come quest’ultima, infatti, anche Badu ama giocare con la voce nelle sue
interpretazioni, uno stile che si riflette nell’origine del suo nome d’arte.
Badu viene dal suo scat preferito, un
fraseggio dal suono accattivante ma privo di senso che la cantante di Dallas ha
copiato da una vecchia canzone degli Earth, Wind & Fire.
La voce languida e potente è spesso la protagonista
dei suoi brani che, anche se composti al computer, finiscono poi per essere
registrati su nastro per aggiungere calore e rotondità al suono finale.
“Mi considero una ragazza analogica in
un’epoca digitale”.
Questo vale anche per i tempi di composizione.
L’ultimo suo album è uscito quattro anni fa, praticamente un’eternità rispetto
ai ritmi accelerati del consumismo odierno. Quello nuovo dovrebbe uscire
quest’anno, ma Badu mi assicura di non avere fretta. Ha già accumulato più di
60 canzoni ma vuol continuare a scrivere e sperimentare fino all’ultimo.
Nel frattempo ha tante altre attività di cui
occuparsi, in primis una famiglia numerosa da mandare avanti. Ha avuto tre
figli con tre musicisti diversi: Seven di sedici anni, Puma di nove e Mars di
quattro. E, pur essendo in buoni rapporti con tutti e tre gli ex compagni, vive
da sola a Dallas con i bambini.
“Casa mia è in quartiere generale, i padri
vanno e vengono. Siamo tutti buoni amici e genitori responsabili. Molti dicono
che siamo una famiglia poco ortodossa ma non m’importa. Da quando ho compiuto
40 anni mi è entrato in circolo un ormone che mi permette di fregarmene del
giudizio degli altri”.
Dallas è una delle città più conservatrici
d’America e non è il posto dove ci si aspetterebbe d’incontrare un’artista come
lei. Ma la sua famiglia vive lì da cinque generazioni, comprese due nonne
ancora viventi, e Badu non ha intenzioni di andarsene. “Voglio restare vicino
alla mia tribù”.
L’artista possiede anche un appartamento a
Brooklyn e, pur dovendo spesso viaggiare per esibirsi in giro per il mondo, ha
sempre cercato di portare i bambini con sé, occupandosi personalmente della
loro educazione scolastica almeno fino al loro settimo compleanno.
“Ora resta solo l’ultima. E’ stata dura ma
sono felice di averlo fatto: credo che nessun asilo o scuola avrebbe potuto
capirli e ascoltarli nei loro primi anni come ho fatto io”.
Badu ha una vena mistica e una passione
speciale per i bambini che l’ha portata a diventare levatrice e studiare per
ottenere un brevetto di ostetrica professionista. Crede che qualsiasi cosa
emetta delle vibrazioni e che il nostro stato d’animo dipenda principalmente
dalla capacità di vibrare all’unisono con tutti gli elementi del creato. Nella
sua carriera ha già assistito diversi parti, ma ha anche interpretato il ruolo
di levatrice nel senso opposto, stando vicino alle persone negli ultimi momenti
di vita per accompagnarle verso la morte.
“Spesso manca una connessione con gli altri
che ci aiuta a vibrare in armonia e vivere bene. Assistere al parto o alla
morte è un modo per ritrovare questo legame”.
Pubblicato su Vogue Italia
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