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Miss ko2 dell'artista Takashi Murakami |
E' uno
dei più opaci al mondo. Tutti lo seguono ma nessuno ne comprende veramente i
meccanismi. E solo in pochi ci guadagnano. L’economista Don Thompson
analizza il mercato dell'arte contemporanea, spiegando perché oggi i prezzi siano arrivati a contare più
delle opere stesse.
Nel 1997 l’artista giapponese Takashi
Murakami crea un’opera intitolata Miss Ko2. E’ una scultura di una cameriera in
minigonna dai grandi occhi azzurri e i seni prorompenti, alta un metro e
ottanta, in fibra di vetro, ispirata alla cultura dei manga e degli anime. Il
lavoro è prodotto in quattro esemplari e viene inizialmente venduto per 19.500
dollari. Sei anni dopo, Miss Ko2 è battuta all’asta nella sede newyorkese di
Christie’s per 567.000 dollari. E nel 2010 è rivenduta durante un’asta di Phillips
de Pury per 6,8 milioni di dollari al collezionista di origini israeliane Jose
Mugrabi.
Come è possibile che in soli tredici anni,
il valore dell’opera di un’artista vivente si moltiplichi ben 350 volte? Questa
è la domanda da cui è partito Don Thompson, economista della Schulich School of
Business di Toronto per analizzare il mercato dell’arte contemporanea e tentare
di comprenderne i meccanismi bizzarri che lo governano.
“Nulla con prezzi che crescono coì
vertiginosamente può andare avanti all’infinito”, avverte Thompson, autore di
un saggio appena pubblicato intitolato The
supermodel and the Brillo box. “A un certo punto la bolla è destinata a
sgonfiarsi, più o meno velocemente”.
In seguito alla crisi economica del 2008
le quotazioni del mercato d’arte contemporanea hanno effettivamente subito un
crollo. Subito dopo, però, hanno ripreso a salire.
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Three Studies of
Lucian Freud di Francis Bacon |
Secondo Thompson, le ragioni che portano i
prezzi a crescere così velocemente sono molteplici. E hanno poco a che vedere
con la qualità intrinseca delle opere. Parte del valore è aggiunto dal brand.
Oggi tutti gli artisti aspirano a
diventare marchi riconoscibili. In arte, il brand è un insieme di segni
facilmente identificabili che riconducono un’opera a un nome: le sculture a
forma di palloncino di Jeff Koons, o gli animali in formalina di Damien Hirst.
Più il nome è famoso, più le opere acquisiscono valore.
“Il concetto di branding è di solito
associato a prodotti di consumo e consente di acquisire affidabilità”, spiega
Thompson. “Anche l’arte brandizzata funziona così. Può capitare che gli amici
sgranino gli occhi se dite di aver pagato una statua milioni di dollari. Ma
nessuno obietterà nulla se dite di averla presa da Sotheby’s, oppure che è di Koons”.
Il desiderio di acquisire lo status
associato al mondo dell’arte contemporanea è un altro dei motivi alla base
dell’aumento vertiginoso dei prezzi; si pensi all’esempio del trittico di
Francis Bacon intitolato Three Studies of
Lucian Freud, battuto all’asta da Christie’s nel 2013 per 142 milioni di
dollari. La vendita è stata raccontata da televisioni e giornali di tutto il
mondo.
“Le case d’asta hanno dipartimenti di
pubbliche relazioni molto ben organizzati che riescono a dare risalto a
qualsiasi vendita record di opere d’arte. Ma quando la stessa somma viene spesa
da un ricco magnate per comprarsi uno yacht o un jet privato nessuno lo viene
neanche a sapere”.
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Il nuovo libro di Thompson |
Oggi il mercato dell’arte contemporanea ha
sorpassato anche quello degli impressionisti e dell’arte moderna.
“Le opere più importanti del periodo
pre-guerra appaiono raramente in vendita perché fanno parte di collezioni
private o di musei. Oltre ad essere maggiormente disponibili, quelle d’arte
contemporanea sembrano adattarsi meglio ai nostri stili di vita”.
Come dire, è più facile mettersi in casa
uno Spot Painting di Damien Hirst che un Tintoretto.
Il numero di ultraricchi nel mondo
continua ad aumentare e, per alcuni di loro, l’arte è diventata una forma
d’investimento finanziario.
“Le opere sono spesso usate per
diversificare un portafoglio d’investimenti perché, in caso di recessione, il
loro valore tende a scendere più lentamente di quello di azioni o altri
prodotti finanziari”.
Tutto ciò fa sì che la produzione degli
artisti contemporanei più famosi sia sempre più assimilabile a quella di beni
di lusso. I cambiamenti avvenuti nei meccanismi che muovono il mondo dell’arte
sono simili a quelli che hanno trasformato quello della moda, passata
dall’essere un settore semi-artigianale negli anni Settanta a uno dominato da
giganti industriali di oggi. E mentre le rivoluzioni artistiche del Novecento
hanno permesso agli artisti di sganciarsi dai committenti classici (come la
Chiesa e l’aristocrazia) guadagnando in libertà creativa, oggi la progressiva
identificazione di un manipolo di arti-star con l’élite straricca sembra aver
rallentato il processo di democratizzazione dell’arte. Con il rischio, nel
lungo periodo, di portare all’uniformizzazione delle idee e all’impoverimento
della creatività.
“Nella
fascia più alta del mercato – conclude Thompson – oggi i prezzi contano più delle
opere d’arte stesse.Pubblicato su L'Officiel Hommes Italia
1 commento:
strano, manca la R ;-)
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