
Pubblicato su Uomo Vogue:
L’appuntamento con Danilo Gallinari è alle sei del pomeriggio fuori da una discoteca del Meatpacking District, quartiere newyorkese famoso per i suoi bar e i locali alla moda. Il cestista 22enne dei Knicks ama ballare ma è raro che possa permettersi di stare fuori fino a tardi.
“Mi piacerebbe, ma domattina ho gli allenamenti e voglio essere fresco”, dice uscendo da un ristorante che la domenica pomeriggio si trasforma in discoteca esclusiva.
Danilo è al suo terzo anno con la squadra newyorkese, ma questa rischia di essere la sua stagione più importante. L’estate prossima l’ex ala di Milano dovrà rinegoziare il suo contratto Nba e vuole arrivare all’appuntamento con buoni risultati alle spalle.
Inoltre, i Knicks hanno appena rivoluzionato la squadra, comprando undici nuovi giocatori fra cui il supercampione Amar’e Stoudemire. Per la prima volta in più di dieci anni hanno una concreta possibilità di andare ai playoff. Questo ha influenzato l’atmosfera negli spogliatoi, e i giocatori sono più motivati e concentrati.
Appena arrivato ai Knicks nel 2008, Gallo rimase stupito dal comportamento poco professionale di alcuni compagni. Si presentavano agli allenamenti all’ultimo momento senza riscaldarsi e spesso ignoravano le indicazioni dei preparatori atletici.
“Quest’anno è diverso. Arriviamo tutti almeno un’ora prima e se qualcuno non s’impegna, siamo noi stessi compagni a dirgli qualcosa”.
Per questo Gallinari esita a prendere casa nella city. Ora vive a White Plains, una cittadina vicina al campo di allenamento dei Knicks a quaranta minuti di macchina da New York. La sera lì c’è poco da fare ed è più facile restare concentrato sul lavoro.
“Se venissi ad abitare a Manhattan rischierei di diventare il gestore di qualche locale”, scherza improvvisando una mossa di ballo.
In realtà, Gallinari sacrifica di buon grado la voglia di uscire la sera per dare il meglio si sé sul parquet. Ha una gran passione per quello che fa e un’etica di lavoro non comune fra i ragazzi della sua età, anche grazie all’educazione ricevuta dai genitori.
“Mi hanno insegnato a lavorare duro e mi seguono costantemente”.
Spesso i genitori vanno a stare a casa sua a White Plains. Gallinari ha un fratello di tredici anni, e mamma e papà si devono dividere per stare vicini a entrambi. Ora è il turno di suo padre, venuto un mese per assistere Danilo nell’inizio della stagione Nba.
Negli anni Ottanta, Vittorio Gallinari giocò nella squadra di basket di Milano insieme a Mike D’Antoni, attuale coach dei Knicks. Oltre ad essere compagni in campo, i due ex giocatori divennero amici, e per un periodo condivisero anche un appartamento.
Pur non avendolo mai conosciuto di persona prima di entrare nei Knicks, Danilo ha sempre sentito parlare in casa di D’Antoni. E quando due anni fa fu scelto dalla franchigia newyorkese per vestire la maglia blu arancio, il coach lo aiutò molto nella transizione dal campionato italiano a quello americano.
“Conoscendo bene la realtà da cui venivo, Mike mi diede consigli preziosi”.
Giocare in Nba è molto più impegnativo di qualsiasi torneo europeo. Se una squadra è ammessa ai playoff, si trova a giocare più di cento partite in una stagione, contro le cinquanta circa che deve affrontare in Italia.
“E’ difficile mentalmente. Il fisico regge, ma a volte è dura riuscire a mantenere la concentrazione”.
L’impegno è certamente maggiore, ma anche il trattamento è diverso rispetto a quando giocava a Milano.
Oltre ad un contratto d’ingaggio di circa $2,6 milioni per i primi tre anni e numerose sponsorizzazioni, il cestista gode dei privilegi riservati a chi gioca in Nba.
In Italia doveva occuparsi di lavare gli indumenti per gli allenamenti quotidiani e preparare la sacca, mentre qui c’è un “maggiordomo” che pensa a tutto, dalle calze agli asciugamani. Si allena in una palestra dotata delle attrezzature più moderne, compreso un sistema per monitorare costantemente le condizioni fisiche di ogni giocatore che però costringe tutti ad impegnarsi perché “se sei svogliato e fingi ti sgamano subito”. E per affrontare più comodamente il calendario delle partite sparse in tutti gli Stati Uniti, i Knicks dispongono di un comodo jet privato. L’aereo è diviso in tre sezioni: davanti stanno gli allenatori, in mezzo lo staff tecnico e dietro c’è la parte riservata ai giocatori, con poltrone fatte su misura che diventano veri e propri letti e una sala dotata di divani e tavoli per giocare a carte. Il poker è uno dei passatempi più in voga fra i cestisti americani, e Gallinari non si tira certo indietro.
“Non gioco mai cifre esagerate ma vinco spesso”, dice sorseggiando una Coca Cola ad un tavolino all’aperto a pochi metri dal locale dove stava ballando fino a poco prima.
Mentre chiacchieriamo, fa cadere l’occhio sul Blackberry con una certa frequenza. Ogni volta si scusa, aggiungendo che si tratta un’amica con cui sta cercando di organizzare una cena. “Devo risponderle, è troppo bella”.
E’ vestito come un ragazzo qualsiasi, con jeans e t-shirt e indossa occhiali scuri. Nonostante questo, intorno a noi sono in molti a riconoscerlo. Gallinari è disponibile con tutti e sempre pronto a scambiare due battute. Dopo essere stato fischiato dai tifosi quando venne comprato dai Knicks, è riuscito a conquistare il pubblico di New York con i suoi micidiali tiri da tre e il suo sorriso accattivante.
Spike Lee, che è un tifoso sfegatato dei Knikcs, gli ha fatto recapitare il dvd del suo film Miracolo a Sant’Anna con una lettera scritta a mano. E qualche tempo fa, mentre era in discoteca, gli è stato detto che c’era una cantante che voleva conoscerlo: era Madonna, che l’aveva adocchiato dal suo privè.
Gallinari racconta di questi episodi con tono sorpreso, quasi fosse ancora incredulo che siano successi proprio a lui.
Il cestista di Lodi non è il tipo da montarsi la testa. Ha una sana passione per le donne e la musica da discoteca, ma rimane con i piedi per terra e la mente sul campo da basket.
“Mi sento quasi tutti i giorni con i miei compagni delle elementari. E quando torno a casa in Italia mi piace ancora trovarmi con loro su una panchina a dir cavolate”.
Della fama, Gallinari sostiene di non curarsi troppo e di non leggere mai gli articoli che parlano di sé.
“La carriera del cestista è breve. Una volta finita dovrò tornare a vivere nella realtà e se ti sei disabituato è dura”, osserva dando un’ultima occhiata al Blackberry.
La serata è finalmente organizzata: aperitivo da Cipriani a SoHo e cena al “Via della Pace”, ristorante italiano nel Lower East Side dove è di casa al punto che il menù annovera fra i piatti le “Scaloppine del Gallo”.
E’ tempo di tornare alla macchina, un gigantesco SUV parcheggiato nel West Village. Prima di andare in vita, però, manca ancora un ultimo tocco. Gallinari apre la borsa degli allenamenti che ha nel bagagliaio e tira fuori del gel per scolpire i capelli in una piccola cresta alla Cristiano Ronaldo.
“E’ la pettinatura che faccio sempre se gioco o esco la sera”, dice con tono ironico, quasi a prendersi in giro per questo piccolo gesto piccolo vanitoso. Poi scappa verso i suoi appuntamenti. Sono solo le sette di sera, ma il Gallo non ha molto tempo per stare fuori: anche questa sera vuole essere a nanna prima di Cenerentola.
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