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Photo by David Needleman |
“Mi alleno tre ore al giorno, sei giorni a
settimana e mi sento all’apice della mia carriera”, mi dice il funambolo
francese dopo avermi dato riparo nel suo rifugio, una piccola casa di legno con
le pareti ricoperte di quadri e disegni di corde annodate.
Per tenersi in forma Petit usa la
struttura di cavi sistemata in giardino, oppure, quando fa troppo freddo o
piove come oggi, una piccola stalla di fianco a casa che ha costruito da solo,
senza usare elettricità, né attrezzi moderni.
Per questo funambolo praticare con
regolarità l’arte di camminare sulla corda è particolarmente importante. Petit
non utilizza mai misure di sicurezza durante le sue performance e percepire i
suoi limiti fisici e mentali può significare la differenza fra la vita e la
morte.
“Non ho mai neanche considerato l’idea di
assicurarmi”, garantisce il funambolo quasi fosse stupito dall’assurdità della
domanda. Anche quando il suo mentore, Papa Rudy, grande funambolo cecoslovacco,
gli consigliò di nascondere una cima di sicurezza nel costume per la perfomance
del World Trade Center, Petit rifiutò.
“Diceva che tanto da terra nessuno se ne
sarebbe accorto. Ma io mi sento mezzo uomo e mezzo uccello e non si è mai visto
un uccello che vola col guinzaglio”.
Questo Icaro moderno è piccolo di statura
con un fisico asciutto e delle belle mani curate: muscolose come quelle di un
arrampicatore e agili come quelle di un prestigiatore. Oltre che funambolo, il
francese è giocoliere, mago, alpinista e appassionato di qualsiasi genere di
fai-da-te. Le sue dita sono capaci di fare e disfare qualsiasi nodo a una
velocità impressionante. D’altronde nel suo mestiere questa è una dote
fondamentale, su cui ha scritto anche un manuale intitolato Why Knot?, da poco uscito negli Stati
Uniti (Abrams Image). Petit progetta e realizza personalmente i diversi sistemi
per assicurare le funi su cui cammina. E prima di ogni performance ispeziona
ossessivamente tutti i nodi per accertarsi che siano fatti in modo corretto.
Questa cura dei dettagli l’ha salvato più di una volta, notando appena in tempo
difetti che avrebbero potuto rovinare il suo spettacolo – e la sua vita. Questa
meticolosità si riflette anche nella sua vita personale rendendolo, per sua
stessa ammissione, “un po’ manico del controllo”.
La sua casa è ordinatissima e ogni volta
che, per sbaglio, muovo qualcosa sul tavolo davanti a cui siamo seduti, Petit è
subito pronto a rimettere l’oggetto al suo posto.
“Quando vado al ristorante sembro quasi
autistico”, ammette sorridendo. “Riarrangio la posizione di tutto quel che c’è
sulla tavola, studio la disposizione delle uscite e cerco sempre di sedermi in
un angolo o con le spalle al muro”.
Contrariamente a molti artisti che vengono
dal circo, Petit non si definisce superstizioso. Prima di ogni performance,
però, segue sempre un certo rituale. Ci sono alcuni oggetti – fra cui un
pettine, un calzascarpe e un piccolo leone di legno – che porta con sé e
dispone in modo preciso nel suo camerino, vietando a chiunque di toccarli. E
l’ultimo gesto che fa prima di uscire è sempre sfiorare il leone con una mano.
“In quel momento la mia mente si ritira in
uno stato riflessivo molto profondo, simile a quello di chi prega”.
Questi piccoli gesti contribuiscono a
rafforzare la sensazione di controllo sulla situazione, annullando la paura. Il
funambolo sostiene di non essere mai stato spaventato prima di una performance.
Al contrario, il fatto di affrontare imprese pericolose lo stimola, rendendolo
immune alla percezione del rischio.
“A volte la paura viene dopo, ripensando a
quel che ho fatto”.
Petit è un autodidatta che crede
nell’importanza di rompere le regole. La sua esperienza personale gli ha insegnato
che, con impegno e costanza, anche una legge assoluta come quella di gravità
può essere sfidata con successo. Questo gli ha dato un’enorme fiducia in se
stesso che, quando parla in pubblico o scrive libri, si traduce in una certa
arroganza. Dal vivo, però, il funambolo mostra una versione più edulcorata di
sé e il suo atteggiamento presuntuoso è compensato dai modi gentili e dal
carattere magnetico e contagioso delle sue passioni. Al punto che, se fuori non
continuasse a piovere a dirotto, prima di congedarmi sarei quasi tentato di
chiedergli ciò che ogni tanto concede a chi passa a trovarlo: camminare dietro
di lui sul suo filo teso in giardino, tenendomi in equilibrio con le mani sulle
sue spalle.
Pubblicato su L'Uomo Vogue
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