Se pensate che per diventare importanti collezionisti d’arte occorra per forza avere un portafogli gonfio e un’educazione raffinata, la storia di Herbert e Dorothy Vogel vi sorprenderà: un postino e una bibliotecaria che, oltre a gatti, pesci e tartarughe, sono riusciti ad ammassare nel loro bilocale di Manhattan una delle più vaste collezioni d’arte contemporanea del mondo. Quattromila opere dei maggiori artisti emersi fra gli anni Sessanta e Ottanta fra cui Sol Lewitt, Christo e JeanClaude, Richard Tuttle, Chuck Close, Donald Judd e Robert Mangold. Una raccolta inestimabile, stivata in ogni angolo della casa e acquistata in quarant’anni solo grazie al grande fiuto dei due coniugi e ai loro pochi risparmi.
“Collezionare è la nostra opera d’arte”, dice Dorothy Vogel, protagonista insieme al marito di un documentario intitolato Herb&Dorothy, uscito solo brevemente nelle sale cinematografiche americane ma ora disponibile in Dvd (www.herbanddorothy.com).
La coppia di anziani newyorkesi, autodidatti con la passione dell’arte, non ha mai avuto figli e ha dedicato tutte le energie alla scoperta dei movimenti artistici che più li interessavano. A partire dagli anni Sessanta, per governare la loro passione, i Vogel stabilirono alcune regole precise a cui si sono sempre attenuti: avrebbero utilizzato lo stipendio di lei per mantenersi e quello di lui per comprare arte; avrebbero acquistato solo a opere a prezzi abbordabili e con dimensioni adatte al loro appartamento; non avrebbero mai venduto un’opera, anche fosse per acquistare un’altra: la loro doveva rimanere una passione, non un investimento.
Nonostante le limitazioni, Herb e Dorothy si sono dimostrati collezionisti eccezionali, capaci di restare sempre un passo avanti rispetto al mercato. Grazie alla loro sensibilità, infatti, sono riusciti ad acquistare a prezzi stracciati opere di artisti sconosciuti e diventati famosi solo in seguito.
“Abbiamo sempre comprato solo quello che ci piaceva, fidandoci del nostro istinto”, spiega Dorothy. “Non ho mai studiato arte, ma Herb mi ha insegnato a osservare, osservare, osservare”.
In questo modo i coniugi sono riusciti ad ammassare migliaia di opere nel loro appartamento, riempiendo cassetti, armadi e bauli. Fino a quando, negli anni Novanta, hanno deciso di donare tutta la collezione alla National Gallery of Art di Washington e a cinquanta musei minori sparsi negli Stati Uniti.
“Oggi non compriamo più opere, abbiamo tenuto qualcosa da vendere solo in caso di emergenza”, dice Dorothy, che compirà 75 anni il mese prossimo. “Mio marito ha 88 anni e non sta bene. Ora mi dedico solo a lui”.
Grazie alla loro dedizione ed energia, i Vogel sono diventati amici di artisti e galleristi, presenze fisse a mostre e inaugurazioni, e vere leggende nei circoli newyorkesi. Come traspare chiaramente da documentario, però, tutto questo non ha cambiato il loro atteggiamento.
“Il loro modo semplice di apprezzare certe opere, ci ricorda che l’arte è una passione accessibile a tutti”, dice Megumi Sasaki, film-maker giapponese che ha impiegato quattro anni di lavoro per realizzare questo documentario.
Inizialmente Sasaki non capiva perché, quando chiedeva ai coniugi il motivo che li aveva spinti a comprare un’opera, loro le rispondevano semplicemente: “Perché ci piace”.
Con il tempo, però, si è resa conto che questa era la chiave della loro storia.
“I Vogel sono un esempio vivente del fatto che l’arte non deve essere spiegata – sottolinea la regista – ma deve essere sentita”.
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