lunedì 7 novembre 2011

Giù le mani dal museo della bomboletta

5Pointz Art Center, NYC. Foto Alessandro Cosmelli
Per i writers, il 5Pointz Center del Queens è il paradiso: graffiti liberi e tag ammirate come quadri. Ma ora 'ex deposito industriale rischia di essere abbattuto per far posto a un grattacielo. E ai creativi dell'aerosolo art non resta che sperare. Nella crisi immobiliare. 

Pubblicato su Io Donna:

Per fare graffiti a New York bisogna essere rapidi e circospetti. La polizia è severa e le multe per chi dipinge i muri sono salate. Dappertutto tranne che in una via del Queens.
Dove a qualsiasi ora del giorno si possono vedere artisti al lavoro sulle pareti di un gigantesco deposito industriale, il 5Pointz Art Center. Invece che dipingere con le orecchie tese e il cuore in gola, qui i writers ascoltano musica hip-hop a tutto volume e posano per i curiosi che si fermano a fotografarli mentre con i loro spray trasformano le pareti di questo edificio decrepito in esplosioni di colore.
All’interno, il deposito di Davis Street è semi abbandonato e anni fa il proprietario diede il suo assenso affinché i giovani locali sfogassero la loro creatività sui suoi muri. Da allora 5Pointz attira gente da tutto il mondo, che si presenta armata bombolette, scale e mascherine.
Luis Lamboy fa graffiti da 30 anni. (Cosmelli)
“Questa è la Mecca dei graffiti di New York”, dice Luis Lamboy studiando la parete dove intende realizzare un disegno ispirato alla storia di Alice nel paese della Meraviglie. Lamboy ha quarantasei anni e da trenta si dedica a quella che definisce aerosol-art, firmando i suoi pezzi con il nom-de-plume di Zimad. Ha cominciato dipingendo i treni della metropolitana alla fine degli anni Settanta, quando questo genere di arte è esploso nella Grande Mela prima di diffondersi in tutto il mondo. Allora, Lamboy dipingeva con la polizia sempre alle calcagna. Oggi preferisce lavorare nella tranquillità offerta da 5Pointz.
“Un tempo era una questione di ribellione, oggi è un gesto estetico”, dice l’artista, che di professione fa il magazziniere nella casa d’aste di Sotheby’s. “Lavorare a un pezzo per due giorni di seguito senza preoccupazioni è un lusso”.
Il deposito ha tre piani e occupa due isolati, con decine di muri ricoperti da circa 350 opere in continuo mutamento. Nomi famosi nel mondo dei graffiti come Cope 2, Tracy 168, TKID, Stay High 149, Tats Cru hanno lasciato il loro segno su queste pareti. Difficilmente un pezzo resiste oltre un anno, e la possibilità di lavorare alla luce del sole attira gente da tutto il mondo, offrendo al visitatore un’antologia di stili diversi.
Poco distante da Zimad, un venticinquenne russo che si firma Treez stende del bianco con un rullo per preparare lo sfondo, mentre sul tetto un artista francese è al lavoro con le sue bombolette.
“Oltre ad essere al riparo dalla polizia, c’è qualcuno che si assume la responsabilità di assegnare gli spazi e decidere quale opera può essere cancellata e quale invece va conservata”, dice Zeso, cuoco 33enne originario di Lione. “Per un forestiero è una situazione ideale”.
Zeso davanti a un suo pezzo (Cosmelli)
Gli uomini in divisa, infatti, non sono l’unico pericolo da cui i writers devono difendersi. Dipingendo capita di sovrapporsi al lavoro d’altri. E questo è spesso fonte di scontri fra “colleghi”. A 5Pointz, invece, chiunque può cimentarsi. Basta chiedere il permesso a Jonathan Cohen, in arte Meres, veterano della spray-art che da dieci anni lavora come “curatore” di questo museo a cielo aperto. Il suo nome è conosciuto fra gli addetti ai lavori e il suo giudizio rispettato. E’ lui a decidere quale opera può essere sacrificata e quale deve restare, assicurando una rotazione più o meno rapida a seconda della qualità del pezzo.
“L’obiettivo è continuare a migliorare il livello dei graffiti esposti”, dice il 38enne Cohen.
Il curatore di 5Pointz, Meres. (Cosmelli)
La sua rischia però di essere una lotta contro il tempo. Il proprietario del deposito, Jerry Wolkoff, ha deciso di abbatterlo per costruire due grattacieli residenziali. Il piano regolatore della zona prevede che l’edificio sia destinato ad uso commerciale. Ma i politici locali sembrano disposti ad appoggiare il progetto di Wolkoff.
Pur riconoscendo che i murales di 5Pointz sono “un esempio di creatività”, il presidente del consiglio di zona vede il deposito che li ospita come un problema per il quartiere.
“Per la maggior parte degli abitanti quel posto continua ad avere una connotazione negativa”, ha dichiarato Joe Conley al New York Times.
Questo ha spinto Cohen a cercare di valorizzare i lavori esposti per promuovere la conservazione di 5Pointz. Artisti famosi come Shepard Fairey o Banksy hanno ormai sdoganato la street art, aprendo le porte di gallerie, musei e case d’aste. Ma quando sono esposti nel loro habitat naturale, i graffiti faticano ancora a trovare legittimazione.
“Per certa gente è difficile riconoscere come arte ciò che fino a poco tempo fa era considerato solo vandalismo”, sottolinea Cohen. “Ma per me queste pareti sono come una tela gigantesca”.
Per promuovere la conservazione di 5Pointz, il curatore sta fondando una no-profit e ha organizzato una rete di volontari che durante il fine settimana lo aiutano a tener pulito il posto e dirigere il traffico. Il deposito è a pochi passi dal PS1, sede del Moma dedicata agli artisti emergenti. E oltre a writers assetati di muri, nei fine settimana c’è sempre una processione di fotografi e visitatori.
Un fan anonimo, ha promosso una petizione online contro il progetto di sviluppo delle torri che ha già raccolto 13.000 firme (Show Ur Love To 5Pointz).
La crisi economica attuale ha già affondato tanti progetti immobiliari e potrebbe rivelarsi la migliore alleata di 5Pointz. Ma gli artisti non si fanno grandi illusioni, visti gli interessi economici in gioco. Nonostante questo, nessuno se la prende col proprietario.
“Sarebbe un sogno se 5Pointz potesse continuare”, dice Zeso. “Ma bisogna riconoscere che Wolkoff ha fatto la sua parte permettendoci di dipingere per anni. Se fossero tutti come lui, New York sarebbe un paradiso dei graffiti”.
Foto Alessandro Cosmelli
Foto Alessandro Cosmelli



Dove nascono i graffiti?
La storia dei graffiti nasce a Filadelfia negli anni Sessanta, dove appaiono le prime tag. Ma è a New York che questo fenomeno cresce e si sviluppa, generando i primi veri pezzi di Street Art. Inizialmente le scritte servono più che altro ai membri delle gang per marcare il proprio territorio. Negli anni Settanta, però, l’idea di varcare i confini scegliendo uno pseudonimo da scrivere in tutta la città con pennarelli indelebili diventa una moda. Taki 183, firma di un adolescente greco-americano che lavora come fattorino, è la prima a moltiplicarsi sui muri e nelle metropolitane di New York. Presto gli spazi si riempiono e dai pennarelli si passa alle bombolette spray, che consentono di ingrandire i caratteri e personalizzare gli stili. Le tag più creative, che appaiono più di frequente o nei posti più inaccessibili danno all’autore fama e notorietà. E i treni della metropolitana diventano i luoghi più ambiti: i graffiti dipinti su un vagone, infatti, si muovono per la città dando visibilità in tutti i quartieri.

1 commento:

spillo ha detto...

la mia ragazza ed io ci siamo stati un mese fa...è un posto fantastico!