mercoledì 16 gennaio 2013

Il cuoco giramondo più famoso di New York


“Le spezie mi ricordano il viaggio. Per questo sono il mio ingrediente preferito”. Spostarsi è sempre stato una costante nella vita di Marcus Samuelsson, uno dei cuochi più famosi di New York. L’odissea di questo chef quarantenne è cominciata in Etiopia all’inizio degli anni Settanta, quando un’epidemia di tubercolosi lo lasciò orfano di entrambi i genitori all’età di tre anni.
Dopo aver trovato rifugio in un ospedale, fu adottato insieme alla sorella da una famiglia di Göteborg, sulle coste meridionali della Svezia, dove la nonna materna gli insegnò i primi rudimenti della cucina. “Da allora ho continuato a viaggiare lasciandomi trasportare dalla mia passione per il cibo e per la contaminazione culturale”, dice seduto al tavolo del suo ristorante nel cuore di Harlem. Prima del Red Rooster, inaugurato nel 2011 e già diventato un must fra i gourmet della Grande Mela, Samuelsson ha passato anni a raffinare la sua arte in giro per l’Europa. Con un pedigree culinario etiope-svedese alle spalle, infatti, niente gli è stato regalato. L’apprendistato è culminato in Francia, dove ha lavorato come aiuto cuoco nel ristorante tre stelle Michelin dello chef George Blanc.
“All’inizio tutti mi scambiavano per il lavapiatti. Nessuno aveva mai visto un cuoco con la pelle nera”.
Ma la vera incoronazione è arrivata negli Stati Uniti, dove Samuelsson è approdato all’inizio degli anni Novanta per lavorare ad Aquavit, ristorante di cucina tradizionale svedese. Nel 1995, i suoi piatti conquistano il palato dei critici del New York Times che gli assegnano tre stelle, record assoluto per un cuoco così giovane. Da allora la strada è tutta in discesa: libri, premi, video, fino all’invito nel 2009 per cucinare alla Casa Bianca il primo state dinner tenuto dal presidente Barack Obama.
Oggi Samuelsson è uno chef-star negli Stati Uniti. Camminando per le strade di Harlem la gente lo ferma per salutarlo o ringraziarlo per una ricetta imparata leggendo i suoi libri o guardando i suoi programmi in televisione.
“Sono abituato ad avere l’attenzione puntata addosso, anche se per motivi differenti: da bambino in Svezia i miei coetanei facevano a gara per toccarmi i capelli o la pelle”.  
Oggi la realtà è cambiata, ma Samuelsson si sente comunque a casa nel melting pot newyorkese. E in particolar modo in quello di Harlem, dove vive in un loft che ha una cucina grande quanto un salotto, disseminata di libri e spezie di tutti i generi.
“Ho scelto di aprire Red Rooster vicino a uno degli incroci più trafficati del quartiere perché volevo mescolarmi con questa comunità”, dice indicando la fermata della metropolitana e quella dell’autobus, a pochi passi dall’ingresso del locale sul Lenox Avenue. “Mi è sempre spiaciuto ci fossero più negozi di superalcolici che ristoranti in questa zona”.
Il suo nuovo locale serve cucina Soul tipica dell’America meridionale, “reinterpretata dalla sensibilità di un immigrato come me”. E nonostante la fama del suo chef abbia già attirato nomi illustri come Paul McCartney, Keith Richards e Paul Simon, i prezzi rimangono abbordabili. Invece di ripetere l’esperienza elitaria di Aquavit, riservato a una clientela mai preoccupata per il conto, il nuovo locale offre antipasti da cinque dollari e secondi da venti.
“Non è necessario usare ingredienti cari per servire cibo di qualità. Basta adattarsi ai prodotti locali e seguire le stagioni”.
All’ingresso c’è un bancone a ferro di cavallo che serve da caffetteria e un piccolo negozio dove i passanti possono comprare cornbread cotto al forno.
“La cosa peggiore sarebbe vedere qualcuno che sbircia nel locale attraverso la vetrina perché non può permettersi di entrare”. 

Pubbicato su Uomo Vogue

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