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Photo by Elliott Landy |
Pubblicato su Casa Vogue:
Tutto cominciò con un incidente in moto e una casa in un bosco. L’incidente fu quello in cui Bob Dylan si ruppe le vertebre del collo nel 1966. La casa quella soprannominata Big Pink, dove si scrisse una pagina importante della storia del rock. La costruzione è anonima, tranne che per il colore rosa confetto di cui era dipinta
. Sorge al termine di una strada sterrata ai piedi delle Catskills Mountains, a un paio d’ore da New York. E’ vicina al paese di Woodstock, che già prima di ospitare il mitico concerto del ’69 era un rifugio d’artisti, musicisti e scrittori. Fu proprio sulle strade intorno a Woodstock che Dylan scivolò in motocicletta, procurandosi la frattura che lo immobilizzò per un periodo. Era stanco della pressione del pubblico, che non capiva la sterzata verso il rock elettrico intrapresa dal cantautore. E così colse l’occasione della convalescenza per ritirarsi temporaneamente dalla scena. Chiamò a raccolta i musicisti con cui era stato in tournée negli ultimi due anni: i canadesi Robbie Robertson, Rick Danko, Richard Manuel, Garth Hudson e, in un secondo tempo, l’americano Levon Helm. Cercavano un posto tranquillo, dove provare in attesa di tornare a tenere concerti. E quando uno di loro trovò la casa rosa in mezzo al bosco, la presero al volo. Nacque così il mito di Big Pink. Da fuori il posto ha mantenuto un’aria del tutto comune. Eppure pochi luoghi hanno avuto un significato così importante nella storia della musica contemporanea. Tanto che, ancora oggi, l’edificio attira decine di appassionati in pellegrinaggio da tutto il mondo. “E’ un posto davvero unico per le jam session che si sono tenute e per la musica che è stata creata”, dice Donald Lasala, musicista 57enne e attuale proprietario della casa, che abita insieme alla moglie. L’elenco dei luoghi imperdibili della storia del rock è lungo: dalla villa di Elvis a Memphis a quella dei Grateful Dead a San Francisco, passando per gli studi dei Beatles di Abbey Road. Ma il fatto che Big Pink sia stata usata sia per vivere che per suonare la rende speciale. E l’alone di segretezza imposto da Dylan per proteggere la sua privacy, ha contribuito ad accrescerne il mito. A quei tempi il cantautore del Minnesota era all’apice della sua fama. Ma i membri di The Band, come vennero poi conosciuti i suoi musicisti, furono strumentali alla sua evoluzione. Dylan insegnò loro i segreti per comporre una canzone, loro lo aiutarono a riconnettersi con i ritmi Rockabilly e R&B. E’ qui che i musicisti scrissero insieme alcune delle loro canzoni più leggendarie, racchiuse in The Basement Tapes, definito dal critico del New York Times John Rockwell “il miglior album nella storia della musica popolare americana”. E dove i membri di The Band, ispirati da Dylan, produssero il loro primo disco da solisti, Music from Big Pink. L’album segnò un punto di svolta nel genere della musica country rock. Al punto che la rivista Time dedicò al nuovo gruppo una copertina nel 1970. E musicisti come Eric Clapton dichiararono di aver cambiato modo di suonare dopo averlo ascoltato. Nei mesi in cui questi dischi venivano creati, fra marzo e dicembre 1967, Dylan viveva poco distante da Big Pink, a Byrdcliffe, insieme alla moglie Sara e ai figli. Ogni giorno si recava nella casa rosa dove, insieme a Danko e Manuel, si dava i turni alla macchina da scrivere sistemata in cucina per comporre le parole delle canzoni. Poi si ritrovavano tutti nello scantinato a provare gli arrangiamenti. “Ci innamorammo di quello stile di vita”, dice Hudson parlando con Martin Scorsese del periodo passato a Big Pink nel documentario The Last Walz. “Spaccare la legna, aggiustare i registratori e le zanzariere, passeggiare nei boschi con il cane … era un modo di vivere rilassato che nessuno di noi provava più da quando eravamo bambini”. La casa divenne il loro playground e le sue caratteristiche influenzarono direttamente il tipo di musica che vi fu creata. Con il suo soffitto basso e le pareti di cemento, lo scantinato impose ai musicisti di abbassare il volume degli amplificatori e il tono delle voci, creando un’armonia diversa. “Sicuramente furono costretti ad ascoltarsi di più fra loro”, dice Lasala, che ancora oggi utilizza lo scantinato per suonare con gli amici. L’atmosfera semplice di Big Pink era perfettamente in sintonia con lo stile country dei suoi occupanti. Mentre la maggior parte dei musicisti rock del momento erano legati al movimento hippie, alla ribellione sociale e alle droghe psichedeliche, i membri di The Band facevano del loro meglio per andare controcorrente. La loro musica era innovativa pur non cedendo alle tentazioni psichedeliche e il loro abbigliamento s’ispirava più allo stile d’inizio secolo che a quello dei figli dei fiori. “Erano molto lontani dal prototipo delle rockstar di allora”, dice Elliott Landy, fotografo 68enne che seguiva la scena musicale del tempo e autore delle foto inedite qui pubblicate. Landy fu incaricato da Albert Grossman, il manager che allora Dylan condivideva con The Band, di recarsi a Big Pink per scattare le immagini per il primo album del gruppo. “Non conoscevo i ragazzi e mi parvero usciti da un'altra epoca”, ricorda Landy, che per trovare l’ispirazione per ritrarre i musicisti ricorse ad un libro fotografico del periodo della guerra civile. “Quando gli mostrai le atmosfere che volevo riprodurre, accettarono entusiasti”. Landy rimase stupito da un’altra richiesta che gli fecero i membri della Band: scattare un ritratto di gruppo insieme a genitori e parenti da pubblicare sul disco. In quel periodo l’istituto della famiglia era profondamente criticato dai movimenti giovanili e quello era un ulteriore modo per i musicisti di affermare la loro diversità. “Volevamo ribellarci contro la ribellione”, ricorda il chitarrista Robbie Robertson in una biografia del gruppo scritta da Barney Hoskyns. “Se tutti andavano da una parte, noi andavamo dall’altra … il nostro istinto ci spingeva a separarci dalla massa”. Questo, però, non vuol dire che l’ambiente a Big Pink non avesse un certo sapore rock’n’roll. L’ambiente era totalmente informale, alcol ed erba si consumavano in abbondanza e c’era una certa promiscuità, con groupie che andavano e venivano. Quando Landy si recò per la prima volta a Big Pink per scattare le foto qui pubblicate, fu invitato a fermarsi per la notte. Era il sabato di Pasqua del 1968 e il giorno dopo i musicisti erano attesi a casa Dylan per pranzo. Landy fu lasciato a Big Pink con l’allora fidanzata di Levon Helm, Bonnie. La quale, dopo essersi ubriacata con il fotografo, lo obbligò ad accompagnarla alla ricerca del fidanzato. Era convinta che lui la tradisse e avesse usato la scusa del pranzo pasquale per prendersi qualche ora di libertà. Arrivarono a sorpresa a casa di Dylan, ma di Helm non c’era traccia. Tornati a casa, Landy pensò che non fosse il caso di aspettare il rientro del musicista e tolse il disturbo. Quello era il tempo in cui le rockstar erano famose per distruggere i posti dove alloggiavano. Rolling Stones, Led Zeppelin, Doors, Who avevano istillato l’idea che demolire case e stanze d’albergo fosse parte integrante della loro poetica. Questo influenzò negativamente anche la reputazione di Big Pink. “Quando acquistai la casa, circolavano voci che al tempo fosse stata malamente danneggiata”, dice Lasala. “In realtà il posto era in perfetto ordine”. “Non erano i tipi da rovinare le case altrui”, gli fa eco Landy, che nel tempo divenne amico dei musicisti. “Erano persone responsabili e rispettose”. Dopo il successo del primo disco, i membri di The band decisero di smettere di vivere come in una comune e traslocarono in case più confortevoli. Alcuni di loro vivono ancora oggi nella zona. Ma né loro né Dylan sono mai tornati a Big Pink. “Non credo siano interessati a rivangare il passato”, dice Lasala. “Dylan lo dice espressamente in uno dei suoi film che, guarda caso, s’intitola Don’t Look Back”.
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Photo by Elliott Landy |
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