Il Po vuole le sue vittime, dice Massimo Bernardi, ex operaio. “Se ci sono meno annegati è solo perché c’è ormai quasi più nessuno che viene a Po a nuotare. Non è questione che è traditore, Lui c’ha bisogno di tirar giù ogni tanto qualcuno, sono le regole”. Siamo nel regno del “Re del Po” a Boretto, la sua reggia è fatta con i legni trascinati dal fiume che s’accumulano sotto il ponte di Viadana: un’opera incastonata tra i pioppi grigi e i salici selvatici; a seconda della prospettiva e della luce diventa una nave baleniera arenata, nido di argentavis magnificens, cioè una sorta di cormorano preistorico, oppure riparo per individui selvatici e per ragazzini che riempiono i vuoti ed eterni pomeriggi d’estate tuffandosi nell’acqua verdina; si potrebbe chiamarla installazione, e in effetti ricorda la famosa Big Bambù dei fratelli Stern, ma è molto di più, è il castello costruito con le sue mani dal Re del Po, al secolo Alberto Manotti, che oggi non è in reggia, ma a tirare le righe col gesso al campo sportivo.
giovedì 8 ottobre 2015
Nel porto delle nebbie dove si sono perse le navi
La quarta tappa del viaggio lungo il Po ci porta tra le province di Mantova e Reggio Emilia. A Boretto doveva sorgere lo snodo del traffico commerciale del fiume, che avrebbe tolto dall'autostrada 3000 Tir l'anno. Ma così non è stato, e nella zona c'è chi punta sul business delle crociere per turisti
Il Po vuole le sue vittime, dice Massimo Bernardi, ex operaio. “Se ci sono meno annegati è solo perché c’è ormai quasi più nessuno che viene a Po a nuotare. Non è questione che è traditore, Lui c’ha bisogno di tirar giù ogni tanto qualcuno, sono le regole”. Siamo nel regno del “Re del Po” a Boretto, la sua reggia è fatta con i legni trascinati dal fiume che s’accumulano sotto il ponte di Viadana: un’opera incastonata tra i pioppi grigi e i salici selvatici; a seconda della prospettiva e della luce diventa una nave baleniera arenata, nido di argentavis magnificens, cioè una sorta di cormorano preistorico, oppure riparo per individui selvatici e per ragazzini che riempiono i vuoti ed eterni pomeriggi d’estate tuffandosi nell’acqua verdina; si potrebbe chiamarla installazione, e in effetti ricorda la famosa Big Bambù dei fratelli Stern, ma è molto di più, è il castello costruito con le sue mani dal Re del Po, al secolo Alberto Manotti, che oggi non è in reggia, ma a tirare le righe col gesso al campo sportivo.
Il Po vuole le sue vittime, dice Massimo Bernardi, ex operaio. “Se ci sono meno annegati è solo perché c’è ormai quasi più nessuno che viene a Po a nuotare. Non è questione che è traditore, Lui c’ha bisogno di tirar giù ogni tanto qualcuno, sono le regole”. Siamo nel regno del “Re del Po” a Boretto, la sua reggia è fatta con i legni trascinati dal fiume che s’accumulano sotto il ponte di Viadana: un’opera incastonata tra i pioppi grigi e i salici selvatici; a seconda della prospettiva e della luce diventa una nave baleniera arenata, nido di argentavis magnificens, cioè una sorta di cormorano preistorico, oppure riparo per individui selvatici e per ragazzini che riempiono i vuoti ed eterni pomeriggi d’estate tuffandosi nell’acqua verdina; si potrebbe chiamarla installazione, e in effetti ricorda la famosa Big Bambù dei fratelli Stern, ma è molto di più, è il castello costruito con le sue mani dal Re del Po, al secolo Alberto Manotti, che oggi non è in reggia, ma a tirare le righe col gesso al campo sportivo.
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lunedì 5 ottobre 2015
La tecnologia sfamerà il mondo
La popolazione
mondiale cresce rapidamente e si prevede che nel 2050 sulla terra saremo
9 miliardi. A quel punto, per dar da mangiare a tutti, la produzione dovrà aumentare di circa
60% in un contesto in cui, a detta degli esperti, stiamo già producendo
quasi il massimo possibile con i metodi attuali. Tutto questo rende la sfida alimentare uno dei
problemi più urgenti del nostro tempo, di cui si è discusso al World Food Research and Innovation Forum organizzato all'interno di Expo 2015.
Audio reportage trasmesso da Radio24
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martedì 29 settembre 2015
A spasso con la bici sacra sulle tracce del siluro
Nella terza puntata del viaggio controcorrente lungo il Po esploriamo Ferrara e la bassa mantovana. La rotta del 1951 che portò l'alluvione del Polesine. La città delle due ruote. I cantastorie e il Moby Dick d'acqua dolce. Qui si ascolta il bues combattendo una guerra tra formaggi. Sotto il controllo di uno sceriffo.
Il Grande Fiume italiano, il nostro Old Man River, qui si distende come per filare via più veloce nel suo ultimo tratto prima di diramarsi e quindi annullarsi nel nulla adriatico; maestoso, profondo, turgido d’acqua, terra e storie. Il cielo sopra il Po, sopra il nero ponte ferroviario di Occhiobello, stasera è cremisi e indaco e oro che cade sui giunchi e i pioppi verso la verde terra piatta; una bellezza che intimorisce in quest’unirsi d’acqua selvaggia e selvaggio cielo, una visione straniante, come accade nei film più danubiani di Emir Kusturica... Sembra di sentire, appena coperto dal treno merci, il canto di un bluesman, la sua gola è secca e il cuore cupo perché la vita, anch’essa, scorre via rapida come il fiume, tutti i fiumi. Per un attimo è come essere sul Mississippi Delta, la Gerusalemme del blues, dove nelle serate d’estate anche le cicale sembrano ondeggiare ebbre di calura evocando il call and response fra un campo e l’altro, banjo qui lungo un fosso, armonica là nel canneto che costeggia la vecchia ferrovia del cotone...
Il Grande Fiume italiano, il nostro Old Man River, qui si distende come per filare via più veloce nel suo ultimo tratto prima di diramarsi e quindi annullarsi nel nulla adriatico; maestoso, profondo, turgido d’acqua, terra e storie. Il cielo sopra il Po, sopra il nero ponte ferroviario di Occhiobello, stasera è cremisi e indaco e oro che cade sui giunchi e i pioppi verso la verde terra piatta; una bellezza che intimorisce in quest’unirsi d’acqua selvaggia e selvaggio cielo, una visione straniante, come accade nei film più danubiani di Emir Kusturica... Sembra di sentire, appena coperto dal treno merci, il canto di un bluesman, la sua gola è secca e il cuore cupo perché la vita, anch’essa, scorre via rapida come il fiume, tutti i fiumi. Per un attimo è come essere sul Mississippi Delta, la Gerusalemme del blues, dove nelle serate d’estate anche le cicale sembrano ondeggiare ebbre di calura evocando il call and response fra un campo e l’altro, banjo qui lungo un fosso, armonica là nel canneto che costeggia la vecchia ferrovia del cotone...
lunedì 28 settembre 2015
Nel paese delle giostre e delle cozze Dop
Seconda tappa del viaggio lungo il Po, in un paradiso naturale dove eccellono 30 aziende che producono ruote panoramiche e montagne russe e dove si alleva un mollusco che ha appena ricevuto il prestigioso marchio dall'Unione Europea
“E’ che se in Italia non hai il vino non sei
nessuno”, dice Maurizio Barotto vogando controcorrente con il suo “batel del
Po”. Si sta parlando del Polesine, quest’isola incastonata tra l’Adige, il Po e
l’Adriatico, che non capiamo, dopo giorni di esplorazioni, perché non abbia
ancora conosciuto la classica riscoperta, il famoso “re-branding” che ti fa
diventare di moda. Prima o poi anche l’angolo più remoto, la valle più sperduta
e fuori dai circuiti hanno il loro momento di riscatto; arriva il New York
Times che indica la “nuova Toscana” di turno, il marketing parte in quarta
e sei subito nel giro. “Manchiamo solo noi, toh forse il Molise… Ma per avviare
la pratica, uscire dall’isolamento e diventare doc, oggi devi almeno avere un
vino potabile. Invece siamo ancora quelli dell’alluvione, il Mezzogiorno del
Nord”. Anche il cinema di solito funziona bene, ma il Polesine, come il Grande
Fiume che l’ha creato a propria immagine e somiglianza e come Maurizio col suo
batel fatto a mano, anche lì non ha seguito la corrente comoda della modernità
e le commediole tipo “Basilicata Coast to Coast”.
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venerdì 11 settembre 2015
Fronte del Po, un percorso lungo gli argini storici, culturali e naturalistici del Grande Fiume
Viaggio controcorrente in otto puntate alle origini del Po, dove la terra si mescola all'acqua e gli uccelli stanno sotto i pesci
Alla fine, quando ci siamo seduti a pelo di Po per uno spritz al dehors del glorioso Imbarco del Re - vista sui ponti, sul Monte dei Cappuccini e sulla collina torinese - la signora Graziella che gestisce il bar-ristorante da Perosino ed è la regina mai deposta del fiume (“a 18 anni seminavo gli spasimanti vogando con il mio canoin controcorrente”) ci ha chiesto, pensando di metterci in crisi: “Qual è il posto che vi è rimasto nel cuore?” Tutti quattro abbiamo guardato il Po con disincanto, perché vederlo scorrere lì davanti al Valentino, così sontuoso, cortese e aristocratico, così consapevole, nonostante la sua giovane età, di far parte dell’élite dei fiumi che specchiano le più belle città del mondo, ci sembrava troppo sofisticato e troppo contemporaneo, quasi una cartolina digitale. Noi venivamo invece da un viaggio esotico, da luoghi stranieri, lontani, appartati. Si potrebbe dire anacronistici se non fosse che il mondo che vive lungo fiumi dalla personalità intensa come il Po se ne infischia di stare al passo con i tempi, ma ha un suo tempo. E sta a chi vi si affaccia d’entrarci in sincronia.
Alla fine, quando ci siamo seduti a pelo di Po per uno spritz al dehors del glorioso Imbarco del Re - vista sui ponti, sul Monte dei Cappuccini e sulla collina torinese - la signora Graziella che gestisce il bar-ristorante da Perosino ed è la regina mai deposta del fiume (“a 18 anni seminavo gli spasimanti vogando con il mio canoin controcorrente”) ci ha chiesto, pensando di metterci in crisi: “Qual è il posto che vi è rimasto nel cuore?” Tutti quattro abbiamo guardato il Po con disincanto, perché vederlo scorrere lì davanti al Valentino, così sontuoso, cortese e aristocratico, così consapevole, nonostante la sua giovane età, di far parte dell’élite dei fiumi che specchiano le più belle città del mondo, ci sembrava troppo sofisticato e troppo contemporaneo, quasi una cartolina digitale. Noi venivamo invece da un viaggio esotico, da luoghi stranieri, lontani, appartati. Si potrebbe dire anacronistici se non fosse che il mondo che vive lungo fiumi dalla personalità intensa come il Po se ne infischia di stare al passo con i tempi, ma ha un suo tempo. E sta a chi vi si affaccia d’entrarci in sincronia.
lunedì 15 giugno 2015
I predoni romeni saccheggiano il Po
Una banda di pescatori rumeni sta devastando il Po, saccheggiando il fiume di notte con reti chilometriche, elettrostorditori e sostanze chimiche. Cercano pesci siluro per rivenderli in nero sui mercati dell’Est. E intimidiscono gli abitanti del Delta che assistono impotenti alla razzia del loro patrimonio ittico. Siamo andati a caccia di questi predoni con la polizia provinciale e abbiamo visitato il loro quartier generale ai piedi dell’argine
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lunedì 8 giugno 2015
Venezia, Spazio Louis-Vuitton: Hayez-Schulz, il classico dialoga col contemporaneo
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Le opere di Schulz nel suo studio |
Non più solo
installazioni multimediali: da qualche anno l’artista tedesco Tilo Schulz
dipinge opere non figurative con segni dinamici, solchi e strappi che creano
contenuti dai significati diversi. L’artista 43enne, originario di Lipsia, la
chiama pittura metaforica perché i quadri astratti raccontano delle
irregolarità e degli splendori che formano il nostro mondo. Così, quando la
fondazione Louis Vuitton gli ha chiesto di realizzare un’opera che dialogasse
con una serie di dipinti di Francesco Hayez (1791-1882) – appena restaurati ed esposti presso l’Espace
Louis Vuitton di Venezia durante la 56esima Biennale – Schulz non si è fattosfuggire
l’opportunità.
giovedì 14 maggio 2015
Così abbiamo dato un valore alla natura
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Bacino di Ashokan che fornisce acqua a New York |
Guadando un pipistrello è più facile pensare a un vampiro che a un pesticida naturale. Eppure è solo grazie a questi roditori con le ali se i coltivatori texani di cotone possono risparmiare sugli antiparassitari chimici. Ogni notte, migliaia pipistrelli che vivono nelle caverne del Texas meridionale escono allo scoperto e mangiano l’equivalente di circa due terzi del loro peso corporeo d’insetti, fra cui due vermi particolarmente nocivi per la pianta di cotone. Uno studio fatto da un team di economisti ambientali nelle contee vicine a San Antonio ha dimostrato che, se i produttori di cotone dovessero pagare il servizio reso dai pipistrelli, il conto annuo sarebbe di 740.000 dollari, cifra non trascurabile considerando che il fatturato dall’industria cotoniera locale è circa 6 milioni di dollari.
Fino a pochi anni fa, l’uomo dava per
scontato che la natura offrisse servizi gratuiti e perpetui. Gli ecosistemi
erano considerati al pari di schiavi, il cui lavoro è sfruttato ma raramente
apprezzato.
lunedì 27 aprile 2015
Project Lives, case popolari viste da chi le abita
![]() |
La copertina del libro edito da PowerHouse Books |
L'edilizia popolare a New York, nelle foto dei suoi abitanti. Racconti in prima persona di un progetto che va ripensato.
Marcy Morales da oltre 30 anni in un Project,
come sono chiamati i palazzi di edilizia popolare di New York, ed è stufa di
combattere contro gli stereotipi associati a questi caseggiati.
“Se vivi in una casa comunale non devi per
forza essere un soggetto antisociale”, dice Morales, che a 72 anni è nonna e
pensionata.
L’immaginario comune di queste torri di
mattoni rossi è stato plasmato da anni di bombardamento mediatico, invariabilmente
concentrato su storie di criminalità, droga e miseria. Così, quando Morales ha
ricevuto una macchina fotografica per documentare quel mondo dall’interno non
si è lasciata sfuggire l’occasione. L’esperimento – chiamato Project Lives e
divenuto un libro edito da PowerHouse Books – ha coinvolto centinaia di persone che vivono in queste case
per dare l’opportunità a chi solitamente è passivo davanti all’obiettivo di raccontare
la realtà da un’altra prospettiva.
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domenica 19 aprile 2015
Per non sprecare cibo dobbiamo copiare l'Italia
![]() |
Photo by Noah Fecks |
I tavoli del
Blue Hill, uno dei ristoranti più esclusivi di New York, frequentato dal
presidente Obama e la First Lady Michelle, sono decorati con mozziconi di
verdura lasciata fiorire: c’è il sedere di sedano da cui sbocciano foglioline
verde tenero e la pastinaca bianca con il gambo sottile e le foglie verde
bandiera. Allineate insieme alle posate, ci sono matite per annotare le impressioni
della cena sulle tovagliette di carta riciclata che ricoprono i tavoli. Nel
mezzo, candele dal colore biancastro e l’odore pungente. Sono fatte di grasso
di manzo solidificato e, una volta accese, si liquefanno diventando un intingolo
appetitoso da gustare con il pane servito caldo, ottenuto da un impasto di
grano già utilizzato per la fermentazione della birra. Questi ingredienti “riciclati”
sono alla base della filosofia di Dan Barber, chef e co-proprietario del
ristorante, già vincitore dell’equivalente dell’Oscar della cucina americana.
“Cercavo un
design d’interni che sottolineasse l’importanza di non sprecare nulla”, dice
Barber, autore di La cucina della buona terra, libro sulla gastronomia sostenibile
uscito in Italia il 17 aprile.
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