mercoledì 25 ottobre 2017

Adichie, icona femminista dell'era digitale

40 anni, nigeriana, scrittrice e sostenitrice della parità di genere. È sua la frase sulle magliette indossate da fashion influencer di tutto il mondo. Ecco la sua storia


Chimamanda Ngozi Adichie è uno dei talenti più promettenti della letteratura nigeriana e anglofona in generale. A 39 anni, la scrittrice ha all’attivo due saggi e tre romanzi che hanno vinto diversi premi, fra cui il Commonwealth Writers’ (Purple Hibiscus), e il National Book Critics Award (Americannah), e sono apparsi nella lista dei migliori libri selezionati dal New York Times. Forse più che per i suoi scritti, però, Adichie, è conosciuta per il suo attivismo militante. “Narrare è sempre un gesto di attivismo”, sottolinea l’autrice, nata in una cittadina universitaria della Nigeria meridionale. “A suo modo, Proust era un attivista dell’amore”. La questione che accende, invece, Adichie è la disparità di genere. Il suo saggio We Should all be feminists le ha dato notorietà planetaria, al punto da essere distribuito in tutte le scuole superiori svedesi, e da poco ha pubblicato un testo intitolato Manifesto femminista in 15 suggerimenti.

lunedì 16 ottobre 2017

Nel Salotto di Milano


La Galleria Vittorio Emanuele festeggia 150 anni con rinnovato allure (anche per i marchi del lusso): non a caso qui sta per aprire il suo nuovo ristorante Carlo Cracco.

«Lavori così si fanno una volta sola nella vita, e si fanno bene perché questa sarà come casa mia». Carlo Cracco scavalca sacchi di cemento e pile di putrelle d’acciaio mentre perlustra il cantiere che diventerà il suo nuovo ristorante: 1.000 metri quadri affacciati sul Salotto di Milano, la Galleria Vittorio Emanuele, che proprio questo mese festeggia 150 anni. Entro dicembre lo chef apre il nuovo spazio e la corsa contro il tempo è frenetica. I quattro piani affacciati sull’Ottagono coperto, sventrati e ridisegnati per adattarsi alle esigenze di un ristorante, preservano ciò che di pregio esiste, ricreano quel che è andato perduto, sviluppano nuove soluzioni. Al piano nobile un grande ingresso conduce al salone di ricevimento un tempo sede del Cai, come ricorda lo stucco sul soffitto con lo scudo azzurro l’aquila e la stella del club alpino.

giovedì 14 settembre 2017

Shirin Neshat racconta la Stella d'Oriente


L'artista di origine iraniana, ha diretto Looking for Oum Kulthum, presentato al Festival di Venezia
Questa volta il suo amato Iran non centra. Per il nuovo progetto, la 60enne Shirin Neshat ha distolto lo sguardo dalla patria da cui è esiliata, allargandolo a un simbolo del mondo arabo. Sempre per parlare della condizione femminile in rapporto agli autoritarismi politici, sociali e religiosi, ma questa volta scegliendo di farlo attraverso un'icona femminile nata in Egitto e considerata un mito da Bagdad a Marrakech: Oum Kulthum, voce leggendaria che ha cantato rivoluzioni postcoloniali e rappresentato un’eccezione di libertà nella società patriarcale musulmana del dopoguerra.

giovedì 15 giugno 2017

Alla conquista del mondo una burrata alla volta

Per passare dalla mungitura nelle stalle dei genitori a fondare un caseificio che fattura 40 milioni di euro l'anno Giovanni D'Ambruoso punta sulla qualità dell'ingrediente base: il latte delle mucche cresciute ai pascoli delle Murge. Nel ‘92 fonda Delizia, caseificio con 3 dipendenti. E comincia a scalare il mercato: utilizza solo latte locale e innova i sistemi mantenendo l'artigianalità del lavoro. Continua a crescere, burrata dopo burrata fino a diventare una Spa che oggi conta 180 collaboratori e oltre 3000 clienti in 24 paesi. Nel frattempo tutto cambia nell'azienda pugliese, tranne l'idea di produrre formaggio solo con latte delle Murge di alta qualità. E le abitudini del suo fondatore, che continua a svegliarsi alle 4 del mattino per essere in caseificio prima dell'alba.

Ascolta questa puntata di Voci d'Impresa trasmessa su Radio24

venerdì 9 giugno 2017

Come redimere un foreign fighter

Gli estremismi si assomigliano tutti, dice Christian Picciolini, ex-neonazista americano, esperto di de-radicalizzazione, che ha lavorato anche con un jihadista.

Christian Picciolini avrebbe voluto diventare un foreign fighter ben prima che il termine divenisse sinonimo di combattente straniero affiliato alla Stato Islamico. Nel 1991 questo giovane italo-americano scrisse all’Afrikaner Weerstandsbeweging, la formazione di suprematisti bianchi che si opponeva all'abolizione dell'apartheid in Sudafrica, perché lo prendessero a combattere nelle loro fila. Ai tempi, però, Picciolini era ancora minorenne e gli estremisti sudafricani declinarono gentilmente l’offerta di questo ragazzo nato a Chicago da genitori italiani. Così a lui non rimase che continuare a militare nei ranghi del movimento skinhead americano, scalando i vertici fino a diventarne uno dei capi. Poi la nascita di un figlio e alcuni incontri avvenuti grazie alla musica gli hanno fatto cambiare prospettiva.

giovedì 1 giugno 2017

U2 and Anton Corbijn



The last day of the shooting for the launch of “The Joshua Tree” had not gotten off to an ideal start. «We had taken some photos in a couple of ghost towns near Yosemite Park and Death Valley with U2. Then we stopped at an abandoned shack on the road to Palm Springs and Bono flew into a rage: for him it was a big waste of time», recalls the Dutch photographer and filmmaker Anton Corbijn, who had organized the trip. «I replied that capturing the details is as important as taking great scenic views». Fortunately Corbijn, called by some the “fifth member of the band” (and also famous for having created the image of Depeche Mode and directed numerous music videos, as well as the films Control and The American), had already earned the trust of the Irish musicians by shooting the photos for their three previous albums.

venerdì 24 febbraio 2017

Montana, dove i cowboy sono i nuovi pellerossa


Ultima puntata del viaggio del River Journal Project lungo il Missouri, il grande fiume che attraversa l'heartland americano.

Siamo alle sorgenti del Missouri, luogo sacro della nazione. In realtà non è proprio una sorgente, perché si tratta della confluenza di tre torrentelli, il Jefferson, il Madison e il Gallatin, una triforcazione chiamata appunto Three Forks. Sembra in effetti che i tre fiumiciattoli lavorino in concerto, gorgoglino allo stesso ritmo regolare e immettano tutti la medesima quantità d’acqua in un corso tutto nuovo, chiamato a rispondere a un destino ben più impegnativo del loro. La piana diffonde una forte carica spirituale, forse proprio per quel contrasto tra un contesto naturale senza gran carattere – banchi sabbiosi, qualche tronco marcito, sterpaglia, addirittura un’infilata disordinata di tralicci per l’alta tensione - e la sincronica affluenza dei tre umili corsi nel Missouri, che da qui parte a bomba, già turgido di carisma. I 33 argonauti della Corps of Discovery ne presero atto, rinunciarono a decidere quale fosse la goccia madre, stabilirono qui le Bocche del Ponto della nuova America e proseguirono oltre le Montagne Rocciose alla ricerca del Vello d’Oro, la via dell’Ovest verso il Pacifico. 

mercoledì 18 gennaio 2017

Imagine: Roberto Saviano racconta il 2016

Dopo il successo riscosso con l'evento del 2015, Roberto Saviano è tornato a raccontare i fatti più importanti del 2016 attraverso le immagini che ci hanno travolto, commosso e indignato.

Ho lavorato come caporedattore del programma trasmesso su La Nove il 28 dicembre 2016

giovedì 10 novembre 2016

La macchia nera di Williston

Parchi nazionali e bisonti. Ranch e praterie. Bacini petroliferi caduti in disuso dopo il crollo dei prezzi. Nel Nord Dakota, tra asprezza, bellezza e resilienza, perché qui la gente non può non reinventars.
 
L’incontro è avvenuto mentre il tramonto dava il meglio di sé sulle Badlands, le Mako Sika per i Sioux, “terre cattive” nell’Ovest del Nord Dakota. Si saliva lungo un costone color ocra scolpito dal vento, nel mezzo di un complesso di canyon e calanchi che ricordano le formazioni aspre di Aliano in Basilicata; fiancheggiavamo una delle poche vallate dolci che montano dalla prateria e che raccontano in 4D come qui ci fosse l’oceano: davanti a noi, al margine della carreggiata il bisonte, fermo come un grande masso di onice appena uscito dalle profondità, ancora imbrattato di terra, il testone rivolto verso l’auto. Il lampeggio degli occhi non c’illumina sulle sue intenzioni, potrebbe essere curiosità, ma anche una luna storta. Gli indiani Lakota ci avevano avvertito che quando ingobbiscono la coda è meglio essere a una cinquantina di passi perché possono aver preso la decisione di caricare a razzo. Sappiamo anche che i bisonti di ragioni per caricare ne hanno almeno quattro milioni, quanti più o meno ne sono stati eliminati dall’uomo bianco in una ventina d’anni nella seconda metà dell’Ottocento; con calma e pudore ci allontaniamo dalla sua primordiale e sacrosanta solitudine. E pensiamo quanto sia intrigante il rapporto tra gli americani e la wilderness.

venerdì 14 ottobre 2016

Lo spirito di Toro Seduto odiato da Donald Trump

La terza tappa del viaggio lungo il Missouri River per capire l'America di oggi passa fra le riserve delle tribù di nativi americani Dakota, da Omaha a Bismarck.

Poco più a Sud di Yankton, sulla sponda destra del Missouri, l’affaccio sul fiume è solenne. Un bluff, un promontorio erboso, piatto come un biliardo; e intorno una guardia di “alberi del cotone”, che sono poi pioppi, gli stessi che ombreggiano le lanche del Po e che furono importati dall’America per produrre la miglior carta italiana, ma che qui, a casa loro, sono così immensi e antichi che è facile confonderli con le querce secolari. Come accade solo lungo i fiumi di carattere - dove certi luoghi basta guardarli e si capisce subito che non è solo la loro bellezza ad attrarre, quanto la teatrale vocazione a ospitare l’epopea e la Storia - in questo tratto di Missouri si sente come un brivido la presenza del Grande Spirito della pianura; sullo sbalzo sembra di essere osservati dai pellerossa infrattati nella boscaglia dall’atra parte, che è già Sud Dakota. È qui che la spedizione di Lewis e Clark - risalendo il Missouri alla ricerca di quel passaggio a Nord Ovest che avrebbe aperto la via all’espansione americana - si accampò alla vigilia dell’incontro con i Sioux, la più bellicosa delle tribù. Da qui i bianchi osservavano inquieti i fuochi e le danze propiziatorie oltre il fiume.