lunedì 16 settembre 2013

Adam Driver, un marine sul grande schermo

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Photo by Caitlin Cronenberg
E dire che pensava che la TV fosse solo spazzatura. Poi ha accettato un ruolo nella serie americana Girls e di colpo si è ritrovato catapultato sul tappeto rosso dei Golden Globe e su quello del Lido di Venezia.
La parabola ascendente di Adam Driver deve molto alla televisione, anche se lui inizialmente non ci vuole avere nulla a che fare. Tanto che, quando il suo agente gli propone di interpretare un ruolo nel telefilm scritto da Lena Dunham, giovane promessa della TV a stelle e strisce, l’attore originario dell’Indiana rifiuta. Sta lavorando a teatro e ha già interpretato qualche ruolo minore con registi di primo piano come Steven Spielberg e i fratelli Coen. Non ha tempo da perdere con uno show televisivo.
“Da allora ho completamente cambiato opinione sulla TV”, ammette Driver al telefono da New York, dove è impegnato a girare la terza stagione del telefilm.
Per sua fortuna l’agente insiste, convincendolo a leggere il copione e a girare almeno qualche puntata della serie sui ventenni della Brooklyn hipster.

martedì 23 luglio 2013

Philippe Petit, The Flying Man

Photo by David Needleman
La prima cosa che noto arrivando nella casa di campagna di Philippe Petit in un pomeriggio di piogge torrenziali è un cavo d’acciaio teso fra due alberi. Il buen retiro del più famoso funambolo al mondo non poteva non avere una struttura per allenarsi e le piante secolari di questa foresta a un paio d’ore da New York sono perfette per lo scopo. Petit ha cominciato a sfidare la gravità passeggiando nel vuoto all’età di sedici anni. Ha camminato su corde sospese fra le guglie di Notre Dame a Parigi, fra le campate di un ponte di Sydney e fra i quartieri di Gerusalemme. La sua performance più famosa risale al 1974, quando unì con un cavo le cime delle torri gemelle di New York librandosi per 45 minuti a 400 metri d’altezza. Da allora ha compiuto decine di traversate aeree e, a 63 anni, è ancora in piena forma, tanto da programmare una nuova camminata fra le statue dell’isola di Pasqua.
“Mi alleno tre ore al giorno, sei giorni a settimana e mi sento all’apice della mia carriera”, mi dice il funambolo francese dopo avermi dato riparo nel suo rifugio, una piccola casa di legno con le pareti ricoperte di quadri e disegni di corde annodate.

sabato 20 luglio 2013

Jared Cohen, la politica fatta su internet


Photo by Gettyimages
A ventiquattro anni ha cominciato a twittare per conto del Dipartimento di Stato americano, facendo dei social media un nuovo strumento diplomatico che ha contribuito a cambiare il modo di fare politica. A ventinove ha fondato Google Ideas, divisione del motore di ricerca che si occupa di sfruttare la tecnologia per migliorare il mondo. E a furia di mescolare internet e geopolitica, a trentadue anni Jared Cohen è già considerato uno dei maggiori esperti delle nuove frontiere dell’era digitale.
Oggi circa due miliardi di persone hanno accesso a internet. Nei prossimi decenni si calcola che ce ne saranno cinque miliardi in più, concentrate principalmente in paesi afflitti da guerre, povertà, corruzione e instabilità politica.
“Questo significa una democratizzazione del potere a livello mondiale”, dice Cohen, autore insieme al numero uno di Google, Eric Schmidt, del libro The new digital age. “Grazie alla connettività offerta da internet, ci saranno sempre più testimoni in grado di organizzarsi e denunciare abusi commessi da regimi autoritari, organizzazioni criminali o singoli individui”.

venerdì 12 luglio 2013

Bjarke Ingels: Green, Functional, Beautiful


Bjarke Ingels è una sorta di Cristoforo Colombo dell’architettura. Prima dell’arrivo di questo enfant-prodige, che ha disegnato il suo primo museo a 31 anni e a 38 è già considerato un’archistar, la maggior parte dei progetti si dividevano in due categorie: quelli efficienti ma dal design scontato; e quelli più spettacolari ma costosi, con forme che spesso si rivelano inadatte all’uso quotidiano.
Mancava qualcuno in grado di costruire edifici funzionali ed economici, ma anche interessanti da un punto di vista architettonico. Il concetto sembra banale come l’uovo di Colombo, appunto. Il problema è che nessuno era ancora riuscito a realizzarlo appieno.
“La bellezza fine a se stessa non m’interessa, ma neanche la pura razionalità”, dice il fondatore dello studio BIG, già Leone d’oro alla Biennale di Architettura 2004. “Chi l’ha detto che non si può avere entrambe?”.

mercoledì 10 luglio 2013

Danh Vo, artista che gioca con fonti e paternità

Photo by Heinz Peter Knes
Danh Vo ha una biografia particolare a cui fa spesso riferimento nei suoi lavori. L’artista aveva quattro anni quando nel 1979 la sua famiglia tentò di scappare dal Vietnam per gli Usa a bordo di un’imbarcazione di fortuna. La fuga si concluse con l’intervento di una nave danese, che li ritrovò nell’oceano Pacifico e li accolse come rifugiati politici, offrendogli la possibilità di trasferirsi invece a Copenaghen. Quest’esperienza ha segnato il lavoro Vo, che spesso coinvolge anche altri autori nella produzione delle sue opere.
“Mi piace includere riferimenti autobiografici e reinterpretare il lavoro di altri, giocando col concetto di fonte e di paternità”, dice l’artista trentottenne.
Due anni fa, ad esempio, ha chiesto ad artigiani cinesi di riprodurre una copia in bronzo della Statua della Libertà a grandezza naturale per poi spargerne diversi pezzi in giro per il mondo: i capelli della statua sono finiti all’Art Institute di Chicago, la pelle al New Museum di New York e le dita dei piedi al Kunsthalle Fridericianum di Kassel.

mercoledì 26 giugno 2013

Chi porta l'arte fuori dai musei

Cecilia Alemani non ha cominciato la sua carriera di curatrice con la missione di portare l’arte fuori da musei e gallerie. Da quando, però, è diventata responsabile del programma artistico della High Line, famoso parco sopraelevato di Manhattan, e dei progetti speciali di Frieze New York, la curatrice milanese si è trovata di colpo ad essere una delle committenti d’arte pubblica più potenti della Grande Mela.
“Portare la creatività fuori dai luoghi tradizionali, aprendo l’arte a un pubblico eterogeneo è un esercizio affascinante”, dice Alemani. “E sentire gente comune che discute un’opera è gratificante quanto ricevere critiche positive dagli addetti ai lavori”.

venerdì 21 giugno 2013

Angela Lindvall: "Yoga e figli sono il mio segreto"


Cresciuta nei grandi spazi del Midwest, Angela Lindvall da giovanissima ha sognato di usare la sua fama di top model per salvare il mondo. Ma poi si è resa conto che la vera felicità era dentro di lei, bastava liberarla

Appena si siede al tavolo del caffè di Manhattan dove abbiamo appuntamento, appare subito chiaro che Angela Lindvall sta vivendo una trasformazione in cui il risveglio spirituale conta più di qualsiasi altra cosa. La modella trentaquattrenne, che è stata testimonial delle principali Maison di moda, si presenta vestita tutta di nero, con jeans, stivali e maglietta scollata. Ma le sue parole grondano di energia di tutt'altro colore: autocoscienza, potere del respiro, vivere nel presente. Sembra di sentire parlare un'insegnante di yoga, titolo che, infatti, Angela ha conseguito da poco. Kundalini, per la precisione, tipo di yoga purificante che ha cominciato a praticare in seguito a una tragedia familiare. Cresciuta nelle praterie del Midwest americano «senza neanche sapere che cosa fosse la moda», Angela Lindvall inizia a lavorare come modella a 16 anni, quando il padre la costringe ad accompagnare la sorella a un concorso e viene notata da un talent scout di un'importante agenzia di New York.

martedì 4 giugno 2013

Al liceo della moda di New York


Foto di Anna Schori
“Tenete la testa alta e guardate dritte davanti a voi”, ordina l’insegnante di ginnastica alle allieve riunite nella palestra della High School of Fashion Industries di New York. Sembrano istruzioni per camminare in equilibrio sulla trave, invece sono consigli per sfilare col portamento corretto. In questo liceo, unico negli Stati Uniti, chi partecipa come modella al defilé di fine anno con gli abiti disegnati dagli studenti, può scambiare le lezioni di pallavolo con quelle di passerella. E mentre una classe è impegnata in questa ginnastica sui generis, un’altra impara come organizzare e pianificare uno shooting di moda.
“Non pensate solo a come ritrarre i vestiti”, spiega l’insegnante di fotografia. “Dovete cerare di trasmettere emozioni e raccontare una storia con le vostre immagini”.
Al suono della campanella, al posto del rumore di sneakers che sfregano sul pavimento, l’atrio della scuola rimbomba del ticchettio di tacchi a spillo.

lunedì 27 maggio 2013

Robert Gallo: “Noi scienziati, alleati contro l'Hiv”

Foto di Nanni Fontana

Il virologo americano che scoprì il virus, ha creato un network a livello mondiale. Per condividere scoperte e far avanzare le ricerche. 

La popolazione mondiale è divisa equamente fra generi, ma se si considerano le statistiche dei malati di Aids, si potrebbe credere che le donne siano ben più numerose degli uomini. Il virus, che teoricamente non discrimina, continua infatti a colpire il genere femminile più di quello maschile. Nell’Africa sub-sahariana, la zona più flagellata dalla malattia, le donne rappresentano quasi il 60% dei sieropositivi. Una volta infette, inoltre, tendono a subire più abusi rispetto ai maschi. Secondo uno studio di UNAIDS, lo stigma della malattia cambia secondo il sesso di chi la contrae.
Gli squilibri cultuali e socio-economici fra generi, che in maniera più o meno velata esistono ancora ovunque, sono alla base di questa sproporzione nell’incidenza del virus: le condizioni di svantaggio riducono spesso la possibilità femminile di negoziare il modo in cui viene praticato il sesso o in cui è possibile proteggersi dall’HIV. Inoltre, limitano l’accesso alle informazioni riguardanti le malattie sessuali e ai servizi di prevenzione.

venerdì 24 maggio 2013

Camille Henrot, artista tuttologa per Biennale enciclopedica


Camille Henrot non si spaventa certo davanti ai progetti ambiziosi. Per il suo debutto alla Biennale di Venezia, l’artista francese ha scelto di creare un video che racconta la storia delle origini dell’universo attraverso miti e leggende di tutte le culture del mondo.
“Quello che un artista può apportare è una distanza, anche un certo dilettantismo, capace di generare una prospettiva ampia e legare fra loro le materie più disparate”, dice la film-maker e scultrice parigina dal suo atelier di New York.
Henrot ha sempre espresso un certo interesse per l’antropologia. In passato, ha creato video e installazioni fatte di materiale recuperato per strada o su internet che indagavano temi tratti da culture diverse.